La legge 68 del 2015 sta funzionando. A due anni dalla sua approvazione il bilancio è senza dubbio positivo. Lo dicono i numeri elaborati da Legambiente (nella foto copertina la presidente nazionale Raffaella Muroni) sulle attività delle forze di polizia. Emerge dai dati delle Procure e dei Tribunali pubblicati dal ministero della Giustizia. E’ confermato dalle statistiche delle Agenzie regionali per l’ambiente. Lo sostiene la Relazione annuale della Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Con l’introduzione degli ecoreati nel Codice penale, l’Italia si pone all’avanguardia a livello internazionale nella lotta ai “ladri di futuro”.
Basta dare un’occhiata ai numeri elaborati da Legambiente sull’azione repressiva svolta dalle forze di polizia per avere un’idea del cambio di rotta in corso. Nel 2016 sono stati effettuati oltre 1200 controlli, sanzionati 574 reati, denunciate 971 persone e 43 aziende; sequestrati 133 beni per un valore di circa 15 milioni di euro; emesse 18 ordinanze di custodia cautelare.
Il quadro positivo di questo primo periodo di applicazione della legge 68 è confermato dall’ottimo lavoro di raccolta ed elaborazione dati promosso dal ministero della Giustizia. Sempre nel 2016 i dati raccolti da 87 procure, si sono registrati un totale di 265 procedimenti aperti con 446 persone denunciate. Dalla sua entrata in vigore (1° giugno 2015) la legge sugli ecoreati è stata applicata in 467 procedimenti penali con 651 persone denunciate.
Per completare il quadro, occorre ricordare la relazione sull’attuazione della legge 68, approvata lo scorso febbraio dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite al ciclo dei rifiuti. Un lavoro che prende in considerazione le informazioni assunte dalla Commissione da 167 uffici giudiziari, dalle quali emerge che circa il 60% di tali uffici ha già applicato la legge, con 74 contestazione dei nuovi delitti contro l’ambiente.
Tra le indagini più significative del 2016 è il caso di ricordare l’operazione Poseydon condotta dalla Guardia di finanza e dalla Capitaneria di porto di Taranto che ha portato a 14 arresti per i delitti di inquinamento e di disastro ambientale avvenuto nel Golfo di Taranto da parte di un gruppo di pescatori di frodo che, per razziare il più possibile i fondali, usavano come strumenti di pesca gli esplosivi.
Dal punto di vista temporale, i primi arresti sono stati effettuati ad ottobre 2016 nei confronti di 4 responsabili del Consorzio di depurazione di Chieti Scalo. L’operazione, denominata Panta Rei, gli ha contestato i reati di inquinamento ambientale, traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni dello Stato.
Tra le aziende alle quali è stato contestato il nuovo reato di inquinamento ambientale. Ha suscitato interesse l’indagine che, lo scorso novembre, ha bloccato una presunta organizzazione criminale dedita alla miscelazione di rifiuti speciali pericolosi da spacciare come “materiali ferrosi”, con destinazione le acciaierie bresciane.
L’efficacia e la portata della legge sugli ecoreati non possono essere circoscritte soltanto alle performance registrate sul fronte repressivo.
A queste va aggiunta l’importante azione preventiva, difficile da pesare statisticamente, come ha ribadito non a caso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti quando scrive che l’efficacia della legge 68 “non potrà circoscriversi alla mera quantificazione degli esiti processuali delle attività di indagine in corso, ma dovrà ricomprendere anche il dato dei comportamenti criminosi che non sono stati posti in essere per l’effetto deterrente delle nuove norme”.