La #GuerradiParole è un confronto dialettico che ha l’obiettivo di premiare la squadra maggiormente in grado di difendere la propria tesi con argomentazioni credibili e sintetiche, senza perdere la calma, sbraitare o insultare. Un sofisticato esercizio di auto-controllo e di civiltà, che consiste nell’affermare le proprie ragioni solo con lo strumento pacifico della parola. Le gare di retorica hanno l’obiettivo di preparare i partecipanti ad affrontare la vita e il lavoro, contesti in cui è inevitabile confrontarsi con opinioni diverse.
Il 6 maggio 2017, nel carcere di Regina Coeli di Roma, si è tenuta la seconda edizione della #GuerradiParole tra studenti di Tor Vergata e detenuti di Regina Coeli. Il tema del dibattito era la post verità: fino a che punto è giusto omettere la verità, dire bugie o “sparare bufale” per ottenere ragione o avere il consenso. Entrambe le squadre hanno dovuto sostenere una posizione e il suo contrario: la verità a tutti i costi e la possibilità di avvalersi di qualche bugia, di tanto in tanto.
Anche quest’anno hanno vinto i detenuti. Perché la vita vince sempre, o quasi. Soprattutto quando si riesce interpretare la teoria attraverso il filtro delle esperienze personali. Ma gli studenti, va detto, sono stati coraggiosi, creativi, spiritosi, geniali. Hanno avuto l’entusiasmo di chi esplora i propri limiti e capisce che è possibile andare oltre.
“La Guerra di Parole – ha spiegato Flavia Trupia, presidente di PerLaRe e moderatrice dell’evento – porta nuovamente al centro il tema della retorica, una tecnica che riesce a dare gambe e respiro alle idee. Oggi abbiamo avuto la prova del fatto che la retorica non è appannaggio dei letterati, ma riguarda ognuno di noi. Tutti possiamo imparare a parlare meglio, a difendere le nostre ragioni e le nostre idee attraverso lo strumento pacifico della parola”.
Particolarmente attuale e utile per il dibattito politico di questi giorni è stata però la prima edizione della #GuerradiParole, tenuta il 9 marzo 2016 sempre nel carcere romano di Regina Coeli. Il tema era relativo ai limiti della legittima difesa.
Vista l’attualità del tema, può essere utile richiamarne alcuni aspetti. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione per il rilancio della retorica (PerLaRe – presidente Flavia Trupia e vice-presidente Andrea Granelli) ed è stata tecnicamente una disputatio utramque partem cioè un confronto serrato fra due squadre che richiede – a metà del dibattimento – un’inversione dei ruoli: chi ha sostenuto una tesi, deve poi sostenere quella opposta. L’obiettivo di questo antico metodo retorico – purtroppo caduto in disuso perfino nei licei classici – non è tanto convincere gli oppositori delle proprie tesi ma – in ultima istanza – comprenderne le ragioni, avvicinare le posizioni, soprattutto quelle (spesso apparentemente) più distanti.
Una giura di esperti – tra cui la linguista Valeria della Valle (presidente della giuria), Alessio Falconio (direttore di Radio Radicale) e Alberto Matano (conduttore del TG1 delle 20) – hanno decretato come vincitori i detenuti.
Sono emersi molti spunti interessanti, utili – crediamo – al dibatto odierno e che restituiscono la complessità del tema e le molte sfaccettature. Di seguito un estratto delle argomentazioni più incisive e appassionate. In ogni caso la registrazione audio integrale è disponibile qui e a cura di Radio Radicale
- Le riflessioni più efficaci
- Ci vuole sempre una seconda chance di fronte all’errore
- Gli eroi lasciamoli sui libri, nella realtà affidiamoci allo Stato
- Crescendo nella difesa dei nostri diritti … dove ci fermiamo ?
- Una cosa è la difesa della persona e una cosa è la difesa delle cose
- Sempre più spesso il furto è necessità, non professione … e allora basterebbe poco per far scappare via questo tipo di ladro
- Vi sono anche menti “violente” che cercano pretesti per sparare … dobbiamo considerare la pericolosità sociale di certi individui che voglio armarsi a tutti i costi per difendersi da un nemico invisibile (che nel profondo del loro cuore spererebbero davvero di incontrare)
- Se uccidi qualcuno – chiunque esso sia – affoghi nella sua stessa pozza di sangue
- Non si è mai preparati difronte alla morte, di fronte al togliere la vita a una persona.
- Se succedesse proprio a te? Se tuo figlio fosse ucciso per un banale incidente dovuto alla libera circolazione delle armi, saresti sempre a favore?
- Se hai un’arma, per definizione la impugni; ma magari non hai dimestichezza, non sei pronto e il ladro, vedendoti armato e impaurito (e quindi imprevedibile), quasi sicuramente reagisce … ed è più veloce e più determinato di te.
- Altre riflessioni
- Come si stabilisce la pericolosità di un soggetto? Le armi rischiano di complicare le cose. Conosciamo le dinamiche dell’”animale braccato che reagisce in maniera sproporzionata”
- Chi si prende la responsabilità di “creare un assassino”?
- Bisognerebbe imparare a usare le armi prima di mostrarle; altrimenti rischiamo di farci più male … ma l’addestramento, purtroppo, non è solo tecnico ma si fa “sul campo”
- La vendetta non è un diritto, l’arma non è una risposta;
- In casa mia io sono lo sceriffo e quindi attenti al cane ma soprattutto attenti al padrone!
Il potere dell’esercizio e la ricchezza degli stimoli ricevuti da chi ha partecipato sono stati davvero notevoli. Uno per tutti il commento finale di un detenuto che – dopo la proclamazione dei vincitori (i detenuti) – ha chiesto di fare una breve considerazione personale: “Io nella mia vita ho fatto il ladro. Una sera un ladro è venuto a casa mia e io ho reagito …”. Quanto spesso le nostre classificazioni manichee – basate sua una netta e rassicurante separazione fra bene e male – si sbriciolano al semplice confronto con la vita.