I mercati azionari europei hanno registrato un’elevata sovra-performance sul mese terminato. Come ho sottolineato lo scorso weekend, i rischi politici per i paesi dell’Eurozona dovrebbero ridursi nell’arco dei prossimi due anni. Inoltre, l’Eurozona dovrebbe beneficiare di una solida crescita globale nei prossimi sei mesi e i leading indicator mostrano solidi fondamentali a livello domestico. Infine, la ripresa dell’Eurozona sta generando solo una lieve pressione inflazionistica. Il calo dell’inflazione sui prezzi alla produzione nel mese di marzo evidenzia che la reflazione era prevalentemente riconducibile al precedente rialzo del petrolio e questo dovrebbe spingere Draghi a mantenere una politica monetaria accomodante per quest’anno.
Al contrario, si registrano segnali di un lieve indebolimento nel trend di ripresa del settore manifatturiero dei Paesi Emergenti. Il nostro leading indicator, l’ELIT, ha registrato un calo questo mese sui Paesi Emergenti Asiatici. Inoltre, il continuo rialzo dei tassi da parte della Fed non gioca a favore dei Paesi Emergenti. Il prossimo rialzo è previsto per giugno e, qualora tale stima dovesse rivelarsi corretta, aumenterà la pressione sulla Banca Centrale cinese. Nel complesso, le condizioni finanziarie globali sono state migliori del previsto grazie al rialzo dei mercati, tuttavia, a nostro avviso, difficilmente potranno registrare un ulteriore miglioramento. In particolare, il rialzo dei mercati creditizi sembra giunto al termine.
In un contesto del genere monitoriamo con attenzione l’attuale diminuzione del prezzo del petrolio, che potrebbe avere un impatto negativo sui mercati creditizi. Come abbiamo sottolineato a metà marzo, il ribasso del 10% del prezzo del petrolio nel giro di una settimana a marzo è stato uno dei primi segnali che la reflazione dovuta al petrolio era arrivata a termine. Da allora, il prezzo del petrolio non è stato in grado di sostenere un recupero e non mancano i rischi che potrebbero determinare un ulteriore calo.
In primis, secondo l’Oil & Gas team di Exane BNP Paribas, si dovrà aspettare fino alla fine dell’anno per vedere i livelli delle scorte globali di petrolio sul livello medio degli ultimi 5 anni. In questo contesto, il potere di mercato dei paesi dell’OPEC dovrebbe essere debole. Inoltre, in linea con la nostra teoria dei cicli a lungo termine, i periodi caratterizzati da una bassa crescita nominale (Stagnazione) sono stati storicamente accompagnati da un calo del petrolio. Senza dimenticare che il numero di piattaforme petrolifere americane é in aumento in un momento in cui la produzione da nuovi pozzi diventa più efficiente. Infine, il break even del petrolio é diminuito drasticamente passando da 50 dollari a 40 dollari a barile (cf grafici in basso). Detto ciò, questo significa che il prezzo del petrolio potrebbero scendere a 45 dollari o addirittura toccare un livello ancora inferiore.
In conclusione, il prezzo del petrolio avrà un impatto determinante nel breve termine. Una brusca diminuzione del prezzo del petrolio potrebbe far scaturire timori su uno scenario simile a quello del 2015, con conseguenti pressioni al ribasso sui mercati creditizi. Anche se l’Eurozona si trova a metà ciclo, il ciclo economico statunitense/globale è maturo. Per questo, è molto sensibile alle condizioni nei mercati creditizi. Il nostro indicatore dell’appetito per il rischio (OGRI) mostra che il calo dell’appetito per il rischio ha principalmente interessato le commodities e i titoli di stato americani. Ma una diminuzione del prezzo del petrolio potrebbe innescare un rischio di contagio su altre asset class. Al momento non ci troviamo in una situazione di tal tipo ma si tratta di un rischio da non sottovalutare.