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Cosa capisco del caso Consip

consip,

Chi in questi anni ha avuto la cortesia di gettare ogni tanto uno sguardo sulle mie quotidiane “punture” si sarà accorto che non ho molta simpatia (è un eufemismo) per Matteo Renzi e tanto meno per Beppe Grillo. Non sopporto però lo sciacallaggio in politica (il vizio di colpire  comunque e in ogni modo i propri avversari), ma soprattutto trovo deplorevole ed inaccettabile la “caccia all’uomo” che la magistratura inquirente porta avanti impunita nei confronti di personalità delle istituzioni, del mondo dell’impresa, dei partiti.

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Nell’affaire Consip-Tiziano Renzi-Romeo  (con Italo Bocchino a metterci la voce) è venuto il momento di impartire il “contrordine, compagni!” (era questo infatti il titolo delle vignette di Giovanni Guareschi che sfottevano il Pci trinariciuto dell’immediato dopoguerra). A parte la vicenda del capitano Gianpaolo Scarfato che, nel verbale consegnato alla magistratura, ha sbagliato ad attribuire le voci intercettate e, preso in castagna, si è avvalso della facoltà di non rispondere, il vero scandalo – come ci hanno mostrato i tg –  sta nel fatto che l’ufficiale della Benemerita aveva costruito un romanzo giallo d’appendice su alcune parole che si riferivano ad un incontro con Renzi. Da quel virgolettato in corsivo il rapporto partiva per la tangente allo scopo costruire il solito teorema prefabbricato.

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C’è stato un complotto? Chi sono i mandanti? È quanto si chiedono gli esponenti del Pd in queste ore. Ma che bisogno c’è di avanzare ipotesi strampalate, quando è chiaro chi sono i mandanti? Basta cercarli a Napoli. In procura. E non sarebbe nemmeno la prima volta.

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Mi è capitato, in una trasmissione televisiva, di raccomandare un colpo di Stato da parte dei Carabinieri in caso di vittoria del Movimento cinquestelle. Vuoi vedere che mi hanno preso in parola, ma hanno sbagliato indirizzo?



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