Solo negli ultimi dieci anni le aziende francesi hanno completato 190 acquisizioni sul mercato italiano, investendo 50-55 miliardi. Banche (Credit Agricole e Bnp Paribas), moda&lusso (Lvmh e Kering), alimentare (Lactalis), energia (Edf), telecomunicazioni (Vivendi ) e risparmio gestito (Amundi) sono i settori nevralgici nei quali si è concentrata l’attenzione dei gruppi d’Oltralpe. I nomi delle prede sono arcinoti: Bnl, Cariparma, Friuladria, Gucci, Loro Piana, Bulgari, Fendi, Bottega Veneta, Edison, Telecom Italia e, più di recente, Pioneer.
A questo va aggiunto che Unicredit oggi è guidata da un manager transalpino, Jean Pierre Mustier (l’uomo che ha portato a termine con successo il maxi aumento di capitale da 13 miliardi). E pure la prima compagnia assicurativa del Paese, Generali, è gestita dal francese Philippe Donnet (dopo le stagioni del defunto Antoine Bernheim). Si gioca sempre sull’asse italo-francese una delle partite più strategiche degli ultimi anni: quella per il controllo di Mediaset, oggi saldamente nelle mani di Fininvest (39,77% del capitale votante), ma ambita dalla stessa Vivendi (29,77%), nonostante l’aut-aut dell’Agcom.
È ovvio quindi che il prossimo presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron dovrà, gioco-forza, occuparsi dell’Italia. E chiunque sia il vincitore del secondo turno delle elezioni dovrà affrontare l’argomento. L’ex banchiere di Rothschild ed ex ministro dell’Economia nominato nel 2014 dal presidente uscente François Hollande, ha una visione molto europeista. Anche se non trascurerà il suo Paese: nel programma prevede tra l’altro investimenti pubblici per 50 miliardi, un alleggerimento della pressione fiscale per 20 miliardi e l’addio alle 35 ore settimanali per i giovani. Ma è altamente probabile che Macron oltre alla priorità del rafforzamento dell’asse con la Germania in ottica Ue, debba occuparsi dell’Italia. “Visti i suoi trascorsi professionali, difficilmente troverà oppositori nel sistema industriale francese. Di conseguenza anche le società transalpine impegnate in Italia si comporteranno di conseguenza, cercando una sponda nell’Eliseo”, sostengono fonti finanziarie e industriali storicamente attive sul territorio francese contattate da MF-Milano Finanza. “E se da ex ministro è certamente un uomo delle istituzioni e del sistema, è altrettanto vero che la stessa Banca di Francia ha fatto capire, con la solita moral suasion molto soft, che era il candidato presidente ideale”.
Per tale ragione, da banchiere con un trascorso importante, seppure di pochi anni, in uno dei santuari della finanza globale come Rothschild, il 39enne leader di En Marche! seguirà con attenzione l’evoluzione del gruppo Unicredit, ossia la banca più internazionale del sistema creditizio italiano. Le fonti interpellate da MF-Milano Finanza sostengono che Macron veda di buon occhio il ruolo e la missione di Mustier. Oggi l’istituto di piazza Gae Aulenti a Milano è per il 70% in mano a fondi e investitori esteri, ma prima che venisse definito e concluso il percorso della maxi-ricapitalizzazione si ipotizza con forza la pista francese che portava a SocGen. Così come un’altra sorvegliata speciale è Generali: il Leone di Trieste, dopo il tentativo di aggregazione effettuato da Intesa Sanpaolo e le mire (smentite) di Allianz e Zurich, ha in Donnet uno dei referenti principali del sistema-Paese francese. Inoltre nel capitale di Mediobanca (Unicredit è il primo socio al 13%) figura da tempo un azionista made in France come Vincent Bolloré (8%), finanziere e industriale legato da un lungo rapporto familiare e personale proprio con Macron, amico di Yannick Bolloré, il rampollo che presto potrebbe avere un ruolo di peso in Vivendi, soprattutto se il gruppo multimediale riuscirà a inglobare Havas (60%), sesto player pubblicitario su scala mondiale.
E proprio in Italia si concentrano le mire espansionistiche di Vivendi intenzionata a non mollare l’osso Mediaset, andando a cercare un asse con la famiglia Berlusconi, nonostante questa sia passata alle vie legali per tutelare i propri interessi e continui a smentire contatti e progetti comuni. Su questo fronte, almeno politicamente, Bolloré, da sempre sostenitore e soprattutto amico dell’ex presidente Nicolas Sarkozy, non dovrebbe temere contraccolpi in caso di vittoria di Macron. Oltre ai rapporti consolidati tra il politico e il finanziere vi è che Alain Minc, il noto businessman, saggista e politologo d’Oltralpe, con un trascorso manageriale anche nella galassia Cir della famiglia De Benedetti (nel 1986 lo volle Carlo De Benedetti), mentore e sponsor del leader di En Marche!, è stato advisor di Bolloré, oltre che dello stesso Sarkozy. Minc e Macron, inoltre, si incrociarono ai tempi (2007-2008) della crisi del quotidiano Le Monde.
Il primo era il presidente del consiglio di sorveglianza del quotidiano transalpino sfiduciato dalla società dei redattori che poi, nel 2010, furono assistiti a titolo personale e gratuito dallo stesso banchiere di Rothschild intenzionato a non far finire la prestigiosa testata nelle mani del trio di investitori Pierre Bergé, Mathieu Pigasse (già vicepresidente di Lazard, storica rivale di Rothschild) e Xavier Niel, ovvero l’uomo che ha rivoluzionato il mercato della telefonia mobile in Francia con il lancio di Free. Niel, in concomitanza con lo sbarco in Italia, potrebbe ritrovarsi un inquilino dell’Eliseo ostile.
Saranno quindi le banche, la finanza e il connubio media-tlc i business d’interesse per Macron. Politico che nel privato (è sposato con l’ex professoressa del liceo, Brigitte Trogneux) pare adori trascorrere periodi di vacanza in Italia, Paese che gli viene raccontato da Enrico Letta. Il rapporto tra Macron e l’ex premier italiano è solido e fa perno sul ruolo che lo stesso Letta (insignito nel marzo 2006 dell’onorificenza di Commendatore di Francia da Hollande), ha nel mondo accademico (è professore a Parigi a Sciences-Po, Institut d’Etudes politiques de Paris) e culturale francese (presiede il think tank Jacques Delors Institut). Sempre in ambito politico-accademico, un’altra figura ascoltata da Macron è Mario Monti, conosciuto in Bruegel, il comitato di analisi delle politiche economiche, nato a Bruxelles nel 2005 e che ha avuto nell’ex premier e commissario europeo il primo presidente. Attraverso Bruegel, il leader di En Marche! è entrato in contatto anche con il finanziere George Soros. Ovviamente, nel suo mandato di ministro dell’Economia, Macron, ha avuto rapporti e li mantiene ancora con l’omologo Pier Carlo Padoan e con Matteo Renzi. Parla italiano anche una componente dello staff di En Marche!, la bresciana Caterina Avanza da anni trasferitasi in Francia (master alla Sorbona) che nel 2013 si è candidata nella lista Rivoluzione civile dell’ex magistrato Antonio Ingroia. E tra i manager di lungo corso che Macron ha incontrato negli ultimi anni figura certamente Paolo Scaroni, ex ad di Eni e dal 2014 deputy chairmain di Rothschild.
(Estratto di un articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)