Dopo la Lega, il MoVimento 5 Stelle. Prosegue la campagna d’Italia del partito Russia Unita di Vladimir Putin che lunedì scorso ha siglato un accordo di collaborazione con il Carroccio di Matteo Salvini e adesso punta al bersaglio grosso (almeno dal punto di vista dei consensi elettorali riscossi nel nostro Paese): il movimento guidato da Beppe Grillo e Davide Casaleggio.
LE PAROLE DI ZHELEZNYAK
Un proposito annunciato dal numero due del partito e vicepresidente della Duma – il Parlamento russo – Sergey Zheleznyak, come raccontato da La Stampa e da alcuni siti internazionali. “Siamo pronti a siglare accordi con tutti i partiti italiani“, ha commentato, prima di spiegare quale sia l’interlocutore principale cui la creatura politica di Putin guarda con maggiore interesse: “Con i cinquestelle esiste un rapporto di familiarità ed è in corso un dialogo attivo con i suoi rappresentanti. Tuttavia, la firma di un accordo di cooperazione tra di noi sarà possibile solo quando loro saranno pronti. Noi lo siamo“. Una proposta in piena regola alla quale – almeno per ora – non è seguita alcuna risposta da parte del movimento. Che, però, nell’ultimo anno – e forse di più – ha lanciato numerosi messaggi favorevoli in direzione di Putin e della sua Russia.
L’INTERVISTA DI GRILLO
L’ultimo in ordine di tempo è rappresentato dall’intervista che Grillo ha rilasciato a metà gennaio al settimanale francese Journal du Dimanche. “La politica internazionale ha bisogno di uomini di Stato forti come Donald Trump e Vladimir Putin”, avrebbe dichiarato il leader del M5S, che, però, ha sempre smentito di aver pronunciato queste parole. Nella versione dell’intervista definita autentica sul suo blog, lo stesso Grillo ha comunque riconosciuto di avere un orientamento certo non ostile al presidente russo: “La politica estera degli Stati Uniti è stata un disastro sotto Obama. Se Trump ha voglia di convergere con Putin, di rimettere le cose sulla giusta strada, non può che avere il nostro appoggio. Due giganti come loro che dialogano: è il sogno di tutto il mondo! Eravamo in guerra fredda, con l’arma nucleare. La politica internazionale ha bisogno di statisti forti come loro. Considero questo un vantaggio per l’umanità. Putin è quello che dice le cose più sensate sulla politica estera. L’embargo verso la Russia ci costa sette miliardi di euro l’anno. Siamo a favore della revoca delle sanzioni contro Mosca“. Parole – queste sì – difficilmente equivocabili.
LE ACCUSE DEL GUARDIAN
Una simpatia sottolineata e stigmatizzata nei mesi scorsi anche dal quotidiano progressista inglese The Guardian, che in questo articolo ha ricostruito l’attuale vicinanza del movimento a Putin e al suo partito. “Grillo fa ormai parte del club – in espansione in Occidente – di simpatizzanti del Cremlino“, ha scritto il giornale britannico, che ha poi ricordato i suoi esordi politici da anti-putiniano convinto. “La Russia è una democrazia basata sull’esportazione di gas e petrolio. Se non li esportassero più, tornerebbero a essere la buona, vecchia dittatura di una volta“, avrebbe detto, ad esempio, nel 2006 in occasione dell’assassinio della giornalista Anna Politkovskaya. Una ricostruzione – quella del quotidiano inglese – però smentita su Twitter dal deputato pentastellato Danilo Toninelli: “A proposito di bufale, ecco il Guardian“.
IL FACCIA A FACCIA DI MAIO-TRAVAGLIO
La svolta filo-Putin dei cinquestelle è stata, inoltre, riconosciuta e contestata anche da un giornalista, come noto, non ostile ai pentastellati: il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Ospite a gennaio della trasmissione di La7 Di Martedì condotta da Giovanni Floris, chiese seccamente a Luigi Di Maio il perché di questa crescente simpatia: “Non riesco a capire questo continuo elogio di Putin in bocca a molti esponenti del M5S e sul blog di Grillo. Perché un affrancamento dagli Usa deve portare un appiattimento nei confronti di Putin?“. Domanda alla quale il vicepresidente della Camera e leader in pectore del movimento rispose così: “Nessun invaghimento, abbiamo solo un problema: da quando abbiamo messo le sanzioni alla Russia abbiamo perso 5 miliardi di business per le nostre piccole e medie imprese. Noi non siamo né filo-russi, né filo-americani, siamo filo-italiani. Se le sanzioni alla Russia danneggiano le nostre imprese, quelle sanzioni vanno tolte“.
I VIAGGI IN RUSSIA
C’è dell’altro, però. La conferma arriva da alcuni viaggi che gli esponenti pentastellati hanno compiuto a Mosca nel corso del 2016. Il deputato Manlio Di Stefano – che si occupa prioritariamente di esteri – risulta, infatti, che abbia visitato la capitale russa almeno due volte l’anno scorso. La prima a marzo alla Duma accompagnato da Alessandro Di Battista, la seconda – invece – a fine luglio per partecipare a un incontro organizzato, guarda caso, dal partito Russia Unita di Putin. In occasione del primo viaggio, in un’intervista rilasciata al sito Sputnik Italia espresse la sua posizione in modo chiaro: “Il problema oggi non è soltanto economico. Noi abbiamo trasformato uno dei nostri più importanti alleati, la Russia, nel nemico dell’Europa“.
IL RUOLO GEOPOLITICO DELLA RUSSIA
D’altronde, il ruolo internazionale che il movimento immagina per la Russia è messo nero su bianco in un post pubblicato sul blog di Grillo lo scorso luglio dal titolo “La terza guerra mondiale a pezzetti“. Un commento nel quale Mosca era praticamente descritta come il nuovo fulcro della geopolitica mondiale. Ecco cosa diceva quell’articolo nel passaggio dedicato a Putin: “La vera minaccia per il nostro futuro non è la Russia ma il terrorismo internazionale. Con questa mozione chiediamo formalmente al Governo italiano di proporre una collaborazione senza precedenti tra le forze di intelligence dei paesi UE, Nato e della Federazione russa. Lo stop immediato alle sanzioni alla Russia è una condizione necessaria per la normalizzazione dei rapporti con Mosca. La Russia è un partner strategico per la risoluzione dei conflitti in Libia, Yemen e soprattutto in Siria che hanno prodotto milioni di profughi“.
IL M5S DELLE ORIGINI
Una posizione assai da quella originaria del MoVimento 5 Stelle che, al suo sbarco in Parlamento, non lesinava critiche anche palesi al presidente russo. Un esempio in tal senso è rappresentato dalla nota vergata dai deputati pentastellati nel novembre 2013 in occasione dell’incontro in Friuli tra Putin e l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta: ”Ancora, malgrado i pruriti che notiamo in giro, non siamo diventati una repubblica presidenziale e il Parlamento dovrebbe essere la sede della sovranita’ popolare. Vorremmo, allora, che il governo venisse alle Camere a riferire cosa discuteranno domani a Trieste il premier Enrico Letta e il presidente Russo Vladimir Putin. Si parla di 11 contratti istituzionali e 8 commerciali da firmare. Qualche spiffero di stampa apre uno squarcio sugli argomenti del summit, ma non e’ chiaro cosa decideranno i due leader e cosa rischiamo di mettere in mani russe magari per qualche piatto di lenticchie”.
Nel frattempo – è evidente – di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia.