“Io penso che Macron vincerà le elezioni, e se sarà capace, potrebbe far riprendere alla Francia la leadership politica dell’Europa, lasciando alla Germania quella economica. Il che è anche interesse italiano e spagnolo”. Parola di Romano Prodi, intervenuto per una Lectio Magistralis all’Istituto Luigi Sturzo di Roma, in cui ha parlato di Europa e dell’identità europea. Partendo dalle difficoltà che il vecchio continente attraversa, per guardare però “al futuro”.
I PROBLEMI DELLA GERMANIA E LO SPARTIACQUE DELLA BREXIT
Il punto del professore bolognese, due volte presidente del Consiglio, è che la Germania ha problemi a gestire la leadership perché “ha un’attitudine prevalentemente dottrinaria”. Di cui ne è una dimostrazione l’intervista rilasciata a gennaio al Corriere dal noto consulente tedesco Roland Berger, che mostra l’esistenza di una “sensibilità” verso una possibile uscita dall’euro da parte della stessa Germania. Mentre ne è il simbolo la gestione della crisi della Grecia, tacciata di essere “peccatrice”. E la Brexit, prosegue Prodi, ha cambiato tutto: “il primo regresso di un mondo che si pensava a tre”, con “l’Europa a bilanciare il potere di America e Cina”. Mostrandoci che “viviamo un momento storico in cui in cui a est e a ovest sta crescendo rapidamente il disvelo di autorità”, tale da mettere “in secondo piano il ruolo europeo”.
IL CRESCERE DELL’AUTORITARISMO, GLI ATTEGGIAMENTI DI TRUMP E LA POLITICA RUSSA
E ne vediamo gli esempi, numerosi: la Cina che ha “aumentato e concentrato il suo potere”, l’India di Modi che “è diversa dalla precedente”. Poi Filippine, Turchia, Ungheria, Polonia, Egitto. Fino agli Stati Uniti, sui quali “ci tocca riflettere”, dice Prodi: “Il presidente Trump ha cambiato posizione ogni mese”. Finita la campagna elettorale “ha trattato molto meglio la Cina”, per esempio “abolendo il trattato commerciale del Pacifico che la escludeva”, dell’Europa, verso la quale ha mostrato un “disprezzo totale”: “Ha ricevuto la May, lodato la Brexit, attaccato la Germania come tiranna e gli altri Paesi come suoi servi”. E questo per Prodi ha prodotto dei cambiamenti anche nella politica russa: “Vedere Lavrov che riceve Salvini, togliendosi pure la cravatta, è abbastanza scioccante”.
LA CINA E LA FORZA DEL MODELLO DI ESPORTAZIONE EUROPEO
In un momento in cui la definizione di Europa “unione di minoranze” non si può più dare, dice Prodi, perché dopo la guerra in Iraq è cambiata tutta la sua struttura di potere: “L’euro è il primo caso della storia che ha rotto lo schema del trattato di Westfalia e dello Stato moderno”, e “i primi anni ha funzionato benissimo, con la Cina che ha cominciato a comprare”. Poi però è arrivata la crisi economica, e “il discorso teorico dell’austerity ha bloccato tutto”. Ma nonostante la Brexit, e il fatto che “mezzo mondo guardava l’Europa con occhiali britannici”, “siamo ancora i più grandi esportatori del mondo, e protagonisti, potenziali, dell’economia mondiale”: “Il flusso di traffico oggi tra Europa e Cina è superiore a quello con gli Stati Uniti – ha osservato Prodi – e la scelta di Gentiloni di andare a Pechino, nel prossimo summit dei 28, è assolutamente strategica”.
LO SCARSO DIBATTITO NEI MOVIMENTI IN EUROPA E L’EUROPA A PIÙ VELOCITÀ
Malgrado accada che, guardando non fuori ma dentro l’Europa, “nella mente degli elettori europei il dibattito all’interno di un partito è visto come negativo”. Questo vale “per tutti i nuovi movimenti: Spagna, Italia, Francia”, con “un senso dell’autorità straordinariamente nuovo nella vita dei nostri paesi. È bene sottolinearlo”. Ed è impossibile qui non vedere un riferimento al M5S di Beppe Grillo. Tutto questo però, anche se purtroppo stavolta il professore precisa che si tratta di un’impressione individuale, potrebbe far resuscitare un nuovo “spirito patriottico europeo”: “ne è uscita una proposta nuova della Merkel”, “l’Europa a più velocità”, che lasci però “porte aperte” e giochi “in anticipo”. “Un discorso di buon senso”, dice Prodi. Fatto perché “nemmeno la Germania ha le dimensioni per giocare un ruolo attivo”, trainante.
IL RIALZARSI DELLA FRANCIA, L’EUROPEISMO DI MACRON E L’INTERESSE DELL’ITALIA
Per queste ragioni la Francia potrebbe rialzare la testa, cercando di imboccare questo percorso “di progresso” all’inizio in un settore dove le conviene di più, come l’energia o le politiche sociali, per passare poi a quello della difesa. “Questo è possibile, ma ci vuole una grande finezza di Macron. E io non ho mai visto un programma così fortemente ed esplicitamente filoeuropeo, nemmeno con Mitterrand. Non ha usato nessuna prudenza, pensando magari a non lasciare scoperto il campo antieuropeista della Le Pen”. E se la Francia acquista forza, conclude il professore, “l’acquista anche l’Europa, perciò è l’occasione di fare necessità virtù. Per me è interesse italiano, spagnolo, francese”.