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Cosa non va nel Def del governo

def, Rocco Palombella

L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro. L’articolo 1 della Carta Costituzionale è il fondamento del Paese dal 1946 in poi, quando la scelta repubblicana prevalse su quella monarchica. La scelta degli elettori che parteciparono il 2 giugno di quell’anno alla consultazione referendaria fu inequivocabile. Proprio alla vigilia della celebrazione in onore della Repubblica è bene ritornare sul tema del Lavoro, e sul valore dell’eguaglianza che è soprattutto garantito, nel rispetto dell’articolo 3 della Costituzione, dal Lavoro stesso. L’Italia ha bisogno di investimenti pubblici. Mentre negli altri Paesi europei la ripresa si è ormai avviata, da noi la crescita è vicina allo zero. Siamo gli unici tra i 28 Paesi europei ad avere il prodotto interno lordo che sale meno dell’ 1%! Il nostro Pil si aggira sui 1.700 miliardi di euro. Se non ci sarà una vera crescita, non si possono creare posti di lavoro. In Italia diminuiscono i posti di lavoro e quelli che si creano sono discontinui e precari. I dati della disoccupazione in Italia sono allarmanti: è infatti al 12%, mentre quella giovanile al 40%. Il debito pubblico supera i 2 mila miliardi ed è tra i più alti d’Europa e tra i primi tre nel mondo e, nonostante le innumerevoli riforme, continua a crescere.

L’Italia è in assoluto il Paese con il maggior peso fiscale sia sui lavoratori dipendenti e pensionati, che sulle imprese. Nonostante i vari annunci da parte dei vari governi, il peso fiscale continua ad aumentare, raggiungendo livelli sempre più alti e sfiorando il 45%. È anche il Paese dove l’evasione e l’elusione fiscale non ha eguali. I dati forniti dallo stesso ministero dell’Economia indicano una cifra da capogiro: 110 miliardi di euro all’anno! Fino a quando ci saranno imprenditori che dichiareranno di guadagnare di meno dei propri dipendenti vuol dire che non si è imboccata la strada giusta. L’evasione fiscale, oltre ad essere un fatto di cui vergognarsi è un fenomeno che mette a repentaglio l’equità e la giustizia sociale. Infatti, alimenta anche la malavita organizzata perché uno dei fenomeni non solo irrisolti, ma che addirittura tende ad aumentare, è il fenomeno della corruzione. Questa penosa questione non riguarda solo la pubblica amministrazione, ma coinvolge ampi strati della società in modo orizzontale. Fin quando non ci sarà una vera volontà politica, questi  problemi rappresentano il cancro della nostra Italia. Fare impresa in Italia è difficile a causa di una burocrazia troppo spesso fine a se stessa, costosa e inefficiente. Una burocrazia che più delle volte non è un alleato, ma un ostacolo al libero sviluppo dell’impresa.

Per quanto riguarda la mobilità, un esempio significativo è la nostra rete autostradale. Nel 1980 era più estesa di quella francese e 3 volte più lunga di quella spagnola. Ebbene, oggi la Francia ci supera del 75% e la Spagna del 65%. A tutti questi problemi se ne aggiunge un altro che è la conseguenza di scelte  sbagliate: in Italia i ricchi, in questo periodo di crisi, sono diventati  sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Dobbiamo diffidare da chi dice che la crisi economica è finita e che la produttività sta aumentando: ciò che sta veramente aumentando in Italia sono le disuguaglianze sociali. Purtroppo, i poveri aumentano sempre di più. Attualmente sono 4,6 milioni, e il banco di prova lo abbiamo nella sanità. Dodici milioni di italiani hanno smesso di curarsi, di effettuare visite mediche specialistiche e esami di laboratorio. L’Italia che continua a ritenersi il terzo Paese più industrializzato in Europa e tra i primi nel mondo, non può continuare a tagliare risorse per la formazione professionale e per la formazione scolastica. Abbiamo istituti e strutture universitarie vecchie e inadeguate sia sul piano edilizio che a livello didattico. I moduli formativi non sono all’altezza delle sfide che il futuro ci pone. Tra le migliori 500 università al mondo, quella italiana risulta al 139esimo posto. I nostri ricercatori per poter lavorare sono costretti ad andare fuori dall’Italia. Se non corriamo subito ai ripari, il nostro Paese diventa un posto invivibile per tutti.

