Nel 1997, la riforma attuata con l’emanazione del decreto Ronchi ha messo in moto un processo culturale che ha ribaltato completamente la cultura della gestione dei rifiuti: non più scarti ma risorse, con la creazione di nuove competenze e opportunità occupazionali; non più discariche ma infrastrutture diffuse e imprese innovative.
L’Istituzione del Conai, Consorzio nazionale imballaggi, è stata una risposta ad un problema ambientale legato alla gestione degli imballaggi che in quegli anni venivano smaltiti prevalentemente in discarica. Il sistema dei Consorzi degli imballaggi ha permesso di avviare a riciclo da poco meno di 190 mila tonnellate nel 1998 a poco più di 4 milioni di tonnellate del 2016. In 20 anni il tasso di riciclo in Italia è cresciuto più del doppio rispetto alla media europea. Un modello di eccellenza con importanti e misurabili benefici ambientali, sociali ed economici.
Sono questi i dati emersi all’assemblea pubblica del consorzio presieduto da Roberto De Santis (in foto), durante la quale è stato presentato il bilancio dei primi 20 anni di attività.
Dal 1998 sono stati avviati a recupero complessivamente 50 milioni di tonnellate di imballaggi, permettendo al nostro Paese di passare dal 31% del 1998 al 67% nel 2016, superando ampiamente gli obiettivi fissati dalla legge. Con questi risultati si è evitata la costruzione di 130 nuove discariche e l’immissione in atmosfera di 40 milioni di tonnellate di CO2.
Dal punto di vista economico, il risparmio generato in 20 anni è stato di circa 1,2 miliardi di euro. Nel solo 2016 il riciclo gestito dal Conai e dai Consorzi di filiera ha prodotto benefici per oltre 900 milioni di euro.
Questi dati economici hanno comportato un risvolto occupazionale consistente: le imprese che in Italia si occupano della gestione dei rifiuti sono oltre 6 mila, con 155 mila addetti. A queste vanno aggiunte ulteriori 3 mila imprese, con 180 mila addetti, che si occupano del recupero dei materiali avviati a riciclo, come cartiere, vetrerie e acciaierie.
Lo strumento che ha permesso di raggiungere questi risultati è stato l’accordo quadro tra l’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani, e il Conai. Questo accordo ha incentivato lo sviluppo della raccolta differenziata da parte delle amministrazioni locali e il conferimento dei materiali raccolti ai consorzi di materiali, con il conseguente riconoscimento ai Comuni nei 20 anni di circa 4 miliardi di euro: dagli iniziali 153 milioni del 2000 si è arrivati ai circa 450 milioni erogati nel 2016.
I risultati complessivi ottenuti dal sistema Paese ci consentono di presentarci pronti alle prossime sfide che ci vengono dall’Unione Europea. I nuovi ambiziosi obiettivi di riciclo contenuti nel pacchetto sull’Economia circolare, attualmente in discussione a Bruxelles, sono stati già raggiunti dall’Italia con 10 anni di anticipo: 65% al 2025; l’Italia ha superato il 67% nel 2016 e può guardare con una certa tranquillità al raggiungimento del 75% al 2030.
Vanno tuttavia segnalate anche le difficoltà nella gestione dei rifiuti che si riscontrano in special modo in alcune aree del Paese in ritardo nell’avvio di piani per la raccolta differenziata. E ancora all’instabilità dei mercati delle materie prime secondarie e al consolidamento del mercato dei riprodotti.
La sfida che attende le aziende italiane del settore riguarda innanzitutto la transizione da un modello di consumo lineare ad uno circolare. Non più dalla “culla alla tomba”, come si diceva fino a ieri, ma “dalla culla alla culla”. Come venti anni fa con il decreto Ronchi, nel prossimo futuro con il pacchetto sull’Economia circolare cambia il paradigma nella gestione dei rifiuti e degli imballaggi in particolare. Le imprese devono essere pronte ad avere, come nel 1997, un ruolo guida nel mettere ad economia le risorse che possono essere estratte, quotidianamente, dai cosiddetti “giacimenti metropolitani”.