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Vi spiego il protezionismo fiscale di Donald Trump

debito pubblico, Guido Salerno Aletta, def

Ormai lo hanno capito pure i sassi. In questo sistema di competizione drogata dai dislivelli salariali e di tutela sociale, i governi devono difendere l’occupazione e le proprie aziende con le unghie e con i denti.

Donald Trump, in America, va a tirare tutte e due le orecchie dei manager che stanno per chiudere le aziende per andarne a costruire delle nuove in Messico, o dove sia, per spendere meno in salari. E minaccia di mettere la Border Tax, per colpire i prodotti importati delle multinazionali americane: vanno oltre frontiera per aumentare i dividendi a spese dei contribuenti americani. E così l’America si indebita sull’estero, e deve aspettare che cinesi, giapponesi, arabi e paradisi fiscali finanzino il suo disavanzo commerciale ed il debito pubblico. Gli Usa continuano a stampare dollari, ma occorre che qualcuno li compri sottoscrivendo debito americano.

La giostra del dollaro è finita, perché anche i cinesi si sono messi a vendere titoli americani, per finanziare l’export di capitali in uscita. Ed il debito americano in mani cinesi è già diminuito di oltre 200 miliardi di dollari in un anno solo. Sperare che sottoscrivano un nuovo debito è pura illusione.

Donald Trump sta mettendo le mani sugli oltre 1300 miliardi di dollari di profitti detenuti dalla multinazionali americane, esentasse, nei paradisi fiscali. Devono rientrare, per finanziare gli investimenti in infrastrutture, e far crescere l’economia americana al ritmo del 3% almeno. Verranno tassati al 10% e dovranno essere impiegati negli Usa. In più, la Corporate Tax sarà ridotta dal 35% al 15%, escludendo dalla base imponibile tutto il fatturato esportato, come avviene in Europa con l’Iva.

È una forma di protezionismo fiscale, simmetrico a quello che adotta l’Europa da decenni con l’Iva, scomputata all’esportazione.

Questo è il nuovo paradigma americano, piaccia o meno.

Ed invece, che cosa fa l’Europa?

Il candidato alle Presidenziali francesi Emmanuel Macron, dato ancora per favorito nei sondaggi, è andato a trovare gli operai in lotta della fabbrica della Whirpool ad Amiens, che sta per chiudere in vista della delocalizzazione della produzione in Polonia. Si è presentato lì per allargare le braccia e dire che questo è il mercato, e che lo Stato non può fare nulla. Insomma, si comporta esattamente all’opposto di Donald Trump, pronto a rinegoziare i trattati Nafta con Messico e Canada pur di difendere l’occupazione americana.

La stessa cosa sta facendo il governo italiano sul caso Alitalia: terza crisi in nove anni, miliardi buttati nella stufa, senza nessun risultato. Del Rio promette un prestito ponte dello Stato: un ponte verso il nulla.

L’Azienda è stata disossata, sbranata, anno dopo anno, rilancio dopo rilancio, come se si trattasse di un tavolo della roulette. E, naturalmente, tutti i corifei del regime, sono lì a raccontare che la colpa è dei piloti, delle hostess e degli steward. Nessuno che osa chiedere perché fu acquistata AirOne, per difendere quali interessi e quali banche. E così. Il traffico va agli operatori concorrenti. Lufthansa non aspetta altro, che comprare a zero euro una azienda fallita, insieme ad un bacino di traffico enorme.

Questa è la verità. Nessuno difende gli interessi dell’Italia, degli Italiani. Tutti difendono il mercato, dietro a cui ci sono interessi enormi.

Bisogna svegliarsi! Trumpizziamoci!

(Articolo tratto dal sito Teleborsa)



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