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Ecco come i turchi in Olanda hanno seguito i consigli di Erdogan

erdogan

I liberali del premier riconfermato Mark Rutte hanno frenato l’onda populista di Geert Wilders e se si conta l’affluenza molto alta, sei punti in più delle passate elezioni, il messaggio è chiaro: il popolo olandese è disposto a dare una seconda chance all’Europa.

Sta di fatto che da oggi il Paese dei tulipani (non me ne voglia la Turchia, se lo chiamo così è per evitare una ripetizione) diventa uno dei laboratori più interessanti dell’Unione Europea. Perché è vero che Rutte è stato riconfermato, ma in parte ha vinto anche Recep Tayyip Erdogan, che aveva invitato a non votare partiti che avevano manifestato istanze anti turche.

I turchi olandesi hanno seguito il suo consiglio. Lo si capisce dal crollo del partito laburista, questa sì, la peggiore notizia di queste consultazioni, ma soprattutto dall’aver scelto il partito Denk, chiamato il ‘partito degli immigrati’, fondato da Tunahan Kuzu e Selçuk Öztürk, di chiare origini turche e che attira le simpatie della comunità marocchina.

Una novità di assoluto interesse, soprattutto in un Paese notoriamente turco scettico come l’Olanda, ma che porta in seno due pericolose conseguenze. I flussi elettorali infatti dicono che il 70% dei 240mila turchi olandesi aventi diritto al voto alle consultazioni politiche turche votano Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo di Erdogan. Quindi viene facile pensare che una parte consistente di chi ha scelto Denk supporti la formazione del presidente di Ankara e abbia accolto il suo invito.

Quindi adesso Denk diventerà una specie di ‘sorvegliato speciale’ perché ci si assicuri che non sia il braccio del Presidente turco in un Paese dell’Unione Europea. Ma anche se così non fosse, la creazione di un ‘partito degli immigrati’ è una buona notizia solo fino a un certo punto. Il fatto che si sia creato un ‘partito degli immigrati’, se non ha una finalità ben precisa come quella descritta sopra, vuole dire che c’è una parte della popolazione che non si è sentita integrata dalla politica del Paese che li ha accolti.

Rischia di diventare un modello insidioso per altri Paesi, di portare a scontri politici accessi e, nel momento in cui l’azione politica non dovesse produrre risultati concreti, di farli sentire ancora più stranieri in quella che è casa loro.

Per questo, ora come non mai, l’Olanda dopo avere salvato l’Europa deve lanciare anche il messaggio che una Europa più inclusiva sia davvero possibile.


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