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Perché la sicurezza energetica dell’Europa è anche un interesse degli Usa

Richard L. Morningstar, sicurezza energetica

Pubblichiamo l’analisi uscita sul numero di aprile della rivista Formiche

La sicurezza energetica dell’Europa è – e dovrebbe continuare a essere – un interesse primario degli Stati Uniti. Non solo perché assicura forza in termini economici (e avere un’Europa  economicamente forte è di chiaro interesse per gli Usa), ma anche perché si pone in linea diretta con la sicurezza politica. Discorso più chiaro se si considerano le conseguenze che derivano dalla dipendenza di approvvigionamento da una singola regione, quale può essere la Russia per parte dell’Europa.

In questi termini, gli sforzi fatti dall’Ue verso un mercato integrato dell’energia sono positivi, se non addirittura cruciali. Aspetti da tenere in considerazione sono, quindi, i sistemi delle infrastrutture – laddove si parla di garantire interconnessioni per la trasmissione di gas –, e la diversificazione delle aree di approvvigionamento. Da qui, ad esempio, l’importanza dell’aumento dell’importazione di gas naturale liquefatto (Lng), compreso quello che viene dagli Stati Uniti e che costituisce uno degli interessi strategici del presidente Trump.

Un altro terreno di sviluppo molto importante è quello del corridoio meridionale che porterà gas in Europa dal mar Caspio. Infrastruttura critica anche per le risorse provenienti dal Mediterraneo orientale e di particolare interesse per le aziende italiane. L’Italia ha un ruolo centrale in questo quadro; l’auspicio è che possa presto essere individuato il punto di approdo e passaggio della conduttura del South Stream. Per la sicurezza dell’Italia altrettanto importante è mantenere stabili le connessioni del gas con i Paesi critici del Nord Africa.

L’Italia – e più in generale l’Ue – dovrebbe continuare ad avere un occhio di riguardo anche nei confronti di rinnovabili, sviluppo di altre tecnologie pulite e aumento dell’efficienza energetica. Tutti step che aiuteranno a creare un mercato integrato europeo dell’energia e a ridurre la dipendenza da una singola fonte di approvvigionamento, pur in considerazione della autorizzazione a Gazprom in relazione al progetto North Stream 2.

Parlare di sicurezza energetica significa anche parlare di cooperazione tra Stati Uniti e Ue per tutto ciò che riguarda lo sviluppo di nuova tecnologia, innovazione e ricerca. Tutti settori che dovrebbero attrarre l’attenzione dell’amministrazione Trump. Il messaggio è che queste tecnologie, oltre a ridurre le emissioni, creerebbero posti di lavoro e aumenterebbero innovazione e competitività. La cooperazione può rivelarsi importante anche nello sviluppo di tecnologie nucleari più sicure e tecnologie più pulite per lo sfruttamento del carbone, entrambe cruciali per la riduzione delle emissioni di CO2. Il Consiglio Usa-Ue per l’energia, istituito nel 2009, ha un ruolo centrale nel potenziamento di questa cooperazione.

Parlando di questi temi, il collegamento al cambiamento climatico è diretto. La politica dell’amministrazione Trump in materia potrebbe avere degli effetti a breve termine, ma non credo si debba essere pessimisti a riguardo. Innanzitutto è poco probabile che gli Stati Uniti denuncino l’accordo per il clima sottoscritto a Parigi. Tuttalpiù, la nuova amministrazione potrebbe ignorare gli impegni presi, ma in tal caso non avrebbero assolutamente nulla da guadagnare – piuttosto molto da perdere. Ci sarebbero ricadute tremende e ostacoli alla cooperazione internazionale, soprattutto con i Paesi membri Ue e con l’Ue stessa. Come accadde nel 2001 quando, durante la presidenza di George W. Bush, gli Usa si ritirarono dal Protocollo di Kyoto. Evento che ebbe effetti anche in termini di attività di business con l’Europa. Ritirarsi da Parigi avrebbe come unica conseguenza quella di cedere la leadership all’Europa e, più in particolare, alla Cina su questioni legate al clima e allo sviluppo di nuove tecnologie.

La lezione di Kyoto dovrebbe essere per noi un monito. Non a caso 300 uomini d’affari americani hanno sottoscritto una lettera  per chiedere alla nuova amministrazione che non sia fatta marcia indietro su Parigi. Le aziende riconoscono che nei prossimi 20 o 30 anni ci sarà una trasformazione nel settore energetico e che, di conseguenza, non possono rimanere indietro.

Anche se l’amministrazione Trump dovesse ridurre la regolamentazione ambientale, le forze di mercato continueranno sulla strada della riduzione delle emissioni. La rivoluzione energetica in atto si traduce nella conversione sostanziale dal carbone al gas per la produzione di elettricità; il costo delle rinnovabili sta scendendo, con conseguente aumento nella diffusione dell’eolico e del solare; il decentramento della rete sta dando ai consumatori una scelta più ampia. La conversione energetica ci sarà. A prescindere dalle scelte politiche dell’amministrazione Trump in campo ambientale.

(Traduzione di Valeria Serpentini)

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