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Il mito dell’autodeterminazione dei popoli

Sta tornando pericolosamente in auge il mito dell’autodeterminazione dei popoli. La Catalogna ha minacciato l’uscita unilaterale dalla Spagna se non le fosse concesso (come in realtà non dovrebbe esserle concesso, vista la pronuncia della corte costituzionale spagnola del febbraio scorso) il referendum per far esprimere il parere ai suoi cittadini. Un caso interessante, sul quale vale la pena riflettere.

Il popolo, si dice, è sovrano. Già, ma quale popolo?

Qual è il popolo (quel gruppo di individui) che ha diritto di decidere che le sue scelte abbiano un’influenza anche su altri popoli? Lasciando perdere per un momento il concetto ambiguo di “popolo”, quale individuo ha diritto di decidere su opzioni che hanno un impatto anche su altri? Quale sarebbe la ratio della legittimità?

In economia si chiamano “esternalità”. Se compio una scelta che modifica le possibilità di scelta di altri individui, genero un’esternalità, che dovrebbe essere punita (se negativa, tipo l’inquinamento) o premiata (se positiva, tipo un’invenzione che poi diventa di dominio pubblico). Oppure quella scelta mi dovrebbe essere vietata ed essere demandata ad un organo di scelta collettivo più ampio, che includa chi genera e chi subisce l’esternalità.

I cittadini catalani sono anche cittadini spagnoli, europei (e del mondo). Le conseguenze, anche solo quelle direttamente economiche, di un loro eventuale abbandono della Spagna, generano effetti (esternalità) anche sul resto della popolazione spagnola ed europea (costituisce un esempio che potrebbe portare ad un effetto domino, si pone il problema dell’adesione o meno alla UE, etc).

Insomma, è giusto lasciare che i cittadini della catalogna decidano per l’indipendenza? O dovrebbero essere i cittadini spagnoli, o magari quelli europei, a pronunciarsi su questa scelta (i cui effetti, appunto, ricadono anche su di loro)? O magari i cittadini di ciascuna città? Perché non dovrei poi consentire a quel punto a Pisani, Livornesi e Fiorentini di pronunciarsi per l’autodeterminazione del loro destino?

So che viene vista come una provocazione, ma credo che la circoscrizione più adeguata (in termini di internalizzazione delle esternalità) a pronunciarsi sul quesito dell’indipendenza catalana sia quella europea. Se i cittadini europei riterranno sensate le motivazioni catalane, si pronunceranno a favore, altrimenti si pronunceranno contro. Questa è la democrazia. Un referendum esclusivamente catalano non sarebbe affatto democratico, perché appunto i cittadini catalani finirebbero per decidere su questioni che impattano anche sul resto d’Europa.

Naturalmente, se non vi fossero Stati nazionali che vincolano così tanto la vita sociale, politica ed economica dei propri cittadini, nessuno si porrebbe il problema dell’autodeterminazione dei popoli. Se l’Unione europea fosse una genuina democrazia sovranazionale multilivello, in cui ogni individuo è responsabile di scelte condivise collegialmente per diverse funzioni di governo (da quello locale a quello sovranazionale), ogni cittadino catalano (così come qualsiasi altro cittadino europeo) avrebbe autonomia decisionale sulla maggior parte delle proprie scelte, senza che fossero allocate allo stato nazionale (o, indirettamente, alla UE).

È il modello stato-centrico su cui si fonda il patto intergovernativo dell’Unione Europea che costringe a porsi ed a risolvere questi problemi.

Naturalmente, se il patto fosse di natura genuinamente federale, multilivello, vi sarebbe anche un meccanismo costituzionale di redistribuzione delle risorse (come accade all’interno della Germania, che non a caso è uno Stato federale) per il quale la ricca Catalogna si vedrebbe togliere in automatico delle risorse per finanziare le regioni più povere. Non necessariamente della Spagna; magari la Pomerania. Senza neanche accorgersene. E senza poterci fare nulla, vista la natura costituzionale del meccanismo di riequilibrio.

I cittadini hanno sempre più bisogno di sentire che esiste sopra di loro un sistema di istituzioni che li tutela. Ma la risposta a questa esigenza non può essere la definizione di spazi sempre più angusti (ancorché magari ricchi) di esercizio della sovranità.

Perché non vi sia questa tentazione alla chiusura, occorre però mostrare che la sovranità condivisa a più livelli di governo legittimo e democratico è più efficace nel tutelare il cittadino. E soprattutto occorre metterla in pratica.

Altrimenti il mito dell’autodeterminazione, in tutta la sua inconsistenza logica, avrà la meglio.


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