“Una patrimoniale sulle attività finanziarie per avere 50 miliardi all’anno per cinque anni da utilizzare ai fini di sviluppo”. E’ la proposta di Giovanni Dosi, economista vicino al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Dosi ha partecipato ieri a un convegno organizzato dai Pentastellati alla Camera. Ecco chi c’era e cosa si è detto.
INNOVAZIONE A 5 STELLE
Lo Stato nell’economia, una presenza ingombrante, datata, quando non addirittura scomoda oppure un prezioso alleato nella ripresa? Per il M5S ci sono pochi dubbi. Se i privati combinano disastri allora meglio una mano pubblica, purché sappia maneggiare i comandi. La riflessione è stata al centro ieri di un lungo dibattito alla Camera, dal titolo che è tutto un programma: lo Stato innovatore. Oltre a professori vicini al movimento pentastellato, hanno partecipato esponenti di spicco dei Cinque stelle, e non solo dei Cinque Stelle, tra cui Laura Castelli, Davide Casaleggio, Nunzia Catalfo, Luigi Di Maio, Giorgio Airaudo, Massimo Mucchetti e Rocco Palese.
PIU’ STATO, MENO MERCATO
Il M5s punta dunque sull’innovazione e sul ruolo dello Stato per promuoverla. Il punto di partenza è il seguente? “La crisi ci ha dato una lezione fondamentale e cioè che lo Stato non deve ritirarsi, non può lasciare la guida della collettività al mercato e a una finanza autoreferenziale che ha danneggiato l’economia reale. Ma al tempo stesso il settore pubblico non può intervenire in maniera confusa, alla ricerca dei titoli di giornale, del consenso facile. I soldi degli italiani non vanno sprecati”, è la vulgata grillina emersa dal convegno a Montecitorio. In altre parole, si è speso tanto e male, quando invece bastava garantire investimenti mirati nei settori più in difficoltà dell’economia. Sono stati citati alcuni settori come le Tlc, alias la privatizzazione di Telecom, equiparata dai convenuti a una sorta di regalo, e i trasporti.
MEGLIO LO STATO DEI PRIVATI
Ma per Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e candidato premier in pectore per M5S, la situazione si può ancora migliorare. Soprattutto se, come annunciato a margine dell’evento il Movimento “è pronto per governare”. Lo Stato “può fare di più e meglio. A differenza dei privati, lo Stato dispone delle risorse, del tempo e della visione d’insieme per affrontare il rischio di investire in tecnologie ancora inesplorate. Dunque può e deve assumere un ruolo di Stato innovatore nella società, guidando e coadiuvando l’azione dei privati nella scoperta, sviluppo e commercializzazione delle nuove tecnologie”.
MA A UNA CONDIZIONE
C’è però una condizione essenziale, senza la quale è meglio starsene fermi. Non deve esserci ombra di conflitto di interesse. “Ogni tipo di intervento nello Stato o nell’economia presuppone un concetto basilare: chi sta al governo non deve avere conflitti di interesse che impediscano gli interventi o le modifiche dello Stato al modello economico. Dobbiamo eliminare ogni forma di conflitto di interesse perché la politica sia libera di agire per il bene del Paese”, ha chiarito Di Maio.
ROTTAMARE IL FISCAL COMPACT
Non bisogna però mai dimenticare che essendo in un contesto europeo, non si può pensare di fare rivoluzioni senza prima ammorbidire, se non accantonare, alcune regole europee. E qui è il turno dei professori, rappresentati per l’occasione da Giovanni Dosi, direttore dell’Istituto di economia al Sant’Anna di Pisa. Nulla si può fare se non mette in soffitta il Fiscal compact, che strozza le economie. “L’austerità e la flessibilità hanno fallito. bisogna liberarsi dal cappio del fiscal compact” e puntare sugli “investimenti. Solo così si possono creare nuovi posti di lavoro”, ha spiegato Dosi. “Bisogna partire dal riconoscere che l’austerità è fallita, non solo in termini di crescita, ma anche di rientro dal debito”.
QUALE IMU, MEGLIO LA SUPER PATRIMONIALE
Il professore poi ha affrontato il tema delle risorse con cui finanziare gli investimenti. Toccando uno dei temi più caldi ovvero il pressing dell’Europa per la reintroduzione dell’Imu. “Va introdotta per una questione di giustizia ma non porta a casa molti soldi. Piuttosto io proporrei un’imposizione straordinaria sulle attività finanziarie: non vuol dire portare via i soldi alle vecchiette, ma colpire i grandi patrimoni finanziari che se lo possono permettere e sono alti perché non hanno mai pagato le tasse”. E una volta trovate le risorse, su cosa investire? “Riassetto del territorio, ricerca medicina e nel welfare per modelli innovativi di accudimento degli anziani e dei disabili”. E ancora, prosegue Dosi: “rilanciare la ricerca universitaria, industria 4.0 fatta sul serio, ambiziosa come quella tedesca, e poi il verde”.
IL REDDITO DI CITTADINANZA
Dosi negli scorsi giorni ha apprezzato il reddito di cittadinanza proposto da M5S, come si rileva da un’intervista al Fatto Quotidiano, e indicato anche le coperture: “I Cinque Stelle dovrebbero dire che gli 80 euro sono stati un’elemosina degradante, quindi basta. Molti di quei soldi, per la verità, non sono neppure stati spesi, sono andati a rimborsare debiti o sono diventati risparmio perché avevano paura. Il reddito di cittadinanza verrebbe percepito come un reddito vero, che verrebbe usato come fonte di sostentamento, con effetto moltiplicatore più alto sulla spesa”. Ci sono coperture più semplici da ottenere?, chiede Stefano Feltri del Fatto. Risposta di Dosi: “Io aumenterei anche le aliquote dell’Irpef sopra i 100.000 euro, dal 43 al 45 per cento, poi magari 48 sopra i 250.000. L’idea che le tasse fanno male alla salute è sbagliata”.
L’IMPOSTA STRAORDINARIA SULLE ATTIVITA’ FINANZIARIE
Altra ipotesi per “reperire risorse” utili allo sviluppo, secondo Dosi, è “la proposta di Pietro Modiano: una patrimoniale sulle attività finanziarie, per avere 50 miliardi all’anno per cinque anni. Le attività finanziarie detenute da italiani sono 3500 miliardi circa. Escludendo tutte le categorie più deboli di risparmiatori, si può comunque intervenire”.