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Papa Francesco e il viaggio della verità in Egitto

Papa Francesco

Il Papa è partito per il breve viaggio apostolico in Egitto, sicuramente il più difficile, sia in termini di sicurezza e sia dal punto di vista diplomatico, del suo Pontificato.

Francesco ha dichiarato stamani, nel messaggio di cortesia al presidente Mattarella, che si recherà al Cairo come “pellegrino di pace, al solo scopo di incontrare la comunità cattolica e i credenti delle altre fedi”.

C’è molta attesa anzitutto per l’incontro con il presidente Al-Sisi, ago della bilancia di un Paese dilaniato da conflitti etnici, e per l’intervento, previsto oggi ad Al-Azhar, alla Conferenza internazionale sulla pace nella grande università islamica sunnita.

Alcune anticipazioni della sua missione Papa Francesco le ha già date nei giorni scorsi, in particolare martedì quando si è rivolto direttamente al popolo egiziano, definendosi “apostolo e costruttore di ponti, di dialogo, di fratellanza, di giustizia e di umanità”.

È principalmente su quest’ultimo aspetto che conviene porre attenzione, proprio perché alla stregua dei suoi predecessori Jorge Mario Bergoglio tenterà di ricostruire le fragili condizioni per la ripresa di un dialogo tra le diverse religioni, nonché stimolare una sostanziale svolta nel duro clima di odio e lacerazione che divide la nazione egiziana e il mondo intero.

Tutti i continenti, in questo momento, stanno vivendo una fase drammatica della loro storia, tanto a livello politico, come dimostra l’imminente scenario di guerra tra Corea del Nord e Stati Uniti, quanto a livello religioso, per i continui attacchi terroristici del fondamentalismo islamista praticamente ovunque.

Al centro vi è l’Egitto, Paese simbolo perché microcosmo e frontiera tra Nord e Sud e tra Est ed Ovest: con la difficile e cruciale minoranza Copta, bersagliata e massacrata da violenze impressionanti nei luoghi di culto, non da ultimo, appunto, nella terribile strage della domenica delle Palme.

Lo spirito di Francesco resta tuttavia quello di sempre: presenza personale, normalità, più che altisonanti discorsi teologici, ma anche coraggio missionario e stile diretto. Al centro della sua sensibilità stanno le persone, i popoli, ma anche la verità umana universale, un fine non riconosciuto dai particolarismi identitari, calpestato dall’onda infernale della violenza e da molteplici nuove tentazioni totalitarie, sebbene presente però come speranza tacita in ogni cuore che batte.

L’Isis, ma anche altri gruppi integralisti, riassumono i mali e le paure del nostro tempo, avendo come meta il dominio, il potere e l’imposizione, con l’uso strumentale della religione, di un’ideologia di morte dittatoriale, violenta e sanguinaria.

Il Papa si contrappone a questo incubo donando positivamente se stesso e comunicando, con la grande autorevolezza che possiede, una forma diversa, alternativa, originaria ed autentica di spiritualità, che può essere condivisa e capita da tutti, e che serba in sé l’unico futuro possibile dell’umanità.

I rischi del viaggio naturalmente sono enormi, quantunque vi sia la convinzione che il Cristianesimo o è in grado di incarnare così, senza deviazioni, una visione eroica dei diritti umani universali, oppure perde la propria essenza, la propria fiducia e la propria ragione di esistere.

D’altronde, non può esserci religiosità senza una chiara verità sacra e trascendente creduta e vissuta insieme; allo stesso modo non può esistere una collettività di credenti senza che la fede sia praticata come esperienza di umanizzazione generosa, di condivisione appassionata, di libertà singolare e interpersonale limpida, caritatevole e tollerante.

Anche la politica, d’altronde, soffre la mancanza del bene comune: sia quando si trasforma in intolleranza laicista, cancellando le libertà religiose, e sia quando muta essa stessa in pseudo religione fanatica e secolarizzata.

Il mondo, in definitiva, oggi più che mai ha bisogno di pace. E proprio perciò ogni realtà, politica e religiosa, ha quanto mai bisogno di Papa Francesco: un esempio visibile del modo giusto di intendere il delicato rapporto che deve esistere sempre tra verità divina ed umana, tra libertà civile e dialogo interconfessionale, tra umanesimo immanente e apertura al trascendente.


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