Pregiudizi e cliché sono duri a morire. I tedeschi per esempio hanno fama di essere precisi, ordinati e assolutamente ligi alla legge. Fa dunque un certo effetto leggere sul quotidiano Die Welt un articolo dell’economista Thomas Straubhaar titolato: “Senza una bussola morale le aziende tedesche rischiano di affondare”. L’attacco scelto poi dall’illustre economista è il seguente: “Nelle aziende tedesche si truffa e si corrompe come non accadeva più da tempo”. Un grido d’allarme indotto dalla ricerca Fraud Suvey condotta a livello internazionale da EY, un’azienda di controllo bilanci. La ricerca, focalizzata sul livello di criminalità aziendale percepito (cioè frode, corruzione, affari non sempre trasparenti), ha preso in esame 4100 aziende dislocate in 41 Paesi.
Ecco alcuni dati, ripresi da un altro articolo di Die Welt, che spiegano l’allarme di Straubhaar. Alla domanda se “Tangenti e corruzione in genere, sono fenomeni diffusi nella quotidianità imprenditoriale del suo Paese?” si nota che la media delle risposte affermative a livello internazionale registra dal 2011 al 2017 una progressiva riduzione: si passa dal 46 per cento al 33 per cento. Anche in Germania le risposte affermative si riducono tra il 2011 e il 2015 dal 45 al 36 per cento, per poi schizzare però quest’anno al 43 per cento. Un risultato che tradotto significa, un collaboratore su due pensa che la corruzione sia parte integrante del mondo tedesco degli affari.
Certo, come fa notare il quotidiano, la percezione di questa impennata di attività illecite potrebbe essere dovuta anche “a un sistema di contrasto alla corruzione divenuto più efficace, e ancora a una maggior sensibilità al problema da parte dei tedeschi”. Questa interpretazione viene però, almeno in parte smentita da un’affermazione, sempre parte della ricerca, il cui risultato piazza i tedeschi di nuovo ai primi posti. L’affermazione è la seguente: “Se si dovesse presentare l’occasione, sarei disposto a un comportamento scorretto per assicurarmi un passaggio di carriera o perlomeno un benefit”. Il 23 per cento dei tedeschi interpellati ha risposto di sì, il che li posiziona al quarto posto, pari merito con bulgari, serbi, polacchi, superati – a salire –, da Turchia (28), Russia (32), Ucraina (35). Degli italiani, invece, hanno risposto affermativamente “solo” il 21 per cento. Assolutamente irraggiungibili per rettitudine fugarono i danesi con il 4 per cento e gli olandesi con il 5 per cento di risposte affermative.
Sempre tra i tedeschi il 52 per cento degli intervistati afferma di aver notato almeno una volta un comportamento poco etico nella propria impresa. La media europea si attesta invece al 45 per cento. È possibile, scrive Die Welt, che questa percezione di corruzione diffusa sia dovuta non ultimo a scandali tipo quello delle emissioni truccate della Volkswagen o dei subprime per i quali la Deutsche Bank è sotto accusa negli Stati Uniti.
Certo, i tedeschi possono essere più sensibili e magari anche impressionabili di fronte a casi di corruzione eclatanti, dunque avere una percezione leggermente distorta. La disponibilità dichiarata a ricorrere a mezzi non sempre ortodossi per fare carriera è però un dato di fatto indipendente da questi scandali. E infine, l’economista Straubhaar non si sarebbe certo occupato di questo studio se i dati non cogliessero un problema reale. Un problema che illustra attraverso il caso Argentina.
Straubhaar ricorda che un secolo fa il reddito pro capite in Argentina era più alto di una decina di punti percentuali rispetto a quello in Germania. Un vantaggio mantenuto fino alla metà del secolo scorso, quando il potere d’acquisto di una famiglia argentina era il doppio di quello di una famiglia tedesca. Negli ultimi settant’anni la situazione si è però capovolta. E oggi il reddito pro capite tedesco è di 2,5 volte superiore a quello argentino mentre il potere d’acquisto annuale è 50mila dollari contro i 21mila dollari in Argentina.
Ma come si è arrivati a questo capovolgimento? “La risposta è molto semplice” spiega Straubhaar. “La fiducia della popolazione, dei partner internazionali, dei mercati finanziari e dei capitali nella stabilità delle istituzioni argentine è andata vieppiù svanendo. In compenso hanno preso il sopravvento due tipiche malattia latinoamericane – la corruzione e il clientelismo – con devastanti effetti macroeconomici”.
Ora, la Germania certo è ben lontana da questo scenario argentino. La locomotiva tedesca gode di grande fiducia. Che però non va messa a repentaglio. E a volte è solo una questione di tempo. “Perché se i vertici aziendali perdono la bussola morale anche le maestranze perdono l’orientamento. O, peggio ancora, se i vertici imbrogliano, i dipendenti non capiscono perché non farlo a loro volta. Per cui” conclude Straubhaar, “se si vuole risparmiare alla Germania la dolorosa via argentina, è necessario correre velocemente ai ripari. Perché la domanda sulla tenuta del sistema posta recentemente dal costituzionalista Udo di Fabio non si pone solo circa la sicurezza e la capacità delle istituzioni di difendere i cittadini. Si pone anche quando si parla di rispetto delle norme e capacità di farle rispettare”.