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Vi spiego il papocchio di Trump su Fbi, Mueller e Russiagate. Parla Jean

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Il presidente americano Donald Trump ha risposto in modo feroce alla decisione del dipartimento di Giustizia – un ministero sotto la sua amministrazione – di nominare un procuratore speciale per portare avanti le indagini sulle connessioni tra il suo comitato elettorale e la Russia. “È la più grande caccia alle streghe su un politico della storia americana” ha scritto in un tweet uscito sul suo account personale, da sempre il principale spazio di comunicazione del presidente. Tant’è che i toni un pò pacati della conferenza stampa, tenuta in serata insieme all’omologo colombiano, sono passati quasi in secondo piano.

“E invece è evidente che la decisione presa dal Dipartimento è un tentativo per ricostruire credibilità”, commenta con Formiche.net il generale Carlo Jean, presidente del Centro Studi di Geopolitica Economica, docente all’Università Guglielmo Marconi, Link Campus University. “Tra l’altro, colui che è stato nominato è un personaggio prestigioso. Robert Mueller è stato capo dell’Fbi con amministrazioni repubblicane e democratiche. Un elemento di garanzia, uno specialista al di fuori di ogni sospetto, una scelta che dà il senso della volontà di sistemare le cose”.

Eppure anche su questo Trump ha attaccato: in un altro tweet – contenente un errore ortografico prontamente sottolineato dal Merriam-Webster e poi corretto – ha stigmatizzato ancora la scelta della Giustizia, criticando l’assenza di un procuratore speciale per “tutti gli atti illegali commessi da Hillary Clinton e dall’amministrazione Obama” (non è chiaro a cosa si riferisse di specifico, ma forse parlava della vicenda Emailgate di Clinton e delle accuse alzate contro Barack Obama, che lo avrebbe fatto spiare).

Che cosa esce dalla vicenda Comey – licenziamento e pressioni – all’occhio di un esperto del settore? “È abbastanza evidente ormai che il taglio del capo dell’Fbi sia collegato a una questione profonda: Comey non voleva obbedire alle direttive del presidente. Impensabile che il licenziamento in un momento così delicato, con l’indagine sul Russiagate che corre, non si sarebbe portato dietro un fall-out politico. Ora Trump è sotto il fuoco dei democratici, ma ci sono molti repubblicani, dal senatore John McCain in avanti, che chiedono chiarimenti. In tutto questo c’è un grande insegnamento: Comey che non obbedisce agli ordini, agli inviti, del presidente dimostra che negli Stati Uniti l’alta amministrazione ha un rigore etico. Non si sottomette alla politica. Un concetto a volte astratto qua da noi”.

Ora Mueller può portare avanti l’indagine e formulare eventuali capi di accusa. “Lo special counsel avrà ampissimi poteri. Potrà arrivare ad alzare capi di accusa. Che potrebbero anche toccare Trump”. Credibile un impeachment di cui si sta spesso parlando? “Non mi pare la situazione. “Innanzitutto il Senato lo bloccherebbe come per esempio successe con Bill Clinton, perché entrambe le Camere sono in mano ai repubblicani. Poi dobbiamo ricordare che mai nessun presidente è stato rimosso da un impeachment”.

Di certo, però, aggiunge Jean, si tratta di “una situazione imbarazzante”. Da qui, sull’altra grande questione del momento: le informazioni di intelligence che Trump avrebbe spifferato ai russi. “Dobbiamo fare una distinzione sui contenuti: Trump ha parlato di agenti infiltrati e di aspetti così sensibili? Allora a mio avviso siamo davanti a un reato, perché ha compromesso questioni di sicurezza nazionale. Altrimenti, se ha dato meno dettagli, la cosa è sicuramente più leggera”. Ma c’era un fine? “Trump potrebbe averlo fatto come modo per sensibilizzare i russi alla lotta allo Stato islamico. Si sa che è un suo obiettivo. Ma non si può escludere che lo abbia fatto per vantarsi o perché non avesse chiaro il valore dei processi che stanno dietro a determinate informazioni”. Di certo, conclude Jean, “la perdita di prestigio americana è stato enorme: pensiamo che in mezzo alla situazione caotica di questi giorni negli Stati Uniti si è inserito il presidente russo Vladimir Putin dicendosi disponibile a fornire le informazioni mancanti alle eventuali indagini del Congresso americano. Ne avranno riso al Cremlino”.

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