“Gli studi di settore sono finiti, non possiamo farlo d’emblée ma la strada è tracciata”. Si parte con un milione e 400mila contribuenti, ma a regime il nuovo sistema ne abbraccerà oltre 4 milioni. Vieri Ceriani (nella foto), per quasi un decennio responsabile del Servizio Rapporti Fiscali della Banca d’Italia, già sottosegretario all’Economia nell’esecutivo guidato dal professor Mario Monti, lo dice – ma senza troppa enfasi – alla fine della sua audizione di fronte alle Commissioni Finanza di Camera e Senato. Dallo scorso giugno è amministratore delegato di Sose (Soluzioni per il Sistema Economico), una spa costituita dal ministero dell’Economia (88%) e dalla Banca d’Italia (12%) che svolge tutte le attività relative alla costruzione, realizzazione e aggiornamento degli studi di settore con l’obiettivo di creare sistemi di prevenzione dell’evasione.
Sarà Ceriani, amante del sigaro toscano, dalla barba sempre curata e tecnico che ha collaborato con molti ministri di ogni schieramento (oggi è consigliere di Pier Carlo Padoan ma lo è stato anche per Giulio Tremonti quando ha coordinato il comitato per mappare l’erosione e le agevolazioni tributarie) per traghettare il vecchio sistema per autonomi e piccole imprese a questa nuova rivoluzione fiscale.
“Gli studi di settore hanno esaurito la propria spinta propulsiva: era tempo di fare un salto radicale” ripete con molta calma, slide alla mano, Vieri Ceriani che si concretizzerà in un disegno di legge di iniziativa parlamentare (tra i primi firmatari il presidente della Commissione Finanze alla Camera, l’alfaniano Maurizio Bernardo e il vice presidente Michele Pelillo del Pd), con l’accordo del governo, che darà vita agli indicatori sintetici di affidabilità (Isa). Questi nuovi strumenti manderanno in soffitta gli studi di settore, ritenuti non sempre affidabili e che hanno procurato al fisco diversi problemi per via delle numerose contestazioni sollevate dai contribuenti, finite spesso in cause giudiziarie. Lo studio di settore infatti valuta quello che dovrebbe essere il ricavo presunto di una determinata impresa, facendo la media con la categoria di appartenenza, stabilendo quindi a priori quanto dovrebbe guadagnare un’azienda o una pizzeria, uno stabilimento balneare o un parrucchiere in base a diversi parametri di riferimento.
Adesso il provvedimento che vedrà la luce entro la prossima settimana cambia completamente il quadro. Obiettivo dichiarato è trasformare “il rapporto fisco-contribuente con una collaborazione costante ex ante e non più ex post”. Insomma: prevenire è meglio che curare anche nel fisco, cercando di anticipare il più possibile il momento preventivo del controllo rispetto a quello successivo dell’accertamento.
“L’enfasi passa dall’accertamento ex post al dialogo preventivo” – ha sottolineato più volte Vieri Ceriani “si passa a un approccio completamente diverso” con un indice di affidabilità su una scala da uno a dieci. “Una sorta di pagella” con indicatori elementari, poi aggregati in un indicatore di sintesi. “Il senso dell’esercizio sta nel fatto che se l’affidabilità è alta il contribuente sarà premiato”.
Ma vediamo nel dettaglio cosa sono questi indicatori sintetici di affidabilità. In pratica ad ogni contribuente corrisponderà un voto di buona condotta e a darlo sarà l’Agenzia delle entrate, prevedendo un premio a chi ha un alto indice di affidabilità fiscale. Come a scuola si attribuiranno voti di buona condotta che vanno da 1 a 10. I giudizi vengono elaborati poi da un software che prende a riferimento una serie di indici applicati ai contribuenti. In questo modo il voto non è altro che l’espressione dell’affidabilità fiscale dell’impresa o del professionista monitorato. Chi verrà promosso con il massimo dei voti avrà un regime fiscale di favore con alcuni vantaggi il cui contenuto pratico però deve ancora essere definito.
I destinatari degli Isa sono gli stessi soggetti cui, fino a ieri, si applicavano gli studi di settore: autonomi, professionisti e imprenditori. Il software che elabora questi indici verifica le eventuali anomalie sui dati presentati dal contribuente e sulla sua contabilità. Il risultato è il grado di affidabilità del contribuente: tanto più questi appare “affidabile” tanto meno subisce il rischio di accertamenti. Insomma, il principio è “tanto più risulti attendibile, tanto più puoi dormire tranquillo”. Non si parlerà più quindi di contribuenti “congrui” e “non congrui” ma di contribuenti “virtuosi” e “non virtuosi”: solo i primi potranno godere ovviamente di una serie di agevolazioni. Invece, se l’Agenzia delle entrate dovesse riscontrare elementi anomali il voto scenderà e per il contribuente scatterà il rischio di una verifica.
Rispetto agli studi di settore, l’analisi del reddito del contribuente sarà più completa e non si fermerà solo all’esame di ricavi/compensi come è stato fino ad oggi. Ad esempio si stimeranno anche il valore aggiunto e il reddito per addetto, la durata delle scorte, la consistenza delle rimanenze finali, il controllo del numero delle giornate retribuite. Altro elemento di novità riguarda il periodo di monitoraggio. Il meccanismo si reggerà su un’analisi che avrà un arco temporale lungo anziché la singola annualità.
In questa prima fase che si concluderà entro dicembre i settori coinvolti saranno 70 – ha spiegato l’amministratore delegato di Sose – 29 delle manifatture, 17 dei servizi, 15 commercio e professionisti. Entro il 2018 dovrebbero essere licenziati gli indicatori per altri 80 settori e quindi tutti i 4 milioni di contribuenti interessati avranno a disposizione questo nuovo strumento. Una bella semplificazione visto che attualmente sono oltre 200 i settori su cui il fisco deve indagare per evitare l’elusione fiscale. La sperimentazione fatta in questi mesi nel comparto delle macchine utensili ha dato segnali incoraggianti, ha spiegato Vieri Ceriani.
Tutto dovrebbe filare liscio, bisogna vedere quando però dal prossimo anno sarà tutto ufficiale come reagiranno le categorie che in questi anni grazie agli studi di settore hanno fatto dichiarazioni al fisco quantomeno anomale.