È un Paolo Mieli in versione come al solito più pompiere che incendiario, quello che ieri ha presentato il libro di Ferruccio de Bortoli. Un Paolo Mieli che, fra un complimento e l’altro, è stato sì debortoliano ma neppure troppo. Ecco alcune pillole della serata milanese.
IL NUOVO CASO BOSCHI-ETRURIA
Ieri pomeriggio al teatro Franco Parenti di Milano c’era il gotha dell’editoria italiana, o quantomeno di quella milanese. L’ex direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli doveva presentare il suo libro “Poteri forti (o quasi)”. Un libro su cui da un paio giorni si concentra l’attenzione di buona parte del mondo politico, economico e finanzario. Questo per le anticipazioni del passaggio in cui l’autore parla di Banca Etruria e di Maria Elena Boschi, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio. Scrive De Bortoli: “Maria Elena Boschi nel 2015 (all’epoca era Ministro delle Riforme, ndr), non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria”. Una rivelazione dall’effetto dirompente, trattandosi – almeno in apparenza – di un interessamento di un membro del governo Renzi per la banca di cui era vicepresidente Pierluigi Boschi, padre dell’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio. L’ex ministro ha annunciato querela.
MIELI E DE BORTOLI, DUE DIRETTORI, DUE IDEE
Al netto delle reazioni della politica, resta il caso giornalistico. Un caso che Mieli, pur auspicando un approfondimento, è sembrato voler sminuire. Lo ha fatto con il consueto garbo e largo dispiego di sorrisi, ma tornando più volte sull’argomento, e non senza rifilare qualche soave e comunque affettuosissima (per carità) stilettata “all’amico Ferruccio”, seduto accanto a lui.
I due si sono alternati alla direzione del Corriere per circa 20 anni. Hanno molto in comune, ma anche molto che li divide. Mieli, a partire dall’endorsement a Prodi del 2006, ha fatto parlare di sé anche per le sue chiare posizioni, l’ultima delle quali si è registrato in occasione del referendum costituzionale. Qui Mieli ha tenuto una linea a favore alle riforme renziane, seppure con qualche critica. Di certo, chi non pare neanche lontanamente renziano, è De Bortoli: per lui il segretario del Pd era un “giovane caudillo” e un “maleducato di talento”.
MIELI: “COMPRATE IL LIBRO E STRAPPATE PAGINA 209”
Mercoledì, sul palco di Milano, Mieli ha ripetutamente fatto riferimento alla pagina 209, quella della vicenda Boschi, appunto. “Comprate subito il libro – ha detto rivolgendosi alla platea, scherzando ma non troppo – Compratene tre copie e strappate pagina 209, perché il libro regge ugualmente senza. È bello, da leggere e da rileggere, scritto bene e misurato. Un libro pieno di notizie piccole ma significative. E parla di più per queste piccole notizie che per lo scappellotto alla Boschi…o a Ghizzoni. Vedremo a chi arriva, questo scappellotto”. Ha detto, ammiccando verso l’autore.
MIELI, TANTI COMPLIMENTI (E UN PO’ D’IRONIA)
Sia chiaro, i complimenti che Mieli ha rivolto a De Bortoli non sono stati affatto di circostanza. Come quando gli ha riconosciuto di aver sempre tenuto “la schiena dritta”. Ma anche qui, fra le righe, sembrava di cogliere una punta di ironia, in particolare sulla presunta “attitudine alla critica” di de Bortoli. “La storia di de Bortoli la conosciamo tutti – ha detto Mieli – Se avesse fatto un libro 10 anni fa saremmo stati tutti a cercare qualcosa contro Berlusconi, e lo stesso 25 anni fa con Craxi. Adesso le cercate contro Renzi. È vero, Ferruccio ha delle passioni ed essendo un uomo autentico queste passioni ci sono, ma mi permetto di dire che il valore del libro non sta nel modo in cui racconta le polemiche”.
