Sarà presentato oggi a Roma il Welfare Index Pmi, un’iniziativa patrocinata da Generali Italia con l’obiettivo di diffondere la cultura del welfare aziendale in Italia spiegando anche come questo possa essere una leva di crescita per le aziende, soprattutto quelle piccole e medie che costituiscono l’ossatura industriale del Paese e impiegano l’80% dei lavoratori.
RAPPORTO WELFARE 2017
Il progetto è stato sviluppato con le principali associazioni di categoria comprende innanzitutto un rapporto che fotografa per la prima volta la situazione del welfare delle piccole e medie imprese in Italia. La ricerca 2017 ha analizzato gli impatti in termini di produttività, grado di soddisfazione e livello di fidelizzazione dei lavoratori oltre che di reputazione. Ben 3422 imprese (il 60% in più dell’edizione precedente), di tutti i settori, hanno aderito consentendo di ottenere la prima mappatura sistematica della diffusione del Welfare aziendale, che quest’anno si è allargata da tre ai cinque settori produttivi– agricoltura, industria, artigianato, commercio e servizi, studi e servizi professionali – e al terzo settore. E che assurge a carattere di scientificità: per la singola pmi (che può ricevere gratuitamente il proprio assessment, misurare le sue iniziative di welfare e confrontarsi con le esperienze più avanzate del proprio settore) come per il ministero del Lavoro. La seconda importante novità di questa edizione dell’iniziativa di Generali è l’introduzione del sistema di rating all’interno del Welfare Index Pmi.
UN RATING PER MISURARE IL COMMITTMENT DELLE PMI
Il Rating Welfare Index Pmi raggruppa tutte le aziende in 5 classi con un valore crescente da 1W a 5W. Scopo del rating è di permettere alle imprese di comunicare il proprio livello di welfare in modo immediatamente riconoscibile, facendolo diventare, anche esternamente, un vantaggio competitivo. Le piccole-medie imprese Welfare Champion, quelle alle quali l’algoritmo-indice attribuisce automaticamente lo status 5W, sono – si legge nel rapporto – “imprese con un sistema di welfare aziendale caratterizzato da ampiezza molto rilevante (almeno 8 aree coperte nella classificazione Welfare Index Pmi), intensità elevata (normalmente più di un’iniziativa per area, anche oltre le misure previste dai contratti collettivi nazionali), orientamento all’innovazione sociale, rilevante impegno economico-organizzativo e sistematico coinvolgimento dei lavoratori”. Questi campioni sono ancora pochi: la maggioranza dei piccoli imprenditori si sta solo approcciando al welfare aziendale. Ma questo sparuto gruppo di leader farà da apripista a tutta la massa che necessariamente dovrà seguire, per non restare indietro e perdere quote.
EVOLUZIONI
Nel rapporto 2016 Generali definiva il welfare aziendale nelle Pmi “un movimento giovane e in piena evoluzione”. Oggi quella definizione è confermata, rilevando che l’evoluzione procede in modo non omogeneo: molto più rapido in alcuni segmenti di aziende e in alcune aree del welfare, necessariamente più lento nella grande massa delle piccole e medie imprese e sul ventaglio generale delle iniziative. L’indagine ha esaminato più di cento tipi di iniziative intraprese dalle aziende. Queste sono state raggruppate nelle 12 aree del welfare aziendale, da quelle più classiche della previdenza e della sanità integrativa, fino alla conciliazione vita-lavoro, al sostegno economico e alla formazione dei dipendenti e dei familiari; ma anche cultura, ricreazione e tempo libero fino all’integrazione sociale e al sostegno dei soggetti deboli e al welfare allargato al territorio. Al primo posto, con un tasso del 46,3%, tra le iniziative di welfare si collocano le polizze assicurative per il personale, diverse dalle assicurazioni previdenziali e sanitarie; tuttavia, se escludiamo le polizze infortuni che in molti casi sono obbligatorie, il tasso di iniziativa nelle assicurazioni scende al 17,1%.
