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Perché serve abbattere il cuneo fiscale. Le attese di Federmanager

Senza una vera cultura manageriale l’Italia non riuscirà a voltare pagina e a ripartire definitivamente. Una necessità cui se ne accompagna un’altra: l’introduzione di giovani e qualificate professionalità all’interno delle imprese e della pubblica amministrazione, in modo da garantire gambe e respiro al processo di ammodernamento e sviluppo del Paese.

L’APPUNTAMENTO

Sono questi due dei messaggi principali emersi nel corso dell’assemblea annuale di Federmanager che è si è svolta ieri all’auditorium Augustinianum di Roma. All’appuntamento – introdotto dalla relazione del presidente dell’associazione Stefano Cuzzilla e chiuso dall’intervento del direttore generale Mario Cardoni – hanno partecipato, tra gli altri, il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura Gianfranco Ravasi, Gianni Letta, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio per le Politiche europee Sandro Gozi e il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci.

I MANAGER, I GIOVANI E LE IMPRESE

Un’esigenza confermata pure dai dati diffusi durante l’assemblea. Il numero dei manager nell’ultimo anno è aumentato nel complesso dell’1%, soprattutto per merito però degli over 55 che hanno fatto registrare una crescita del 6%. Stabile l’andamento tra i 45 e i 55 anni, mentre al di sotto dei 40 le cose sono andate molto peggio: -3,2% in un solo anno. Con una riduzione tra il 2011 e il 2016 del 47,7%, in pratica un manager su due.

LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA

Grande spazio nella relazione di Cuzzilla al tema dello sviluppo tecnologico, di cui il presidente di Federmanager ha parlato in termini di occasione per il sistema Paese. A condizione però di scommettere con decisione sul futuro, così da cogliere le opportunità che questa rivoluzione porta con sé: “Il tema non è la tecnologia. Il tema vero è consentire la modernizzazione del Paese attraverso un piano nazionale di sostegno alla crescita del capitale umano“.

PAROLA D’ORDINE INVESTIMENTI

Una priorità che, tradotta concretamente, vuol dire soprattutto più investimenti. “Nel sistema dell’istruzione, nella formazione professionale continua, nell’alternanza scuola lavoro, in ricerca e sviluppo“, ha affermato Cuzzilla. Che poi ha aggiunto: “Se non si cresce, non si crea occupazione. E non si cresce per decreto. Serve un progetto Paese che sia orientato a formare professionisti migliori e sia capaci di trattenerlo a casa propria“.

PICCOLO NON È BELLO

L’Italia – ha amaramente constatato il presidente di Federmanager – “cresce meno di qualsiasi altro Paese in Europa e le stime per il 2017-2018 non indicano alcun miglioramento“. Urge dunque invertire la rotta,e per riuscirci – ha affermato ancora Cuzzilla – c’è solo una cosa da fare: “Non si cresce se non si fa industria“. In questo senso sembra arrivato il momento di superare un vecchio assioma dell’economia italiana: “Il piccolo non solo non è più bello ma rischia di essere spazzato via“. A tal proposito il presidente di Federmanager non ha lasciato spazio alle interpretazioni: “Ciò che manca per fare un salto di qualità è una crescita dimensionale delle imprese italiane. Troppo piccole, troppi familiari. Davvero crediamo di poter essere competitivi con oltre il 94% di imprese industriali con meno di dieci dipendenti?“. Un ragionamento supportato dai numeri. “Dal nostro osservatorio” – ha osservato ancora – “emerge chiaramente che anche nel 2016 le cessazioni dirigenziali si sono verificate nelle imprese più piccole, mentre quelle di medie dimensioni hanno mostrato una vivacità che va supportata“.

I CONSIGLI DI FEDERMANAGER

Tra gli interventi sollecitati da Federmanager, Cuzzilla ha posto l’accento in particolare sulla questione fiscale: “E’ necessario riformare l’Irpef che è di fatto un’imposta sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni, e operare una netta riduzione del cuneo fiscale e contributivo“. E, ancora, le politiche attive del lavoro, la burocrazia e la giustizia: “Chiediamo che sia più certa e veloce“. E poi anche la lotta all’evasione fiscale, a dire dei manager troppo poco praticata dal governo: “È forse la più grande assente dal progetto Italia“.

L’EXECUTION CHE NON C’È

Un quadro in chiaroscuro, in miglioramento rispetto al passato, ma non ancora sufficiente a rimettere completamente in moto il Paese. Anche perché – ha sottolineato il direttore generale di Federmanager Cardoni – “c’è un altro aspetto sul quale l’Italia e in particolar modo la sua pubblica amministrazione sono ancora indietro: l’execution“. E, cioè, quella capacità tipica dei manager di dare attuazione alle regole e di produrre risultati reali chiaramente quantificabili e misurabili. “Ed infatti ci sarebbe un gran bisogno di un’iniezione di cultura manageriale a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica, sia centrale che territoriale“, ha rilevato ancora Cardoni.

LA VERSIONE DI RAVASI

Molto applaudito dalla platea l’intervento del Cardinal Ravasi, che ha citato, tra gli altri, Sant’Agostino, Gandhi e Primo Levi. A margine dell’assemblea, invece, parlando con Formiche.net ha posto l’accento sull’importanza di “due parole chiave: economia e lavoro“. La prima – ha specificato – “è molto diversa da finanza perché richiama il senso di una casa comune da costruire insieme all’insegna dei valori condivisi“. Il lavoro, invece, “è una vera e propria vocazione: una possibilità che a troppi oggi viene però negata. Ciò vuol dire mancanza di un’esistenza autentica, che non consente a moltissimi uomini e donne di vivere la vita in maniera completa“.

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