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Cosa fa e cosa può fare la Puglia per migliorare l’appeal internazionale

osservatorio

Il Report Orti segnala un miglioramento dell’attrattività e dell’apertura internazionale della regione Puglia negli ultimi anni, anche se sussistono tuttora margini di miglioramento significativi.

Tre sono le principali variabili esaminate: la bilancia commerciale e in particolare l’export, la presenza di imprese a capitale estero e i flussi turistici in entrata.

Il saldo commerciale della regione con l’estero continua a migliorare anche se resta di segno negativo (-563 milioni di euro nel 2015), sebbene negli ultimi anni il trend positivo sia stato legato principalmente ad una rapida e intensa riduzione delle importazioni più che ad un aumento delle esportazioni. La riduzione del disavanzo commerciale è evidente se guardiamo al confronto tra i primi tre trimestri del 2016 rispetto al corrispondente periodo del 2015, con un calo di quasi la metà (da -715 milioni di euro a -365 milioni di euro).

In difficoltà, dopo lo straordinario risultato del 2015, l’export distrettuale, che in Puglia pesa per il 39% dell’export complessivo (contro una media italiana del 23% e più di qualsiasi altra regione del Mezzogiorno).

Il calo dei primi 9 mesi del 2016 (pari all’8,2%) finisce per pesare significativamente sul risultato tendenziale del Mezzogiorno (-4,2%), decisamente peggiore rispetto alla media nazionale, che fa comunque registrare un segno meno (-0,6%).

Sul risultato negativo conseguito complessivamente dai distretti pugliesi influiscono soprattutto le performance delle imprese distrettuali della meccatronica barese (-11,1%) e dell’olio e pasta del barese (-9,5%), che chiudono in flessione i primi nove mesi del 2016, a cui si aggiunge il regresso del distretto dell’ortofrutta e conserve del foggiano. Cali di export che non sono controbilanciati dai buoni risultati conseguiti dal sistema moda, in particolare dal distretto dell’abbigliamento barese che chiude in rialzo i primi nove mesi dell’anno (+8,9%) e della calzetteria-abbigliamento del Salento (+14,7%). Infine, il distretto del mobile imbottito della Murgia chiude i primi nove mesi del 2016 con un +3,8%.

Nel tavolo di confronto si insiste sulla capacità delle imprese pugliesi di costruire legami profondi con il territorio di insediamento e di valorizzare questo virtuoso rapporto di comunità nella creazione di valore.

Se guardiamo invece alla performance dei poli tecnologici, a fronte di una diminuzione media dell’export dei poli del Mezzogiorno pari all’1,8% (risultato soprattutto del crollo del Polo Ict di Catania che registra una variazione tendenziale negativa del 41,9%), il polo aeronautico pugliese riesce a mettere a segno un risultato positivo (+3,6%).

La Puglia ha registrato una crescita importante delle imprese a partecipazione estera presenti nella regione. Dal 2008 al 2014, il numero di multinazionali in Puglia è cresciuto da 74 a 117, un aumento del 58%. Il dibattito focalizza l’attenzione sulle iniziative che le Istituzioni regionali hanno messo in campo per creare un contesto territoriale orientato all’innovazione ed aperto agli investimenti esteri.

In particolare, si fanno notare i successi di molteplici contratti di programma siglati, con conseguente attrazione di investimenti, ed un utilizzo della programmazione europea finalizzato al sostegno della piccola e media impresa. Si specifica, inoltre, come risulti superata oggi in Puglia una logica di attrazione degli investimenti basata sul basso costo della manodopera ed incentivi a pioggia all’investimento, a favore di una politica di apertura ai flussi di capitale esteri basata su programmi di ricerca ed innovazione e su una strategia di specializzazione produttiva intelligente (il concetto delle 3S: Smart Specialisation Strategy).

Nonostante ciò, i margini di apertura agli investimenti internazionali sono ancora ampi. Se si considera l’incidenza delle multinazionali in regione, calcolata come il rapporto tra il numero di imprese a partecipazione estera e il numero di imprese attive in regione, la Puglia presenta un dato pari a 0,5 multinazionali ogni 1000 imprese: un dato, questo, in linea e di poco superiore se comparato a quello delle altre regioni dell’Obiettivo Convergenza, ma di molto inferiore rispetto alla media italiana, che si attesta su 2,9 multinazionali ogni 1000 imprese.

Passando al turismo e alla capacità della regione di intercettare i flussi italiani ed esteri, a fronte del calo della domanda interna, la Puglia è riuscita a mantenere una dinamica dei flussi turistici in aumento. Nel complesso, infatti, le presenze turistiche nella regione sono aumentate del 4% tra il 2010 e il 2015, grazie ad un aumento delle presenze straniere del 45%. Stesso discorso per gli arrivi (con tendenze ancora più positive). Nello stesso periodo di tempo, gli arrivi totali sono cresciuti del 10%, spinti da un aumento del 59% della componente proveniente dall’estero.

L’aumento dei flussi dall’estero, congiuntamente alla diminuzione di quelli interregionali, ha comportato la crescita della quota delle presenze e degli arrivi stranieri a circa il 20% del totale. Tuttavia, anche in questo caso, la Puglia presenta margini di miglioramento molto ampi. A fronte del 20% pugliese, la media italiana di internazionalizzazione del turismo è pari al 49% e diverse regioni del Mezzogiorno si posizionano poco al di sotto quel valore (la Sicilia al 48%, la Sardegna al 47% e la Campania al 46%).

Nella discussione si rimarca il valore delle azioni implementate dalle Istituzioni per la significativa crescita in doppia cifra del comparto turistico in Puglia negli ultimi. In particolare, si evidenzia la capacità delle politiche portate avanti negli ultimi 12 anni di creare un immaginario innovativo ed accattivante delle risorse pugliesi, nonostante limiti nella disponibilità e nella capacità di usufruire di contenitori culturali. Diversi, tuttavia, sono i tentativi in atto per rendere disponibili strutture da destinare ad uso creativo, culturale e di promozione della conoscenza, oltre che di mettere in rete itinerari turistici ed attrattori.

Si manifesta, altresì, l’esigenza di non limitarsi a programmare la disponibilità di vettori low cost, ma di immaginare politiche di mobilità integrate, tali da comprendere le aree interne nei flussi turistici e valorizzarne le potenzialità culturali, artistiche e naturali. Nella discussione, in più, emerge come condivisa la necessità di persistere nell’implementazione di strategie di promozione, che rendano appealing il prodotto pugliese, in particolare per i mercati esteri, sfruttando gli ampi margini di miglioramento nell’internazionalizzazione del turismo di cui si è detto sopra.

Tra l’altro, a parte gli ovvi benefici per il sistema Paese in termini di maggiori entrate (ma anche per i potenziali effetti di spill-over sull’export e sugli investimenti esteri), un aumento degli arrivi dall’estero contribuisce a destagionalizzare i flussi turistici, sfruttando meglio la capacità ricettiva della regione, che nel frattempo è accresciuta notevolmente (+21% di posti letto e +47% di strutture nel periodo 2008-2014, con un incremento elevato soprattutto nelle province tradizionalmente meno turistiche ma con ampie possibilità di crescita, come Taranto, Brindisi e Bari).


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