Ci siamo. Dopo oltre un anno di trattative, due rinvii e qualche malumore, il Milan il 13 aprile è diventato cinese. Un destino strano: si passa da un presidente conosciuto in tutto il mondo come Silvio Berlusconi ad uno poco noto, perfino a Pechino, Li Yonghong. Sì perché fino all’ultimo, oltre al timore che saltasse l’affare per la mancanza di liquidità, c’è stato il mistero su chi fosse il capo cordata destinato a prendere le redini dei rossoneri.
Questa volta infatti non siamo in presenza del classico uomo-partito che diventa manager per volere del governo come fino ad oggi siamo stati abituati a conoscere i paperoni del Celeste Impero. Ma di un broker finanziario, classe 1969, nato nel Guangdong, che per arrivare a comprare il Milan si è dovuto far prestare il denaro dal fondo statunitense Elliott (circa 180 milioni di euro), mettendo a garanzia tutti i suoi averi. Che non sono comunque pochi.
Si parla di un patrimonio personale di circa 500 milioni di euro. Mister Li possiede infatti attività in Cina a suo nome ma anche a nome della moglie, Miss Huang. Fra quelle intestate a lui si segnalano soprattutto le partecipazioni in aziende dell’imballaggio ma anche del possesso di miniere di fosfati e di immobili. Proprio quest’ultima sembra l’attività più importante del broker, che possiede una quota del 28% di un palazzo di 48 piani a Guangzhou: il New China Building. Un grattacielo, dedicato ad uffici e i negozi, valutato circa un miliardo di euro. La quota posseduta da Mister Li tramite la holding Xu Renshuo varrebbe complessivamente circa 280 milioni.
Insomma questo quarantottenne che va in giro spesso in t-shirt piuttosto che in giacca e cravatta è un imprenditore che ha saputo cavalcare il boom del real estate cinese con il quale è riuscito ad arricchirsi. La scelta di lanciarsi alla conquista del club rossonero sembrerebbe motivata dal desiderio di diversificare il proprio portafoglio per il timore che la bolla sul mattone cinese – dopo quella americana – possa prima o poi scoppiare.
Che sia spregiudicato, quanto furbo, lo raccontano anche le cronache locali. Lo Shanghai Zhengquan, quotidiano finanziario e di proprietà della Xinhua (Nuova Cina), agenzia di Stato e colosso dell’informazione, ha scritto che il futuro proprietario del Milan alla fine degli anni Novanta è stato al centro di una truffa ai danni di 18mila risparmiatori che avevano investito i loro denari in aziende attive nel campo dell’agricoltura sostenibile e invece hanno visto dissolversi tutti i loro soldi: oltre 100 milioni di euro. La società coinvolta, Sanda Zhuangyuan, aveva come amministratori proprio mister Li, il padre Naizhi Li, e i fratelli Hongqiang Li e Yongfei Li. Per la cronaca, i due fratelli di Yonghong sarebbero latitanti dal 2004 dopo una condanna al carcere per truffa.
E – anche se Li ha smentito categoricamente la ricostruzione del quotidiano cinese – qualche dubbio è rimasto. Perché le sue attività sono varie e multiformi. Possiede infatti una quota dell’11% (valore circa 120 milioni di euro) nella Zhuhai Zhongfu Enterprise, attiva nel packaging delle bottiglie per Coca Cola e Pepsi e quotata sullo Shenzhen Stock Exchange. Attività a cui si dedica anche la moglie Miss Huang che ha intestata una società la Zhuhai Zhongfu Plastic Bottling valutata circa 40 milioni di euro.
Altro settore in cui mister Li ha le mani in pasta è quello dei fosfati: possiede una quota del 75% pari a 65 milioni di euro in un’azienda molto attiva nel comparto dei minerali. È in questo settore che lui ha poi conosciuto altri due uomini destinati a far parte dell’avventura rossonera: Lu Bo, direttore generale del fondo Haixia e l’imprenditore Xu Renshuo. Entrambi faranno parte del nuovo cda che manderà in pensione Adriano Galliani e soci dopo oltre trent’anni di onorata carriera.
Sembra inoltre che Silvio Berlusconi non vorrà proprio far parte di questa nuova avventura e avrebbe rinunciato alla carica di presidente onorario. Il closing è oramai alle battute finali e sarà davvero strano sabato, alla viglia della Pasqua, vedere il primo derby a San Siro interamente cinese. Che andrà in onda all’ora di pranzo – mai successo nella storia ultracentenaria dei due club – proprio per fare un favore ai cinesi che, con il fuso orario, staranno comodamente in poltrona a vedere la tv. I nuovi padroni del calcio, almeno a Milano, sono loro.