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Il difficile equilibrio della legittima difesa

Di Andrea Granelli e Flavia Trupia
Per la retorica, legittima difesa

La #GuerradiParole è un confronto dialettico che ha l’obiettivo di premiare la squadra maggiormente in grado di difendere la propria tesi con argomentazioni credibili e sintetiche, senza perdere la calma, sbraitare o insultare. Un sofisticato esercizio di auto-controllo e di civiltà, che consiste nell’affermare le proprie ragioni solo con lo strumento pacifico della parola. Le gare di retorica hanno l’obiettivo di preparare i partecipanti ad affrontare la vita e il lavoro, contesti in cui è inevitabile confrontarsi con opinioni diverse.

Il 6 maggio 2017, nel carcere di Regina Coeli di Roma, si è tenuta la seconda edizione della #GuerradiParole tra studenti di Tor Vergata e detenuti di Regina Coeli. Il tema del dibattito era la post verità: fino a che punto è giusto omettere la verità, dire bugie o “sparare bufale” per ottenere ragione o avere il consenso. Entrambe le squadre hanno dovuto sostenere una posizione e il suo contrario: la verità a tutti i costi e la possibilità di avvalersi di qualche bugia, di tanto in tanto.

Anche quest’anno hanno vinto i detenuti. Perché la vita vince sempre, o quasi. Soprattutto quando si riesce interpretare la teoria attraverso il filtro delle esperienze personali. Ma gli studenti, va detto, sono stati coraggiosi, creativi, spiritosi, geniali. Hanno avuto l’entusiasmo di chi esplora i propri limiti e capisce che è possibile andare oltre.

“La Guerra di Parole – ha spiegato Flavia Trupia, presidente di PerLaRe e moderatrice dell’evento – porta nuovamente al centro il tema della retorica, una tecnica che riesce a dare gambe e respiro alle idee. Oggi abbiamo avuto la prova del fatto che la retorica non è appannaggio dei letterati, ma riguarda ognuno di noi. Tutti possiamo imparare a parlare meglio, a difendere le nostre ragioni e le nostre idee attraverso lo strumento pacifico della parola”.

Particolarmente attuale e utile per il dibattito politico di questi giorni è stata però la prima edizione della #GuerradiParole, tenuta il 9 marzo 2016 sempre nel carcere romano di Regina Coeli. Il tema era relativo ai limiti della legittima difesa.

Vista l’attualità del tema, può essere utile richiamarne alcuni aspetti. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione per il rilancio della retorica (PerLaRe – presidente Flavia Trupia e vice-presidente Andrea Granelli) ed è stata tecnicamente una disputatio utramque partem cioè un confronto serrato fra due squadre che richiede – a metà del dibattimento – un’inversione dei ruoli: chi ha sostenuto una tesi, deve poi sostenere quella opposta. L’obiettivo di questo antico metodo retorico – purtroppo caduto in disuso perfino nei licei classici – non è tanto convincere gli oppositori delle proprie tesi ma – in ultima istanza – comprenderne le ragioni, avvicinare le posizioni, soprattutto quelle (spesso apparentemente) più distanti.

Una giura di esperti – tra cui la linguista Valeria della Valle (presidente della giuria), Alessio Falconio (direttore di Radio Radicale) e Alberto Matano (conduttore del TG1 delle 20) – hanno decretato come vincitori i detenuti.

Sono emersi molti spunti interessanti, utili – crediamo – al dibatto odierno e che restituiscono la complessità del tema e le molte sfaccettature. Di seguito un estratto delle argomentazioni più incisive e appassionate. In ogni caso la registrazione audio integrale è disponibile qui e a cura di Radio Radicale

  • Le riflessioni più efficaci
    1. Ci vuole sempre una seconda chance di fronte all’errore
    2. Gli eroi lasciamoli sui libri, nella realtà affidiamoci allo Stato
    3. Crescendo nella difesa dei nostri diritti … dove ci fermiamo ?
    4. Una cosa è la difesa della persona e una cosa è la difesa delle cose
    5. Sempre più spesso il furto è necessità, non professione … e allora basterebbe poco per far scappare via questo tipo di ladro
    6. Vi sono anche menti “violente” che cercano pretesti per sparare … dobbiamo considerare la pericolosità sociale di certi individui che voglio armarsi a tutti i costi per difendersi da un nemico invisibile (che nel profondo del loro cuore spererebbero davvero di incontrare)
    7. Se uccidi qualcuno – chiunque esso sia – affoghi nella sua stessa pozza di sangue
    8. Non si è mai preparati difronte alla morte, di fronte al togliere la vita a una persona.
    9. Se succedesse proprio a te? Se tuo figlio fosse ucciso per un banale incidente dovuto alla libera circolazione delle armi, saresti sempre a favore?
    10. Se hai un’arma, per definizione la impugni; ma magari non hai dimestichezza, non sei pronto e il ladro, vedendoti armato e impaurito (e quindi imprevedibile), quasi sicuramente reagisce … ed è più veloce e più determinato di te.
  • Altre riflessioni
    1. Come si stabilisce la pericolosità di un soggetto? Le armi rischiano di complicare le cose. Conosciamo le dinamiche dell’”animale braccato che reagisce in maniera sproporzionata”
    2. Chi si prende la responsabilità di “creare un assassino”?
    3. Bisognerebbe imparare a usare le armi prima di mostrarle; altrimenti rischiamo di farci più male … ma l’addestramento, purtroppo, non è solo tecnico ma si fa “sul campo”
    4. La vendetta non è un diritto, l’arma non è una risposta;
    5. In casa mia io sono lo sceriffo e quindi attenti al cane ma soprattutto attenti al padrone!

Il potere dell’esercizio e la ricchezza degli stimoli ricevuti da chi ha partecipato sono stati davvero notevoli. Uno per tutti il commento finale di un detenuto che – dopo la proclamazione dei vincitori (i detenuti) – ha chiesto di fare una breve considerazione personale: “Io nella mia vita ho fatto il ladro. Una sera un ladro è venuto a casa mia e io ho reagito …”. Quanto spesso le nostre classificazioni manichee – basate sua una netta e rassicurante separazione fra bene e male – si sbriciolano al semplice confronto con la vita.

 

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