(Terza parte dell’approfondimento di Luca Longo. La seconda parte si può leggere qui; la prima qui)
Un documento sovietico del 1969 recentemente desecretato dimostra che per PyongYang “la forza militare ha un valore politico, l’escalation è uno strumento affidabile per la de-escalation”. E ancora: “Le provocazioni aiutano spaventare l’aggressività americana e per mantenere una deterrenza credibile è fondamentale rispondere con rappresaglie a ogni provocazione”. Studi più recenti dimostrano che il Nord mantiene anche oggi questa stessa strategia di vittoria.
Si esclude che Kim possa minacciare direttamente il territorio continentale degli Stati Uniti, ma dispone di materiale fissile per almeno 10-15 bombe atomiche. E’ possibile che sia in grado anche di fare scoppiare ordigni a fusione di Idrogeno.
Non si sa se sia già in grado di costruire non solo ordigni ma vere e proprie testate nucleari ma sappiamo con certezza che dispone di un migliaio di missili a medio e lungo raggio. Inoltre, non possiamo dimenticare che la Corea del Nord padroneggia le molto più semplici tecnologie per la guerra chimica e potrebbe con relativa facilità montare bombole di gas nervini sulle testate missilistiche.
Kim è certamente è in grado di devastare la Corea del Sud lanciando missili, bombardieri e anche truppe. Controlla una delle forze armate più numerose al mondo forte di un milione di uomini. Il Nord è lo Stato più militarizzato al mondo; e in più può contare su otto milioni di riservisti.
I missili del Nord possono raggiungere i 10 milioni di abitanti di Seoul – una città con una densità abitativa di più di sedicimila abitanti per km2 – ma possono mettere in pericolo gli oltre 25 milioni di sudcoreani (metà della popolazione totale) che vivono entro la tangenza operativa delle testate a corto e medio raggio. Possono arrivare a colpire anche il territorio giapponese o le basi di Guam e Okinawa che gli americani considerano territorio USA al 100%.
In tutti i casi, una azione militare nordcoreana provocherà una inevitabile reazione da parte degli USA e metterà in imbarazzo la Cina, che dovrà scegliere se tagliare gli ormeggi, magari in cambio di libertà di commercio e mano libera nel Mare Cinese Meridionale, o difendere il suo più scomodo alleato portando il conflitto a livello planetario.
In Corea del Nord si è ora creato uno scontro fra strategie opposte che renderà difficile evitare quello che gli strateghi militari definiscono come il modello di conflitto a spirale. Uno scenario in cui un’azione punitiva con lo scopo di intimidire un avversario bellicoso innesca invece la rappresaglia e un atteggiamento più aggressivo che deve essere punito in modo più deciso provocando, a sua volta, una più dura rappresaglia… Fino alla guerra totale.
(3.fine)