Una volta dicevamo che il nostro Paese sarebbe diventato un Paese di anziani. Invece, giovani e pensionati sono accomunati dallo stesso destino: emigrare altrove. I giovani vanno via dall’Italia per cercare di trovare un posto di lavoro all’estero. I pensionati vanno via per evitare di trascorrere la propria vecchiaia in una situazione di povertà. Sono 470 mila i pensionati per cui l’Inps spedisce la pensione all’estero. In tutto il mondo le pensioni non vengono tassate e in alcuni Paesi il costo della vita è molto inferiore rispetto all’Italia. Dieci anni fa gli italiani residenti all’estero erano 3 milioni, mentre oggi sono oltre 5 milioni. Le riforme che i vari governi hanno realizzato in questi anni, anziché creare sviluppo, anziché diminuire le disuguaglianze, hanno prodotto un risultato opposto. Le riforme del mercato del lavoro hanno aumentato la precarietà, hanno aumentato l’età pensionabile, hanno eliminato gli ammortizzatori sociali in una fase di grande crisi ed hanno aumentato le disuguaglianze sociali. Il nostro Paese non ha bisogno di riforme e di leggi speciali. Bisogna cambiare le leggi che ci sono. Il nostro Paese è diventato un grande supermercato dove le multinazionali vengono per fare shopping. Mentre negli anni precedenti si insediavano in Italia e continuavano a produrre con i nostri stabilimenti, adesso acquistano gli stabilimenti per tenerli chiusi e produrre all’estero, laddove il costo del lavoro, il sistema di tassazione e la burocrazia sono più favorevoli rispetto all’Italia.

L’ Italia continua a indebolirsi e rischia di privarsi di aziende importanti, come Alitalia, Ilva, l’ex Lucchini, cercando di scaricare le responsabilità sui lavoratori. Il documento di Economia e Finanze (Def) predisposto dal governo in questi giorni non va bene. Prevede 14 miliardi di investimenti in meno. Fa una previsione di crescita del Pil molto bassa, intorno all’1,1% per il 2017, destinato a scendere negli anni successivi, molto al di sotto dei 28 Paesi dell’Unione Europea. Sono stati tagliati i fondi (500 milioni di euro) per la non autosufficienza, sono diminuiti i finanziamenti sul welfare. Manca un’azione energica per la revisione della spesa: un’azione concreta per razionalizzare la macchina della Pubblica amministrazione. Purtroppo, nonostante gli innumerevoli annunci, non ci sono gli interventi necessari per la riduzione generalizzata di imposte e tasse sul lavoro, pur essendo l’Italia tra i Paesi più industrializzati dove il costo del lavoro è più alto.

La bassa crescita economica contribuirà in maniera determinante alla stagnazione dell’occupazione. Senza il recupero del potere d’acquisto, dei salari e delle pensioni, l’economia non ripartirà! Da queste piazze di oggi deve partire un messaggio chiaro ed inequivocabile! I lavoratori, i cittadini, gli studenti sono stanchi di questa politica! Sono stanchi di vedere il proprio Paese arretrare! Sono stanchi di vedere aumentare la povertà, le disuguaglianze, le differenze di genere! Dobbiamo risvegliare quell’orgoglio di essere italiani che nonostante i due conflitti mondiali siamo riusciti a ricostruire un Paese dilaniato dalle guerre. Dobbiamo essere orgogliosi nelle nostre eccellenze nel settore industriale, dal punto di vista culturale, scientifico, medico, agricolo. È questo l’orgoglio che noi dobbiamo riscattare! Dobbiamo aumentare i posti di lavoro, dobbiamo eliminare il disagio sociale. Ecco perché anche nel giorno della Festa della Repubblica continueremo a dedicarci al Lavoro, una passione che non passa.



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