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Patrick Shanahan, chi è il vice di Boeing numero due di Mattis

Il presidente americano Donald Trump ha nominato Patrick Shanahan, alto dirigente della Boeing, come secondo in comando al segretario alla Difesa Jim Mattis.

LA CARRIERA DI SHANAHAN

Shanahan, nativo di Seattle, ha studiato ingegneria meccanica presso l’Università di Washington ed è uno dei vice presidente della società. È in Boeing dal 1986, ha seguito vari progetti, per esempio ha rimesso in pista il progetto del 787 Dreamliner dopo anni di problemi di produzione, e ha lavorato su tutti i più importanti velivoli della compagnia come vice presidente senior (737, 747, 767, 777, i principali vettori commerciali civili della Boeing). Ha anche trascorso cinque anni nel settore militare: ha guidato la sede di produzione degli elicotteri militari di Philadelphia, ha supervisionato i programmi dell’elicottero da trasporto CH-47 Chinook, del convertiplano Bell-Boeing V-22 Osprey (usato per il trasporto delle forze speciali in teatri sensibili) e dell’AH-64D Apache, l’elicottero d’attacco di punta dell’esercito americano.

RICUSARE PER ANDARE AVANTI

Shanahan dovrà impegnarsi a evitare questioni che coinvolgono Boeing per almeno due anni e dalle eventuali “azioni ufficiali che, direttamente e sostanzialmente riguardano gli ex datori di lavoro o i clienti”, secondo l’ordine esecutivo sull’etica emanato da Trump. Questioni etiche hanno già coinvolto due nominati per ricoprire cariche apicali al Pentagono: sia Vincent Viola, che Philip Bilden, miliardari amici di Trump scelti per ricoprire rispettivamente il ruolo di Army e Navy Secretary, hanno rifiutato le nomine per non rinunciare ai propri affari personali. Secondo alcuni retroscena Shanahan non era la scelta preferita dal segretario Mattis, che avrebbe preferito come vice Michelle Flournoy, undersecretary for policy al Pentagono sotto Obama e già in passato in predicato di prendere il posto del predecessore di Mattis, Ash Carter. Flournoy, falco clintoniano, ha spiegato in un’intervista a Politico che ha rifiutato per ragioni etico-personali, perché non condivide la linea presidenziale e avrebbe avuto problemi per questo nell’inserirsi nella catena di comando.

TRUMP E BOEING

La nomina apre scenari interessanti sui rapporti di Trump con la Boeing. Le relazioni sono nate in maniera burrascosa, col presidente che ha attaccato la società di Chicago per il prezzo troppo alto del nuovo Air Force One (su cui la Boeing sta lavorando per incarico di Barack Obama). Boeing perse 550 milioni di dollari in un solo giorno in borsa dopo il tweet in cui il presidente contestava il prezzo della Casa Bianca volante (“fuori controllo” lo definiva), ma poi le cose sono migliorate.

Trump a metà febbraio ha fatto visita all’impianto Boeing in South Carolina e si è impegnato a proteggere i posti di lavoro americani davanti alle maestranze riunite per ascoltare il comizio, chiuso con un “God bless Boeing”. Inoltre ha incontrato due volte il Ceo della compagnia Dennis Muilenburg (“Credo che Mr Trump stia facendo un grande lavoro con le imprese”, disse Muilenburg dopo il secondo incontro personale, tenuto alla Trump Tower di New York). Trump aveva anche usato Boeing per attaccare la Lockheed Martin in una sorta di tira-e-molla commerciale. A metà gennaio, dopo aver polemizzato con L-M per il costo eccessivo degli F-35 aveva annunciato l’intenzione di chiedere alla Boeing un’offerta “alla pari” per una revisione degli F-18 Super Hornet in grado di portarli sugli standard proposti per i nuovi jet commissionati dal Pentagono (secondo gli esperti era un’operazione improponibile e più che altro frutto di una mossa propagandistica). Ora il bilancio per il 2018, presentato dall’amministrazione Trump giovedì, prevede un aumento della spesa militare (frutto di tagli trasversali su altri settori ritenuti meno centrali, come “le arti” e “l’ambiente”). Si tratta di più di 50 miliardi di dollari, di cui 13,8 saranno investiti in armamenti aerei, e tra questi è previsto l’aumento del numero degli F-18 e degli Apache.

LE ALTRE NOMINE

Insieme alla nomina di Shanahan Trump ha scelto altri elementi per ruoli di massimo livello al Pentagono, andando a coprire alcuni dei buchi presenti ancora nell’ampio organigramma della sua amministrazione tra quadri alti e intermedi. Il Pentagono per esempio, col ritiro di Viola e Bilden, attualmente ha soltanto l’Air Force Secretary nominato: si tratta del deputato del New Mexico Heather Wilson, la cui audizione al Senato non è ancora stata programmata e dunque per il momento non può svolgere le funzioni per cui è stato chiamato. Tra i nominati David Norquist, che sarà Pentagon Comptroller: è un partner della società di revisione del Dipartimento di Stato Kearney and Company, con varie esperienze alla Homeland Security e soprattutto fratello dell’idolo degli anti-tasse repubblicani, Grover Norquist. Poi David Joel Trachtenberg, sottosegretario per le policy del Pentagono, presidente della società di consulenza per la sicurezza nazionale Shortwaver Consulting: nel 2015 Trachtenberg scrisse un op-ed su Defense News in cui parlò dell’aumento dell’aggressività russa, della diffusione dell’anti-americanismo spinto da Mosca, definita un “pericolosamente provocatoria” e “motivo di allarme”, suggerendo che l’America avrebbe dovuto rivedere la propria strategia nucleare (rivederla in aumento, anticipando una linea espressa nelle settimane passate anche da Trump). Messaggi chiari, considerando che per il ruolo ricoperto, Tratchtenberg sarà colui a cui toccherà scrivere e proporre il Nuclear Posture Review con cui la Casa Bianca imposterà la strategica nucleare a partire dal budget 2019. Gli altri due nominati sono Kenneth Rapuano, direttore del gruppo di studio e analisi della Anser Corporation, che ricoprirà il ruolo di segretario per la Homeland Defense; e Robert Daigle, Pentagon’s Office of Cost Assessment and Program Evaluation (CAPE), ex sostenitore di Jeb Bush contro Trump alle primarie.

(Foto: Youtube)


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