L’Italia ha votato contro una risoluzione su Gerusalemme che l’Unesco ha approvato oggi: una revisione soft di quella con cui si smaterializza il rapporto storico tra il popolo ebraico e il complesso religioso della Città santa. “Ho dato precise istruzioni di voto al Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unesco: votare ‘no’ contro l’ennesima risoluzione politicizzata su Gerusalemme, tra l’altro nel giorno di un’importante festa nazionale israeliana. La nostra opinione – ha spiegato il ministro degli Esteri Angelino Alfano – è molto chiara: l’Unesco non può diventare la sede di uno scontro ideologico permanente in cui affrontare questioni per le cui soluzioni sono deputate altre sedi”.
LA RISOLUZIONE
La risoluzione, nonostante il voto dell’Italia e nonostante mesi di sforzi israeliani, è comunque passata con 22 voti a favore, 10 contrari, 23 astensioni. Il comitato esecutivo dell’Unesco (l’organo delle Nazioni Unite che si occupa di cultura e protezione del patrimonio artistico, formato da 58 stati a rotazione fra i 195 che compongono l’Onu), il 13 ottobre 2016 ha varato a larga maggioranza una prima bozza di una risoluzione (presentata il giorno precedente da Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Sudan, Oman e Qatar) che minimizza il rapporto fra gli ebrei e il principale luogo religioso di Gerusalemme, la cosiddetta “Spianata delle moschee”, che sia i musulmani che gli ebrei considerano sacro. In tutto il documento viene indicato solamente con il nome islamico, Al Ḥaram Al Sharif, e mai con quello ebraico Har HaBayit, come segnale evidente di un distacco con la cultura ebraica che invece gli israeliani rivendicano. Queste forzature di forma sono state eliminate nella bozza approvata oggi, ma il governo israeliano sostiene che comunque resta aggressiva e politicizzata. Come ricordato anche da Alfano, non è la prima volta che l’Unesco approva risoluzioni anti-israeliane (la questione è sostanzialmente legata al fatto che l’agenzia è composta spesso da paesi che non amano o che non hanno interesse verso le istanze israeliane). Negli ultimi anni è già successo nel 2010, nel 2015 e nei primi mesi del 2016. Al momento dell’approvazione delle prima bozza, il governo di Tel Aviv sospese ufficialmente i rapporti con l’agenzia dell’Onu, e per giorni la questione occupò le prime pagine dei giornali.
ROMA TRA I CONTRARI
La posizione presa da Roma oggi, data in cui si festeggia lo Yom Haazmaut, il 69esimo anniversario dell’Indipendenza di Israele, secondo il capo della diplomazia italiana dovrebbe essere “un segnale molto chiaro” che l’Unesco deve comprendere. Già sei Paesi, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Estonia, Lituania, Paesi Bassi, avevano votato contro, mentre l’Italia era tra i 24 che per il momento si erano astenuti – altri 24 sono stati i favorevoli. Il giorno successivo al voto, la direttrice dell’Unesco, Irinia Bokova, ha diffuso un comunicato in cui prendeva le distanze dalla risoluzione.
I GRAZIE ISRAELIANI
Amit Zarouk, il portavoce dell’ambasciata israeliana in Italia, stamattina ha scritto quattro tweet ringraziando il governo di Paolo Gentiloni per la sensibilità dimostrata dal governo italiano. Un plauso alla decisione italiana è arrivato anche dall’ambasciatore israeliano presso l’UNESCO, Carmel Shama-Hacohen, che ha detto che Roma è stato il primo paese ad esprimersi apertamente – sostenuto poi da anche da Grecia, Togo, Ucraina e Paraguay, mentre dei sei che si erano già espressi mesi fa l’Estonia oggi si è astenuta. Il vice ministro degli Esteri Tzipi Hotovely ha invece commentato che nel giorno in cui Israele festeggerà l’Indipendenza, l’Onu voterà per “impedirgli di avere sovranità sulla propria capitale”: si tratta di una decisione assurda, “senza fondamento storico”, che fa venir meno il ruolo dell’agenzia, ha continuato Hotovely su Ynet, criticando la troppa politicizzazione dell’UNESCO (“È diventata una delle armi palestinesi per far propaganda contro Israele”).
CONSEGUENZE?
La risoluzione non modificherà dal punto di vista pratico la situazione – non sono coinvolti fondi economici o restrizioni sulla gestione – però la decisione ha un forte valore simbolico per Israele. La collina su cui si trova il complesso religioso in questione è un contesto unico al mondo. In uno spazio limitato vi si trovano tre luoghi considerati sacri dalle tre principali religioni monoteiste. C’è a Cupola della Roccia e la mosche di al Aqsa, che segnano il luogo sacro all’Islam da dove Maometto è salito al cielo; c’è il Muro del Pianto, residuo del Tempio di re Salomone, il luogo più sacro dell’Ebraismo distrutto dall’invasione romana nel 70 d.C.; c’è la Basilica del Santo Sepolcro, costruita nel luogo dove il Cristianesimo ritiene sia stato sepolto Gesù. Gli israeliani ne rivendicano il controllo, e da dopo la guerra del 1967 la considerano la vittoria più simbolica della propria storia – riconquistarla è parte della contronarrativa dei gruppi estremisti palestinesi, come Hamas, che lunedì ha accettato di implicitamente di discutere una soluzione a due stati senza citare Israele, ma che considera Gerusalemme, e la Spianata, come l’obiettivo finale delle propria lotta armata.