Ho partecipato lo scorso 11 maggio alla presentazione del libro intitolato “L’ultimo contratto. Diario metalmeccanico” di Antonello Di Mario (Tullio Pironti Editore) e parteciperò il prossimod 24 maggio alla presentazione di “Rivoluzione metalmeccanica” di Giuseppe Sabella (Guerini e associati). È evidente che il mondo delle tute blu è tornato al centro dell’attenzione mediatica come dimostrano le due novità editoriali.
I metalmeccanici italiani, attraverso il referendum svolto nei luoghi di lavoro dal 19 al 21 dicembre 2016, hanno manifestato tutto il loro apprezzamento all’intesa contrattuale siglata da Uilm, Fim, Fiom e Federmeccanica-Assistal il 26 novembre. La vera novità del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici è che abbiamo messo al centro della futura politica contrattuale proprio il livello nazionale del Ccnl stesso.
Il libro di Antonello Di Mario, per esempio, rappresenta il diario quotidiano dei due anni che hanno preceduto questo epilogo positivo. La struttura del contratto collettivo nazionale, quindi, si conferma come la principale realtà a tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni e come fonte d’investimento sul valore delle persone al fine di accrescere ulteriormente capacità e competenze. Infatti, l’intesa in questione si caratterizza per i contenuti di assoluto livello fondati su salario, previdenza integrativa, sanità integrativa, formazione e diritto allo studio. Spetterà proprio ai rappresentanti di imprese e lavoratori nel settore metalmeccanico gestire unitariamente questo patrimonio contrattuale nei giorni a venire.
È in corso da anni il dibattito sul futuro delle relazioni industriali e sulla riforma contrattuale, ma ancora una volta l’epilogo del negoziato dei metalmeccanici servirà a dare un solido contributo in tal senso e alla crescita economica dell’intero Paese. L’aumento medio del salario, nel triennio che va dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2019, è di 92,68 euro, ma il contratto che è stato siglato si riferisce al quadriennio che va dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2019, essendo scaduto a fine dicembre 2015.
Gli aumenti retributivi riguardano, quindi, il prossimo triennio, quello che comprende gli anni 2017, 2018 e 2019. L’inflazione sarà recuperata nelle retribuzioni dei metalmeccanici non più ex ante, ma ex post. In altri termini, a partire dal 1° giugno 2017, nelle buste paga dei lavoratori entrerà un aumento pari all’inflazione verificatasi nell’anno precedente, cioè nel 2016, misurata in base all’indice Ipca e rapportata ai minimi tabellari.
Il salario minimo fissato dai vari livelli dell’inquadramento professionale crescerà, dunque, della stessa percentuale in cui, nell’anno precedente, è cresciuta l’inflazione. In questo passaggio risalta in modo evidente che i minimi contrattuali, e con essi il contratto nazionale, hanno mantenuto efficacia e senso di prospettiva. Inoltre, gli effetti dell’inflazione verranno rapportati ai salari contrattuali e non più ai salari di fatto. Il meccanismo del recupero dell’inflazione, così come definito nel 2017, sarà applicato anche al 2018 e al 2019, sempre alla scadenza di ogni mese di giugno. Va ricordato, però, che con la retribuzione di marzo 2017, è stato corrisposta anche l’erogazione di una tantum di 80 euro lordi.
Ma la capacità di accrescere reddito per i metalmeccanici sarà dovuta anche grazie ai benefici effetti del cosiddetto “welfare contrattuale”. A partire dal giugno del 2017, il contributo delle imprese al fondo “Cometa”, quello dedicato alla previdenza complementare, passerà dall’1,6 al 2% delle singole retribuzioni, senza alcun contributo aggiuntivo a carico dei lavoratori. A tutti i dipendenti metalmeccanici, nonché ai loro familiari (conviventi di fatto compresi), verrà riconosciuta l’assistenza sanitaria integrativa. Ciò a partire dall’ottobre del 2017. Secondo Federmeccanica, con un costo per l’impresa pari a 156 euro all’anno, ogni lavoratore si vedrà così assicurata una serie di prestazioni sanitarie integrative. Attraverso i Flexible Benefits, ovvero di buoni spendibili per pagare asili nido, libri scolastici e altro crescerà ancor di più il potere d’acquisto dei lavoratori. A tale voce corrisponderanno erogazioni pari a 100 euro a partire dal giugno 2017, a 150 euro dal giugno 2018 e, infine, a 200 euro dal giugno 2019, per un totale di 450 euro nel triennio. Decideremo a livello nazionale quali “benefit” usare. Il beneficio per le aziende è che per riconoscere un aumento di 100 euro non ne dovranno sborsare 200. Il governo pagherà pegno in termini di minori entrate fiscali, ma la nostra scelta contribuirà a un effettivo rilancio dei consumi. E non è finita qui.
