Come già avvenuto, alla fine dello scorso anno, in occasione della presentazione di un emendamento al disegno di legge di bilancio, il preannuncio di una norma sugli affitti brevi sta scatenando le reazioni più varie, fra le quali non poteva mancare quella tesa a rappresentare i proprietari di case locate a fini turistici quali evasori fiscali professionali.
Accuse a parte, ricordiamo anzitutto che le persone fisiche che affittano per brevi periodi possono già oggi avvalersi della cedolare secca del 21 per cento, in alternativa facoltativa all’ordinario regime Irpef. Se l’idea del governo è quella di prevedere un meccanismo automatico di applicazione della cedolare, dobbiamo far presente che un obbligo in tal senso, privo di correttivi, porterebbe a un aumento di tassazione per i titolari di redditi molto bassi con alte detrazioni, che normalmente scelgono l’Irpef.
Per il resto, auspichiamo che non venga riesumato il testo bocciato dal presidente Renzi lo scorso novembre, che conteneva una congerie di disposizioni (mal scritte) palesemente finalizzate ad ostacolare l’affitto.
Proprio qualche giorno fa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha demolito la proposta di legge con la quale la Camera dei deputati ha tentato di sopprimere sul nascere l’attività di home restaurant, parlando espressamente di discriminazioni in favore degli operatori tradizionali tese a “limitare indebitamente una modalità emergente di offerta alternativa del servizio di ristorazione”.
Confidiamo che il governo voglia tenere a mente la lezione dell’Antitrust, astenendosi dal porre ostacoli – magari sotto dettatura di qualche categoria che ha paura della concorrenza – a chi in Italia tenta di trarre qualche minimo frutto da una forma di investimento, quello immobiliare, mortificato da una tassazione esasperata, contribuendo nello stesso a favorire il turismo e la crescita.