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Vi racconto la mia rottura definitiva con la Fiat di Elkann e Marchionne. Firmato: de Bortoli

Sergio Marchionne e John Elkann

In occasione delle elezioni del 2013, l’allora segretario del PD e candidato premier Pier Luigi Bersani propose a Massimo Mucchetti di candidarsi al Senato. Massimo me ne parlò e io lo sconsigliai vivamente. Avemmo anche uno scambio di opinioni sul giornale. Lui che spiegava le ragioni della sua scelta, io che gli comunicavo tutto il mio dissenso.

(IL CIUFFO DI DE BORTOLI SI ABBATTE SU BOSCHI. LE FOTO DI PIZZI)

Lo stesso Bersani mi chiamò per annunciarmi la proposta. Fu cordiale, come sempre. Io tenni, ovviamente, la posizione. Certo, lo scenario politico cui pensavano sia Bersani sia Mucchetti non si avverò. Che cosa mi preoccupava in quel frangente? Di sicuro, la perdita di uno straordinario giornalista e commentatore d’economia. E il fastidio di dover dare un po’ ragione a Sergio Marchionne e a John Elkann che avevano, fino ad allora, mal sopportato le critiche di Mucchetti alle scelte della FIAT, intravedendone finalità extra-giornalistiche. Un giorno io e Mucchetti andammo a pranzo con Marchionne a Torino, al Lingotto.

(DE BORTOLI E I POTERI FORTI. GALLERY-STORY/1)

Ci accompagnò il capo ufficio stampa della FIAT, una persona dai modi squisiti e di grande professionalità come Simone Migliarino. Marchionne disse a Mucchetti: “Ho contato i pezzi che ha scritto contro di me sul ‘Corriere’, sono quarantaquattro”. Imbarazzo generale, rotto dalla risata di Marchionne che poi accettò anche di farsi intervistare. La difesa delle opinioni di Mucchetti, che è stato un analista corretto e spietato, mi è costata molto nel rapporto con l’azionista torinese. Forse, persino la rottura definitiva.


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