Bisogna aggiungere il riconoscimento del diritto soggettivo dei lavoratori alla formazione permanente. Ciò significa che i dipendenti che non saranno coinvolti dalla propria azienda in specifiche attività di formazione professionale avranno diritto, nel triennio, a 24 ore di formazione extra-aziendale per due terzi a carico delle aziende, con un contributo dell’impresa che potrà arrivare fino a 300 euro.
Tornando al salario, l’intesa prevede che i premi di risultato aziendali siano totalmente variabili. Saranno assorbibili solo gli incrementi retributivi concessi a livello individuale a partire dal gennaio 2017, nonché gli elementi fissi collettivi della retribuzione previsti dalla futura contrattazione aziendale. Non assorbibili, invece, gli elementi retributivi legati alla prestazione. Le parti che hanno siglato l’intesa hanno deciso di individuare modalità diverse dalle pure erogazioni salariali, soggette all’imposizione fiscale, prediligendo le forme di welfare contrattuale, detassate. Per quanto riguarda l’inquadramento professionale si è stabilito che, nel triennio 2017-2019, potranno essere sperimentate, a livello aziendale, nuove forme di inquadramento più ravvicinate ai ruoli professionali che sono cambiati nel corso degli ultimi 40 anni. Dopodiché, partendo da queste esperienze concrete, un’apposita commissione dovrà elaborare una proposta che potrà essere inserita nel prossimo rinnovo contrattuale. A ciò si aggiungeranno forme innovative di partecipazione dei rappresentanti aziendali dei lavoratori alle attività di prevenzione, volte a combattere la rischiosità e la insalubrità degli ambienti di lavoro, nonché un più ampio ruolo delle rappresentanze sindacali unitarie, sempre a livello aziendale, nella gestione degli orari.
Insomma, un’intesa alla fine determinata con la piena condivisione tra Uilm, Fim, Fiom, Federmeccanica e Assistal, che ha rilanciato energicamente il contratto nazionale di lavoro, proprio nel momento in cui stava perdendo la sua funzione originaria. Abbiamo configurato un contratto che – mi piace ripeterlo – attraverso il solo livello nazionale, recupera l’inflazione e determina per tutti i lavoratori molteplici benefici in termini di welfare contrattuale. MètaSalute, ovvero l’assistenza sanitaria integrativa dei metalmeccanici, rappresenterà, oltre al fondo previdenziale “Cometa”, l’asse portante della bilateralità e della partecipazione a tutto tondo. Il fondo in questione crescerà ulteriormente: dal 1° ottobre potranno aderire circa un milione e mezzo di lavoratori; la copertura assistenziale varrà anche per i loro familiari. Avrà le potenzialità per coprire fino a più di tre milioni di assistiti. Abbiamo realizzato un grande contratto che condizionerà, in un modo o nell’altro, la riforma contrattuale prossima ventura. È vero, abbiamo rafforzato il primo livello contrattuale, come abbiamo tenuto in considerazione quello aziendale, che dipende dal sistema organizzativo specifico e dagli indici di produttività. Il Ccnl vive ed è più forte di prima.
Grazie a quanti ci hanno creduto. Ai lavoratori, ai nostri iscritti e dirigenti sindacali, ai simpatizzanti e a quelli che ci seguono quotidianamente con affetto e amicizia. Il contratto nazionale è il risultato di tutta questa partecipazione, che ci ha condotto a tagliare insieme il filo del traguardo negoziale. Dal 26 novembre scorso il tempo del mondo del lavoro è diventato sicuramente migliore.