LO “SCREZIO” SUI MANAGER
Una non perfetta convergenza di vedute è stata colta quando de Bortoli, senza mai nominarli, ha rivolto una sibillina critica ad alcuni “manager del settore privato”. “Se il paese non cresce più forse è anche a causa della perdita di peso della classe dirigente – ha argomentato De Bortoli – L’allentarsi dei poteri forti, quelli veri e responsabili nei confronti del paese, ha lasciato spazio prima ai raider e poi ai poteri trasversali, se non occulti, di questo paese. E anche a queste forme, diciamo, di manager – e sapete dove vado a sbattere – che passano da un’azienda all’altra, e magari cercano più di un tempo una serie di bonus e lasciano alle spalle qualche maceria occupazionale”. Mieli a questo punto è saltato sulla sedia. “Qui bisogna fare i nomi” ha detto. E poi, sempre in tono semiserio. “Non spaventare il pubblico. Non vorrei che avessero l’impressione che questo sia un libro che parla di economia. Io lo conosco bene, io l’ho letto bene – ha proseguito, sottolineando quell’ ”io” – È la storia di un ragazzo senza raccomandazioni che voleva fare il giornalista ed è arrivato a stare seduto al tavolo con Indro Montanelli, Enzo Biagi e Oriana Fallaci. Non è il libro denuncia su manager che prendono i bonus”. E ancora, sempre in versione pompiere: “Sappiate che ogni volta che Ferruccio fa un affondo, è un affondo lieve, sempre premesso da un’autocritica. Come a dire “forse sbaglio io”. Pure su Renzi. Anche se è un’autocritica formale, perché poi nel libro dici che è passato dal Corriere e non ti ha salutato col dovuto riguardo…”. De Bortoli, ridendo, ha precisato che nell’occasione c’era anche la Boschi. E Mieli: “E infatti li hai sistemati a dovere”.
CASO BOSCHI: UNA “VANTERIA” DI GHIZZONI?
A proposito del caso Boschi, Mieli, nel merito, ha spostato l’attenzione dal sottosegretario a Ghizzoni. “La Boschi ora deve attendere – ha detto – Il grosso della vicenda ormai se n’è andato, ma il silenzio di Ghizzoni ne è una conferma. Del resto la “cosa” c’era, sul libro di Ferruccio non avevamo dubbi. Però adesso Ghizzoni ha il dovere di spiegare dove e quando e in che modo tutto è avvenuto. Perché un conto è se l’incontro (fra Boschi e Ghizzoni, ndr) è avvenuto in un dibattito, e lei ne ha fatto un cenno. Un altro conto è se c’è stato un appuntamento. Io lo escludo, ma potrebbe anche essere stata una vanteria di Ghizzoni…”.
Mieli ha quindi sollecitato Ghizzoni “ spero di leggere, sul Corriere o su un altro giornale di domani (oggi, ndr), un’intervista che spieghi come sono andate le cose”. E ha aggiunto che in mancanza di questa, “non penserei un gran bene di Ghizzoni”. “Ora è il momento di fare chiarezza, anche perché Ghizzoni non ha parlato nel 2015, quando è avvenuto il fatto, e neppure quando la Boschi in Parlamento disse che non si era mai occupata di questa roba qui. Invece l’ha confidato a un validissimo giornalista”.
Mieli ha ipotizzato che altre banche possano essere state interpellate per salvare Etruria, “il che nulla toglie alle responsabilità della Boschi – ha precisato – Se è andata lì e ha detto: comprati la banca di mio papà è un conto…ma se quest’indagine è stata fatta anche su altre banche, e magari la sollecitazione veniva dalla Banca d’Italia, insomma…”.
I PARERI SULL’AVVOCATO
Infine c’è l’ultima stilettata, o meglio, in questo caso mezza stilettata, sempre a proposito dei manager. Parlando degli editori del gruppo Rcs, De Bortoli ha criticato direttamente, nominandoli, il presidente e l’ad di Fca John Elkann e Sergio Marchionne, “mentre ho un ricordo ben più affettuoso di Agnelli (l’Avvocato, ndr). Di cui si è parlato troppo bene in vita e troppo male dopo la morte”. “Io avevo gusti diversi sui proprietari che avevamo…” ha buttato lì Mieli, en passant.