Cambiamenti in vista per le casse previdenziali. Dopo una lunga gestazione è in dirittura d’arrivo il Testo unico di riforma degli enti privatizzati, che prevede una risistemazione della normativa di settore. Partendo dalla tutela della natura privata degli enti, il testo arriva fino al loro trattamento fiscale, con il ritocco al ribasso della tassazione dei rendimenti; passando per l’accorpamento delle casse più piccole e lo snellimento degli organi gestionali, a partire dal consiglio di amministrazione, che non potrà avere più di cinque membri.
Per ora si tratta di una bozza non ufficiale ma che dovrebbe concretizzarsi in una proposta di legge nel giro di poche settimane. «Stiamo riflettendo su alcuni punti, dopo gli incontri con i rappresentati delle Casse. Contiamo comunque di depositare la proposta nel giro di un mese», dice a MF-Milano Finanza Titti Di Salvo (Pd), prima firmataria della riforma e vicepresidente della Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza. Difficile comunque immaginare stravolgimenti rispetto al testo originario, visto che il documento è il frutto di una lunga indagine conoscitiva condotta dalla Commissione parlamentare di controllo sulle Casse.
Non a caso la bozza parte dalla necessità di porre rimedio alla ripubblicizzazione strisciante degli enti privatizzati negli anni Novanta, che in quanto inclusi nell’elenco Istat delle amministrazioni pubbliche, sono state oggetto di singolari provvedimenti, a partire da quelli sulla spending review. All’articolo 2 si legge che le casse «hanno personalità giuridica di diritto privato» e che «sono esclusi da ogni forma di intervento finalizzato ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica». Resta invece la supervisione dello Stato, che viene però razionalizzata rispetto all’esistente, prevedendo la vigilanza solo in capo alla Covip e il controllo ai ministeri del Lavoro e dell’Economia.
Attività che si concretizza in funzioni ben precise e che potrebbe portare, in caso di impossibilità di riportare i conti in equilibrio per tre anni consecutivi, addirittura alla liquidazione dell’ente. Per far fronte a queste situazioni di crisi si prevede anche l’istituito un fondo di garanzia, cui dovranno partecipare tutti gli enti, iscrivendo appositi accantonamenti in bilancio.
Un altro capitolo importante, e certamente sensibile, è quello degli accorpamenti, con aggregazioni obbligatorie per le casse più piccole, in nuove realtà «pluricategoriali», e facoltative per quelle di dimensioni maggiori. Nel concreto si prevede l’impossibilità di creare nuovi soggetti «monocategoriali» e si impone l’accorpamento «secondo criteri di riunione delle professionalità similari e tra loro professionalmente interconnesse», di quelli con meno di 60 mila iscritti. Un obiettivo da raggiungere entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge.
Per gli enti dimensioni maggiori è invece proposto un incentivo alla unificazione, con una tassazione dei rendimenti fissata al 15%. E questa non è l’unica novità sul fronte fiscale, perché la riforma abbassa (per tutte le casse) la tassazione dei rendimenti dall’attuale 26% al 20%, portandola sugli stessi livelli di quella dei fondi pensione. Non solo, per gli investimenti in economia reale si prevede uno sconto che porterebbe l’aliquota al 15%. I settori che darebbero diritto alla tassazione agevolata sono quello turistico, culturale, ambientale, idrico, stradale, aeroportuale, sanitario, ferroviario, ma anche immobiliare non residenziale, tlc, energia.
Infine si prevedono alcuni traslochi obbligatori tra previdenza pubblica e privata, con l’Onaosi (assistenza agli orfani di medici e veterinari) che dovrebbe essere soppresso e le sue funzioni affidate all’Inps; e la gestione separata degli agenti di commercio, oggi sotto l’Inps, che dovrebbe finire all’Enasarco, che attualmente si occupa invece solo di previdenza complementare.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)