POLIZZE ASSICURATIVE, SOSTEGNO ECONOMICO, FORMAZIONE, SANITà E CONCILIAZIONE AL TOP
In altre cinque aree l’iniziativa delle imprese è molto elevata, pari o superiore al 33%. Si tratta del sostegno economico ai lavoratori, della sicurezza e prevenzione degli incidenti (con iniziative aziendali aggiuntive a quelle obbligatorie), della formazione del personale (anche in questo caso con iniziative aggiuntive a quelle obbligatorie), della conciliazione vita-lavoro (con iniziative prevalentemente di flessibilità degli orari). La sanità integrativa fa parte di questo gruppo: il 34,8% delle imprese ha attuato iniziative, prevalentemente aderendo ai fondi istituiti dai CCNL (ricordiamo che in alcune categorie l’adesione non è obbligatoria). Se limitiamo l’ambito della sanità integrativa alle sole iniziative aziendali, queste sono attuate da un numero minore di imprese: l’8,2%. Le iniziative aziendali di previdenza integrativa sono attuate dal 23,4% delle imprese. Seguono aree con tassi di iniziativa meno elevati: il welfare allargato al territorio (17,3%), il sostegno ai soggetti deboli e all’integrazione sociale (7,7%), i servizi di assistenza per i lavoratori e le loro famiglie (6,7%), le iniziative per la cultura, la ricreazione e il tempo libero (5,8%), il sostegno all’istruzione dei familiari (2,7%). Rispetto al 2016, le aree con maggiore incremento del tasso di iniziativa sono la sanità integrativa, dal 39% nel 2016 al 47% nel 2017; la conciliazione vita-lavoro, dal 22% al 31%; il welfare allargato al territorio, dal 15% al 23%. In altre due aree la crescita procede pur se meno rapidamente: i servizi di assistenza, dal 5% all’8%; la cultura, ricreazione e tempo libero, dal 3% al 5%. Nelle altre aree non si registrano significative variazioni.
QUASI IL 70% DELLE PMI è NELLA FASE INIZIALE DI SVILUPPO DEL WELFARE
All’interno del campione, il 68,7% è formato da imprese nella fase iniziale di sviluppo del welfare aziendale, con iniziative limitate a non più di tre aree; il 31,3% sono le imprese attive, cioè quelle che attuano iniziative in non meno di quattro aree del welfare aziendale; una parte di esse, 12,6%, sono le imprese molto attive, quelle che attuano iniziative in almeno 6 aree del welfare aziendale. Rispetto al 2016 non ci sono significative variazioni nel rapporto tra le imprese in fase iniziale (59% nel 2016, 58% nel 2017) e le imprese attive (41% nel 2016, 42% nel 2017); invece, nell’ambito delle attive, è raddoppiata la quota delle imprese molto attive: dal 9,8% al 18,3%.
MOLTE DIFFERENZE TRA SETTORI
Le iniziative di welfare aziendale si distribuiscono in modo molto differenziato per settori produttivi. Le imprese dell’industria presentano tassi di iniziativa molto elevati nella maggior parte delle aree. Le imprese del commercio e dei servizi sono più attive in aree come la sanità integrativa, le polizze assicurative, il sostegno economico ai lavoratori. Gli studi e servizi professionali investono in aree di welfare specifiche per la propria attività e per le caratteristiche organizzative degli studi, e in queste aree raggiungono livelli di iniziativa molto elevati: la formazione dei dipendenti, la sicurezza e prevenzione degli incidenti, la conciliazione vita-lavoro.
Nell’artigianato la dimensione molto piccola delle imprese non favorisce la diffusione delle iniziative in tutte le aree del welfare aziendale. Questo settore si caratterizza per elevati tassi di iniziativa nelle assicurazioni per i dipendenti e nella sicurezza e prevenzione degli incidenti. L’agricoltura raggiunge tassi di iniziativa molto elevati particolarmente nel sostegno economico, nella formazione, nella conciliazione vita-lavoro, nella sicurezza e prevenzione. Le imprese del terzo settore raggiungono i livelli di iniziativa molto elevati nelle aree della conciliazione vita-lavoro, del welfare allargato al territorio e alla comunità, della formazione, della sanità integrativa, della sicurezza e prevenzione, della cultura, ricreazione e tempo libero.
