Sono ripetuti i casi di spionaggio emersi negli ultimi anni, anche grazie a Wikileaks, da cui si evince che le aziende o i capi di Stato – anche alleati – vengono sistematicamente spiati. Per questo meraviglia che ancora ci sia chi si stupisca per queste vicende.
Il presidente Francesco Cossiga, profondo conoscitore di questo mondo ricordava, non a caso, che proprio amici e alleati sono l’oggetto privilegiato dell’attività di intelligence. Fanno così gli Usa, ma anche quasi tutti gli altri Paesi che sono in condizione di farlo, nessuno escluso.
Nel mondo globalizzato più che Paesi amici si è sempre e comunque nazioni concorrenti. Lo dimostrava negli anni Novanta Echelon e, più recentemente, gli interventi per condizionare, secondo alcuni, cambi di governo e risultati elettorali.
Ormai le guerre tra Stati si combatteranno soprattutto nell’ambito economico e culturale usando la merce pregiata dell’informazione. È cosa nota da tempo, eppure è come se fosse ogni volta una novità. Questo atteggiamento dipende da un lato dalla superficialità e dall’altro dal moralismo con cui vengono spiegate e affrontate le vicende internazionali. La regola è quella della realpolitik e a questa occorrerebbe attenersi. Inoltre, le nuove tecnologie rendono permanente e costante questo tipo di attività, destinata in futuro a incrementare e non a diminuire. Non a caso anche i nostri servizi per il secondo anno consecutivo nella relazione al Parlamento hanno dedicato alla sicurezza informatica un adeguato approfondimento.