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Gli Stati Uniti martellano la linea terroristica dell’IS

totalitarismo, Baghdadi

Sabato la BBC ha pubblicato un documentario del reporter Quentin Sommerville, girato sul confine nord siriano. Il giornalista è entrato, tra le altre cose, nel quartiere generale dell’IS ad Al Bab.

L’OBIETTIVO FINALE DELLA SCUDO

La città si trova a nord di Aleppo, in Siria, ed è stato l’obiettivo finale dell’operazione Scudo, la campagna militare lanciata il 24 agosto scorso dalla Turchia, e conclusa poche settimane fa, per liberare le aree appena oltre il confine turco-siriano dai baghdadisti — il giornalista inglese è stato accompagnato su vari luoghi dai miliziani del Fsa, che sono tra i ribelli alleati della Turchia che hanno partecipato all’operazione. La missione in realtà aveva anche un secondo fine, anticipare le mosse dei curdi siriani (che stanno procedendo con un lavoro identico iniziato più a est con l’aiuto americano) e limitarne, attaccandoli come terroristi,  ambizioni future; la missione turca è stata appoggiata da Washington senza troppa enfasi e coinvolgimento, ed è uno dei motivi per cui le due diplomazie per mesi si sono guardate in cagnesco, al netto degli avvicinamenti recenti sotto l’amministrazione Trump, messi comunque in dubbio dal continuativo appoggio americano ai milizia curdi.

LA PORTA DEL TERRORISMO

Sommerville, che ha visitato vari altri luoghi (per esempio Dabiq, un piccolo villaggio che doveva essere il cuore della battaglia apocalittica profetizzata dai baghdadisti, ma è anche questo caduto sotto la Scudo), ha mostrato molti dettagli di quello che per diversi mesi è stata la roccaforte operativa di Abu Mohammed al Adnani, che in una classifica semplificata può essere considerato il più importante degli uomini del Califfato, secondo soltanto al Califfo stesso, al quale contende il ruolo di ispiratore per gli attacchi terroristici; era lui a occuparsi del dossier e della divisione specializzata. Adnani è stato eliminato il 30 agosto scorso da un bombardamento mirato americano proprio nei pressi di Al Bab. La Porta (questo significa al Bab in arabo) è considerata secondo ricostruzioni attendibili ma non definitive — perché in fondo ne sappiamo ancora troppo poco degli ingranaggi interni del Califfato — il centro nevralgico da cui sono partite diverse operazioni esterne dell’IS, ossia gli attentati (l’altro è ovviamente Raqqa).

LO SPOSTAMENTO DEI LEADER

Per esempio, il commando che ha attaccato Parigi il 13 novembre del 2015 potrebbe aver ricevuto qualche passaggio del coordinamento da Al Bab. E sempre da lì è passato il piano di Adnani per creare l’informale risposta jihadista globale, controllata a distanza, da cui sono arrivate le decine di attacchi come quelli di Nizza, di Berlino o Londra (per dirne alcuni più spettacolari). Ora che Al Bab è caduta e che la capitale siriana dell’IS, Raqqa, è circondata dai curdi aiutati dagli americani, le attività terroristiche — che pure non calano, sia in Occidente, ma soprattutto in Medio Oriente — potrebbero essere coordinate da altrove. Secondo le intelligence americane in questi ultimi due mesi i capi dello Stato islamico in Siria, in difficoltà più a nord, si sono spostati più sud, nell’area di Al Mayadin, che è un città che si trova sull’asse naturale (segnato dallo scorrimento dell’Eufrate) che da Raqqa scende verso il confine iracheno; quest’area è nota come il Corridoio dell’Eufrate, e pur essendo territorio di caccia per i velivoli senza piloti americani che martellano con costanza i leader baghdadisti, è comunque considerata la più sicura per spostare gli uffici amministrativi della corte militare baghdadista.

LA CACCIA CONTINUA

Quattro giorni fa il CentCom, che è il comando del Pentagono che si occupa di Medio Oriente e Asia Centrale, ha comunicato in conferenza stampa che il 6 aprile nei pressi di Mayadin c’è stata un’operazione della Delta Force (le unità speciali assegnate all’area) per catturare un leader dello Stato islamico conosciuto come Abdul Rahman al Uzbeki. Questo genere di missioni sono molto delicate e consistono nell’invio di un paio di elicotteri da cui sbarcano i team di operatori coperti da altrettanti velivoli armati fino ai denti, e hanno come obiettivo il prelievo di pezzi grossi del Califfato (per convincerli a parlare, sottinteso). Nello specifico l’uzbeko era considerato colui che ha coordinato l’attentatore solitario Abdulghadir Masharipov, che lo scorso Capodanno ha ucciso 39 persone alla discoteca Reina di Istanbul. Masharipov era anche lui uzbeko, e si pensa che possa essere stato controllato da remoto da Abdul Rahman (un qualcosa di simili potrebbe essere successo in decine di altri attacchi, superando il concetto di “lupo solitario”). Ma soprattutto gli americani credevano che la cattura di al Uzbeki potesse dare informazioni dirette su Abu Bakr al Baghdadi, il Califfo. Evidentemente per rischiare il blitz behind enemy lines le intelligence avevano tracciato qualche contatto tra i due, ma al Uzbeki non potrà parlare perché è stato ucciso nel blitz. Il corridoio dell’Eufrate termina ad Al Bumakal, una città confinante con l’Iraq che fa da snodo per i collegamenti del gruppo. Ad Al Bumakal combatte il Nuovo esercito siriano, un gruppo d’élite dell’Fsa accompagnato dalla consulenza dei reparti speciali americani. Quando escono (fake) news sul Califfo ucciso, ferito, catturato, come si diceva giorni fa, arrivano quasi tutte dalla zona tra Al Bumakal e al Qaim, città specchio appena oltre il confine iracheno, che fanno da casello finale al Corridoio.

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