Bene proposta Luigi Di Maio, ma attenzione: non abolisce nemmeno 1 vitalizio
Per onestà di informazione, la delibera firmata da Luigi Di Maio che Laura Boldrini ha accettato di mettere in discussione in ufficio di presidenza della Camera non riguarda i vitalizi, ma gli assegni pensionistici che vengono riconosciuti a deputati e senatori a partire dall’ 1 gennaio 2012, e che vengono calcolati con il metodo contributivo.
Stiamo parlando di assegni di circa 800-900 euro al mese che verranno percepiti al compimento del 65° anno di età a patto di avere almeno alle spalle 4 anni, 6 mesi e un giorno di legislatura.
Chi ha alle spalle fra 5 e 10 anni oggi può per ogni anno di versamento anticipare la pensione fino al 60° anno di età (con 10 anni versati, mentre con 9 si va in pensione a 61 anni, con 8 a 62 anni e così via).
Con la proposta Di Maio tutti vengono equiparati agli altri cittadini, e uniranno i contributi a quelli versati per altra professione che facevano. Per andare in pensione serviranno almeno 35 anni di versamenti e 67 anni di età.
La proposta Di Maio vale per chiunque sarà eletto nella prossima legislatura e solo per mezzo parlamento attualmente in carica: chi è stato eletto per la prima volta nel 2013. Per tutti gli altri (compreso metà parlamento attuale) resta il diritto a percepire il vitalizio al compimento dei 60 anni calcolato sui versamenti fatti fino al 31 dicembre 2011. Nessun vitalizio è toccato infatti dalla proposta Di Maio.
Mentre è toccato dalla proposta di legge del 2015 a prima firma di Matteo Richetti, che li vuole ricalcolare tutti con il metodo contributivo anche per il passato. Quella proposta però è stata bloccata in commissione Affari costituzionali proprio dal Pd, che si è schierato in gran parte a difesa dei vitalizi.
Risultato finale: nessuno tocca i vitalizi, e chi percepisce quei 4-5-6-7-8 mila euro al mese avendo versato magari in tutto 50 o 100 mila euro e molti avendo lavorato come politico pochi giorni, settimane o mesi, continuerà a riceverli senza alcuna preoccupazione…
(Testo pubblicato sul profilo Facebook di Franco Bechis, vicedirettore di Libero)