Fratelli di Francia,
La Francia s’è desta;
Dell’elmo di Macron
S’è cinta la testa.
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Il 9 maggio era la Festa dell’Europa. Questa volta l’ha celebrata a Parigi. Alla faccia di chi le vuol male.
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La netta affermazione di Emmanuel Macron – il quale non ha rinunciato ad alcuna delle sue convinzioni per spartirsi il consenso malato di un populismo da bar Sport (è questo il livello di elaborazione dei partiti e dei movimenti appartenenti a quella genìa) – dimostra che la peste scoppiata in Europa (ed esportata Oltreoceano) non si debella con le cure omeopatiche, ma con una terapia d’urto; senza concedere nulla.
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Macron insegna a noi tutti di cambiare atteggiamento ed approccio nei confronti del populismo. Fino ad oggi li abbiamo trattati come se le loro motivazioni di fondo fossero giuste, ma a lungo sottovalutate. In pratica, finiamo per infilarci da soli nella gogna che loro hanno preparato. Abbiamo concesso loro di tracciare il perimetro delle regole etiche della politica e ci siamo adeguati ai loro diktat. Come se avessimo un peccato originale da scontare. Dobbiamo spezzare la catena del dare loro ragione, anche se la esprimano in forme trucide. Non sono possibili “compagni” che per ora “sbagliano”, ma degli inesorabili avversari. Ed hanno semplicemente torto. Il “vaffa” dobbiamo cominciare a dirlo noi.
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Onore a Il Foglio che lunedì 8 maggio ha pubblicato un lungo articolo di Loris Zanatta dal titolo “Il Papa populista”. È venuto il momento di chiamare le persone e le cose con il loro nome. Il sottotitolo rinchiude il senso compiuto della denuncia di Zanatta: “L’equidistanza di Francesco sulle elezioni francesi – è scritto nel catenaccio – tradisce una visione del mondo in cui la globalizzazione è il male e i nemici del mercato possono essere assolti. Perché l’agenda della Chiesa nutre il terreno dell’internazionale peronista. Inchiesta sulla matrice religiosa di un nuovo peronismo’’.
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Non si sa più nulla dell’inchiesta Consip. È la solita storia. Il kombinat mediatico-giudiziario parte in quarta appena avverte una possibilità di mettere sotto accusa la politica, ma poi si ferma al primo tornante quando non si trovano le prove e non si riescono a dimostrare i teoremi dell’accusa. A meno che non si segua l’esempio di quel procuratore che – alla stregua di Grillo – conduce le indagini con un ‘’fidatevi di me’’.
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Banca Etruria e Maria Elena Boschi. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino?