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Ecco tutto quello che (non) si dice sull’immigrazione

Esistono coni d’ombra nel fenomeno dell’immigrazione? Certo che sì. Almeno secondo Giuseppe Valditara, Giancarlo Blangiardo e Gianandrea Gaiani (nella foto), autori del volume Immigrazione, tutto quello che dovremmo sapere, presentato in settimana alla Camera, nella sala del Mappamondo.

L’OBIETTIVO DELL’OPERA

Uno strumento agile e preciso, frutto di un lavoro a sei mani, per scardinare i mantra del politicamente corretto che imprigionano il dibattito pubblico. Dribblando bufale, fake news e luoghi comuni per ristabilire una volta per tutte la verità sul fenomeno del nuovo millennio, lontano da ogni mistificazione.

CLANDESTINI O RIFUGIATI?

Gaiani, che è anche direttore di Analisi Difesa, parte da un problema di linguaggio: chi sbarca sulle nostre coste senza regolare permesso è clandestino o rifugiato? Non è che a forza di aver paura di risultare offensivi si è perso il reale significato delle parole? “Siamo di fronte a un nuovo tipo di linguaggio utilizzato dai recenti governi italiani perché il termine clandestino viene considerato non inclusivo. Ma non possiamo chiamare rifugiato, naufrago o profugo quello che è un immigrato clandestino. Il rifugiato è colui che riceve lo status di rifugiato, ma quando arriva sui barconi non ha ancora ricevuto alcuno status”.

COME METTERE KO I TRAFFICANTI DI UOMINI

Chiarita la questione concettuale, resta il problema più grande. E cioè, come stroncare una volta per tutte l’orrendo crimine di chi si arricchisce col traffico di essere umani? I cosiddetti scafisti, chiedono fino a 10 mila euro per trasportare i migranti dalla Libia alle coste italiane, sulle carrette del mare. Gaiani ha un’idea piuttosto precisa in merito. “Occorre usare le nostre flotte per contrastare i traffici, non per favorirli. Bisogna mettere in campo i respingimenti assistiti. Chi si avventura in mare andrebbe salvato, caricato su navi italiane e riportato indietro, fatta eccezione per i bambini, le donne o i feriti”. L’esperto ha in questo senso citato l’esempio dell’Onu “che nel 2011 ha rimpatriato 1 milione di persone dalla Tunisia alla Libia. Se applicassimo tale metodo anche sulle altre tratte, non si darebbe scampo ai trafficanti perchè si ritroverebbero nella condizione di non riuscire più a garantire l’approdo dei migranti in Italia”.

 LA PROPOSTA DI BUTTIGLIONE

Sulla questione è intervenuto anche Rocco Buttiglione, deputato ed ex ministro: “Non dobbiamo pensare di sostituirci ai governi dei Paesi di provenienza”, ha spiegato Buttiglione. Che poi ha puntellato il suo ragionamento. “Non possiamo accogliere tutti. Bisogna fare delle distinzioni, c’è chi si può accogliere e chi no. E chi non si può accogliere deve essere rimandato indietro. Ma perché funzioni il sistema dei rimpatri deve rispettare i diritti umani. Non si può semplicemente riportare a riva le persone. Un’idea potrebbe essere quella di creare dei punti di assistenza nei Paesi di transito, in modo da garantire il rimpatrio ma nel rispetto dei diritti”. Poi Buttiglione ha rifilato una stilettata alla magistratura. “C’è una certa parte della magistratura che non vuole i rimpatri”.



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