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La lavagna magica di Steve Bannon

Martedì 2 maggio il famoso rabbino/politico americano Shmuley Boteach è andato alla Casa Bianca per il gala organizzato nel giorno della festa dell’Indipendenza di Israele e si è scattato una foto con Stephen Bannon – i due si conoscono, perché Boteach, noto come “Rabbi Shmuley” ha scritto in passato per Breitbart News, il sito fondato da Bannon. La foto è stata scattata nell’ufficio di Bannon (che potremmo definire colui che è stato l’ideologo del trumpismo ancora prima che Donald Trump si candidasse e che adesso occupa il posto di stratega politico della Casa Bianca) ed è diventata poco dopo motivo di interesse. Perché? Perché sullo sfondo, dietro ai due sorridenti, c’è una lavagna cancellabile piena di scritte a pennarello che ricalcano i principali punti programmatici su cui si sta dirigendo l’azione di governo dell’amministrazione.

Probabile sia stata una scelta comunicativa, più difficile di una distrazione, fatto sta che ai 240mila follower (e all’indotto social) del rabbino è bastato zoommare sulla foto per leggere elencati molti dei claim elettorali che lo staff di Trump sta cercando di trasformare in policy. Philip Bump del Washington Post dice che Bannon era assolutamente consapevole del risalto successivo alla pubblicazione dell’immagine, e con questo era completamente a suo agio.

Bannon occupa un ufficio al primo piano della West Wing che si trova tra quello del genero di Trump, Jared Kushner (diviso dalla Studio Ovale solo dalla dining room e dallo studio presidenziale), e quello del capo dello staff Rience Priebus; dietro a questa disposizione si potrebbe aprire un saggio estetico, tanto i tre rappresentano tre linee di potere nell’inner circle presidenziale, Bannon è il rivoluzionario nazionalista, Kushner è l’establishment centrista e globalista, Priebus è il tradizionalismo repubblicano, per dirla con una sintesi rapida quanto sommaria. Forse Bannon voleva comunicare qualche messaggio agli altri hotspot del potere trumpiano? È noto che all’interno della corte del presidente è in atto uno scontro di potere.

Dell’esistenza della lavagna cancellabile nello stretto (come gli altri) ufficio di Bannon ne aveva già scritto una delle star del giornalismo politico americano, Ryan Lizza del New Yorker. Una sorta di simbolo: “Bannon e la sua war room sono il cuore dello sforzo per trasformare la campagna populista di Trump in un’agenda politica che può passare al Congresso o essere attuato mediante azioni esecutive” scriveva Lizza. A vedere la lavagna si capisce perché.

Divisi per argomenti, “pledges” impegni c’è scritto, ci sono tutti i temi della campagna elettorale che hanno permesso a Trump di vincere: “costruire il Muro col Messico”, “tagliare i fondi alle città santuario”, “sospendere l’accoglienza dei rifugiati siriani”, “triplicare il numero di agenti ICE (che su alcuni film li sentiamo chiamare “quelli dell’immigrazione”), poi sotto un impegno non precisato “ritirare, negoziare, rinegoziare” e si può supporre temi economico-commerciali e ancora sopra la riforma delle tasse: in cima “repeal and replace Obamcare”. Alcune frasi portano a fianco delle spunte.



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