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Le tre buone notizie del ritorno a casa di Gabriele Del Grande

Il ritorno a casa di Gabriele Del Grande rappresenta per prima cosa buona notizia per la sua famiglia e tutti noi. In secondo luogo, però, è opportuno ripercorrere le tracce del suo sequestro per capire quali insegnamenti possano essere tratti da questa storia.

In primo luogo, che la Turchia prima se la prendeva solo con i giornalisti nazionali e che invece adesso sta diventando sempre più sensibile anche con quelli stranieri. E non si tratta di una sensibilità dettata da esigenze di sicurezza nazionale. O almeno non del tutto. In molti, fra cui la sottoscritta, temevano che la vicenda di Gabriele potesse finire quella quella di Deniz Yucel, giornalista turco-tedesco del Die Welt, arrestato dopo un fermo di 14 giorni, molto simile a quello di Del Grande e incriminato per propaganda a organizzazione terroristica.

La vicenda di Gabriele si è risolta in modo positivo, ma sono due precedenti pericolosi perché indicano che, a fronte di una situazione interna sempre più delicata, non solo la Turchia non è disposta a fare sconti, potrebbe utilizzare questi casi per fare ancora più pressione sull’Unione, soprattutto su uno dei capitali che le sta più a cuore in assoluto: la liberalizzazione dei visti.

Dall’altra parte, però, va sottolineata la grande perizia del governo italiano e del personale diplomatico nel condurre la faccenda a un esito positivo. Pochi slogan, pochi annunci, pochi avvertimenti. Un lavoro sotterraneo e di cesello, che contrasta con i toni ai quali ci ha abituato la Turchia nelle sue rivendicazioni, ma che porta ai risultati sperati. Roma può contare su una storica sinergia con i turchi. Un rapporto fatto di lealtà, di correttezza, di relazioni commerciali importanti e di naturale empatia.

Per tutti questi motivi, l’Italia potrebbe avere un ruolo chiave nel modulare le relazioni con la nuova Turchia di Recep Tayyip Erdogan.


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