Premesso che considero abominevolmente demagogica la polemica pressoché quotidiana contro i trattamenti riservati ai parlamentari, un tema che è ormai il clou di tanti talk show televisivi, i quali affrontano la questione dei costi della politica come se fossero sprechi tra i peggiori, essendomi trovato alcune volte a confronto con deputati europei che facevano sfoggio di virtù repubblicane e di una “verginità” garantita soltanto dal silenzio sui loro regolamenti da parte dei censori in servizio permanente effettivo, mi è venuto lo sfizio di documentarmi su come sono retribuiti e rimborsati gli eletti che, a Bruxelles e a Strasburgo, se ne stanno al riparo dalle incursioni delle procure e dalla gogna dei media.
Il mio quindi non vuole essere un esercizio polemico e neppure una fuga nel “così fan tutti”. Anzi, se un consesso autorevole come il Parlamento europeo considera giusto non trattare i propri membri come pezze da piedi, ritengo che è una prova in più che sbagliano i demagoghi di casa nostra. Cominciamo dalle fonti: lo Statuto dei deputati e le misure di attuazione dello Statuto.
Passiamo, poi, ai singoli istituti: a) l’indennità parlamentare: tale indennità è pari al 38,5 % dello stipendio base di un giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea. A titolo indicativo, l’importo lordo per il 2017 ammonta a 8.484,05 euro; dopo la detrazione di imposte e contributi assicurativi, l’importo netto corrisponde a 6.611,42 euro. Alla fine di ogni anno, l’indennità è indicizzata retroattivamente con effetto al 1° luglio. L’indennità viene erogata 12 volte a cadenza mensile e non è collegata alla presenza in aula. Le indennità percepite da un altro Parlamento sono detratte dall’indennità parlamentare, prima dell’ applicazione delle imposte; b) ulteriori benefici economici: le spese mediche, le assicurazioni, l’indennità transitoria e i diritti pensionistici; l’indennità per l’assunzione di assistenti accreditati e assistenti locali, fornitori di servizi e tirocinanti; l’indennità per spese generali (4.342 euro mensili) per tutta la durata del mandato e nei tre mesi successivi se non rieletto; le spese di viaggio (se si usa l’aereo, in business class) e di soggiorno; le spese per corsi di lingue e di informatica.
Interessante è il regime delle assicurazioni. Per quanto riguarda le spese mediche sono tutelati anche gli ex parlamentari, i superstiti, oltre al convivente e ai figli minorenni studenti e disabili. Il finanziamento del sistema di rimborso e le modalità di liquidazione delle spese sono disciplinati da un accordo di cooperazione tra il Parlamento e la Commissione sulla base delle disposizioni dello statuto e del regime comune di assicurazione malattia delle istituzioni delle Comunità europee. Sono previste, poi, assicurazioni contro gli infortuni ed una contro i furti e le perdite durante i viaggi ufficiali. Vi sono delle franchigie e dei tetti massimi di rimborso. I deputati hanno diritto a essere assistiti da collaboratori personali, da loro scelti liberamente. Il Parlamento rimborsa le spese effettivamente sostenute e risultanti interamente ed esclusivamente dall’assunzione di uno o più assistenti o dal ricorso a prestatori di servizi in conformità delle misure di attuazione e alle condizioni stabilite dall’Ufficio di presidenza.
Tornando alle spese di trasporto, per i viaggi all’interno dell’Unione europea i deputati hanno diritto ad indennità di distanza e di durata destinate a coprire tutte le spese accessorie legate al loro viaggio. Sono rimborsati, con un pacchetto di km a seconda dei Paesi, anche per i viaggi in territorio nazionale. Un deputato europeo del nostro Paese oltre al rimborso di 24 voli (andata-ritorno) se usa l’auto privata si aggiungono 24mila km l’anno.
Vi è poi l’indennità transitoria: a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine del loro mandato, gli ex deputati hanno diritto all’indennità transitoria dello stesso importo di quella ordinaria. Qualora il deputato assuma un mandato in un altro parlamento o eserciti una carica pubblica, la retribuzione relativa è detratta dall’indennità transitoria. Tale diritto è riconosciuto in ragione di un mese per ogni anno di esercizio del mandato, e comunque per un minimo di sei mesi e un massimo di ventiquattro mesi. In caso di assunzione di un nuovo mandato in un altro parlamento o di una carica pubblica, l’indennità transitoria viene versata sino all’inizio del mandato o all’entrata in carica. In caso di decesso, l’erogazione dell’indennità transitoria si conclude con il versamento effettuato nel mese in cui è avvenuta la morte.
Altro capitolo è rappresentato dalla pensione di anzianità: i deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età. La pensione ammonta al 3,5 % dell’indennità per ogni anno compiuto di esercizio del mandato e a un dodicesimo di quest’ultima per ogni ulteriore mese compiuto, sino a un massimo complessivo del 70 %. Il diritto a detta pensione sussiste a prescindere da altri trattamenti pensionistici (quindi è previsto quel cumulo tra diversi trattamenti, derivanti da mandati elettivi oltreché da attività lavorativa, che da noi è oggetto di polemica). Il pagamento della pensione di anzianità è sospeso per ogni beneficiario della pensione rieletto al Parlamento. I diritti alla pensione di anzianità acquisiti a titolo del nuovo mandato si aggiungono ai diritti maturati prima della rielezione. Il pagamento della pensione di anzianità riprende non appena il deputato cessa il suo mandato al Parlamento. Quando diversi mandati esercitati dallo stesso deputato sono separati da un periodo di interruzione, i periodi di tutti i mandati si sommano ai fini del calcolo.
E, ancora, la pensione di invalidità: il deputato che è riconosciuto portatore di un’invalidità ritenuta totale che gli impedisce di esercitare le sue funzioni e per tale motivo presenta le dimissioni ha diritto a una pensione di invalidità a decorrere dal giorno in cui le dimissioni prendono effetto. Il diritto alla pensione di invalidità cessa se il deputato non notifica le sue dimissioni entro i tre mesi successivi alla data in cui gli sia stato ufficialmente comunicato il riconoscimento dell’invalidità. L’importo della pensione di invalidità è pari per ogni anno completo di esercizio del mandato al 3,5% dell’indennità parlamentare e, per ogni mese completo supplementare, a un dodicesimo di tale somma, senza essere inferiore al 35% né superiore al 70% di detta indennità.
E’ poi riconosciuta anche una pensione detta dei superstiti ed orfani. Dulcis in fundo o in cauda venenum, a seconda dei punti di vista: l’acquisizione dei diritti pensionistici prevista dallo statuto non è soggetta ad alcun contributo da parte del deputato.