Quando sono nato – era l’inizio del 1941 – l’Europa era in guerra. Le truppe naziste erano dilagate in tutte le direzioni dopo aver sconfitto in poche settimane la Francia ed invaso gli altri Paesi. Resisteva soltanto la Gran Bretagna sotto le bombe della Luftwaffe. Gli Stati Uniti non erano entrati ancora nel conflitto: lo faranno nel dicembre di quell’anno dopo il proditorio attacco giapponese a Pearl Harbour. Per fortuna gli Alleati (insieme all’Urss) vinsero la guerra e –pur in mezzo a crisi e difficoltà – consentirono al Vecchio Continente di rinascere nella libertà, di svilupparsi e vivere in pace. Purtroppo perché questa condizione di democrazia e di benessere fosse condivisa da tutti i Paesi dovettero passare alcuni decenni ed assistere al crollo del Muro di Berlino e, con esso, dell’Impero sovietico. In quegli anni, dopo la svolta del 1989 (due secoli dopo la Rivoluzione francese), constatammo che l’imprevedibile può accadere e pensammo di essere giunti alla fine della storia. Purtroppo non è stato così: siamo costretti a misurarci con altri nemici esterni ed interni in una battaglia che non è ancora vinta.
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Nato in un’Europa a rischio di essere soggiogata ad una spietata dittatura, penso che morirò in una comunità libera, civile, accogliente. E soprattutto mi abituerò ad osservare il presente con occhi diversi da quelli del passato. Morirò in un’Europa Carolingia, salda intorno all’asse franco-tedesca, i due Grandi Paesi che sono rimasti custodi dei valori in cui sono cresciuto e per i quali ho combattuto tutta le vita.
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Usa e Regno Unito per me non sono più nazioni-guida. Angela Merkel lo ha capito in occasione del G7 di Taormina. Tornata in patria a condurre la campagna elettorale, ha spiegato che l’Europa non ha più “padrini” né “salvatori”, ma deve imparare a fare da sé.
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Che l’esito del vertice di Taormina sarebbe stato deludente l’aveva anticipato un giovane e brillante studioso di affari europei come Roberto Castaldi, il quale aveva scritto, in un articolo su Il Tirreno, che: “Non siamo più il centro del mondo. Nessuno si occuperà per noi della nostra sicurezza, come si è visto anche al vertice Nato. Solo unita l’Europa sarà ancora nel G7 tra 10 anni. Dobbiamo prenderci la responsabilità del nostro destino, di garantire sicurezza e benessere ai nostri figli. Possiamo farlo solo uniti”.
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Ci sarà davvero un Governo Draghi dopo le elezioni politiche? Si vede proprio che lassù qualcuno ci ama.
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Mi è arrivato un video che io giudico nefando. Compare Matteo Renzi che, in tema d’immigrazione, ricorda che un secolo fa quella vita agra toccava a noi italiani. Non lo avesse mai detto. Ecco che compaiono giovani africani che si lamentano perché nell’albergo che li ospita non c’è wi-fi, perché il cibo non è buono e quant’altro. Ad ogni manifestazione di questi “ospiti” pretenziosi, si intromettono anche riprese in bianco e nero di nostri connazionali che lavorano nelle miniere, nella costruzione di reti ferroviarie, davanti agli altiforni. È un paragone che non regge. In Italia ci sono certamente “ospiti” che pretendono troppo ed offendono il Paese che li accoglie. Ma ci sono milioni di stranieri che fanno “girare le macchine” nelle officine, che accudiscono i nostri anziani, che raccolgono gli ortaggi e la frutta, che lavorano nelle cucine degli alberghi.