Non si registrano significative differenze per area geografica tranne che in due aree del welfare aziendale, la previdenza integrativa e la sicurezza e prevenzione degli incidenti, nelle quali i tassi di iniziativa delle Pmi del Nord sono di dieci punti superiori a quelli del Sud. Il fattore più di ogni altro correlato al tasso di iniziativa è la dimensione delle imprese. La correlazione è senza eccezioni, in tutte le aree del welfare aziendale, ma è particolarmente evidente nelle aree della sanità integrativa, della previdenza integrativa, del sostegno economico ai lavoratori.
LA DIMENSIONE CONTA
Le imprese con la maggiore ampiezza di iniziative, da 6 a 12 aree del welfare aziendale, sono il 6,8% nelle imprese con meno di 10 addetti, il 16,2% in quelle tra 10 e 50 addetti, il 24,6% nelle imprese tra 51 e 100 addetti, il 44,7% nelle imprese tra 101 e 250 addetti.
Tuttavia tra le 109 best practice oggetto di indagine in profondità, il 46% sono imprese con meno di 50 lavoratori. Di queste, 16% sono microimprese con meno di 10 addetti e 30% piccole imprese da 10 a 50 addetti. Dunque la ricerca Welfare Index Pmi ha rilevato numerose esperienze di welfare aziendale attuate con successo da imprese piccole e molto piccole. La questione per esse è come uscire dall’isolamento, raggiungere la capacità critica attraverso le alleanze, acquisire informazioni e competenze utilizzando supporti associativi e servizi esterni.
MIGLIORA LA VITA DEI LAVORATORI
Le Pmi affrontano il welfare aziendale principalmente con lo scopo di migliorare la soddisfazione dei lavoratori e il clima interno. Le aziende che coinvolgono i lavoratori nell’ascolto dei bisogni e nell’attuazione delle iniziative sono anche le più attive nel promuovere iniziative di welfare, non limitandosi ad applicare le disposizioni dei contratti collettivi nazionali. E quelle che investono significativamente in questo ambito hanno già verificato impatti positivi sulla soddisfazione dei lavoratori e sui risultati aziendali.
… E CON ESSA LA PRODUTTIVITÀ
Un piccolo gruppo di imprese segnala di avere già verificato netti miglioramenti, in particolare nelle aree della gestione del personale: nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale (9,5% delle imprese), nella fidelizzazione dei lavoratori (9,4%) e anche nella riduzione dell’assenteismo (4,1%). Quote più piccole di imprese segnalano impatti positivi sull’immagine dell’azienda (7,4%) e miglioramenti della produttività (3%).
Molto maggiore, oscillante tra il 25% e il 30%, è la quota di imprese che hanno ricevuto segnali incoraggianti ma si aspettano che il welfare aziendale produca miglioramenti significativi nel lungo termine. Tra le imprese che hanno attuato iniziative in almeno 6 aree, una forte maggioranza registra risultati positivi nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale (71% delle imprese), nella fidelizzazione dei lavoratori (69%), nell’immagine dell’azienda (69%), nella produttività del lavoro (56%).
Tra le iniziative con un maggiore impatto sulla produttività del lavoro sono state citate quelle legate alla conciliazione vita-lavoro, in particolare la flessibilità degli orari e il lavoro a distanza. Venendo incontro alle esigenze del dipendente, permettendogli di gestire gli orari o di lavorare parzialmente da casa, l’azienda lo responsabilizza inducendolo a dare il meglio di sé. Insomma, il welfare aiuta a creare un mondo migliore – il che da solo dovrebbe bastare a farsene promotori – ma, se non bastasse, come ignorare che offre alle aziende uno strumento per crescere in un momento in cui crescere è l’alternativa a soccombere?