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Mps, ecco come Bruxelles picchia sul piano di Morelli

mps marco morelli

Mentre il Monte dei Paschi di Siena presenta una trimestrale in chiaroscuro, con segnali di miglioramento ma criticità persistenti, continua l’attesa del verdetto dell’Unione europea, e in particolare dell’Antitrust che fa capo alla Commissione.

NESSUNA NOTIZIA DA BRUXELLES

Da Bruxelles, infatti, non è ancora arrivata la luce verde al piano di salvataggio della banca senese, che passa per la ricapitalizzazione precauzionale. Un’operazione, quest’ultima, che richiede una procedura di approvazione complessa (anche perché è la prima volta in assoluto che viene attuata da quando è entrata in vigore la nuova regolamentazione sul bail-in) e che prevede l’impiego di soldi pubblici per salvare l’istituto di credito. La Commissione Ue, infatti, è chiamata a dare via libera all’utilizzo di denaro statale, senza che la cosa possa essere etichettata come aiuto pubblico. Il nuovo piano industriale di Mps, aveva dichiarato all’inizio dell’anno il suo ad Marco Morelli (nella foto), sarà presentato in Europa “entro i primi giorni di febbraio” con l’obiettivo di chiudere il confronto e consentire l’intervento dello Stato “in poche settimane”. Ma così non è stato. È evidente che la dialettica per l’approvazione abbia portato dei problemi che non erano stati inizialmente preventivati.

IL MOTIVO

Dalle parole pronunciate dallo stesso Morelli all’assemblea degli azionisti del 12 aprile, è emerso, sia pure in maniera indiretta, che il piano voluto dall’Europa dovrebbe essere più severo di quello proposto. “Il piano dovrà riallineare previsioni di ricavo e costo avendo atteggiamenti molto più stringenti. Dobbiamo arrivare a qualcosa che sia un giusto compromesso e che dia possibilità alla banca di riprendere un percorso”, ha detto Morelli. Tra i nodi principali sembra esserci quello degli esuberi, che nel piano della banca dello scorso autunno (poi fallito) erano stati fissati a 2.600 persone al 2019. Ebbene, sembra che Bruxelles sia intenzionata ad alzare la cifra.

LA PROTESTA

Proprio per questo l’ex collaboratore del governatore Antonio Fazio in Bankitalia, Angelo De Mattia, protesta vigorosamente il 5 maggio in un intervento sul quotidiano Mf dall’eloquente titolo “Ministro Padoan, su Mps e le venete è ora di farsi sentire coi signori di Bruxelles”. Vi si legge: “Signor Ministro dell’Economia, è dal 23 dicembre scorso che è aperta la questione della ricapitalizzazione precauzionale per il Monte dei Paschi. Meno lontana, ma neppure così vicina nel tempo, è l’identica questione riguardante la Popolare di Vicenza e Veneto Banca. In una prima fase, per entrambe le operazioni si è ricavato dalle cronache e dalle notizie ufficiose provenienti da Francoforte e da Bruxelles una sorta di rimpallo delle decisioni”. E ancora: “Ora, sembra che il cuore delle decisioni per concludere questa che sta diventando una vera telenovela sia nella capitale belga dal momento che si attende, soprattutto, il responso della Commissione Ue per passare così all’avvio delle procedure attuative dell’aumento di capitale per i predetti istituti”. Mentre conclude De Mattia, rivolto al ministro Padoan: “Ella, Signor Ministro, da eccellente economista con una grande esperienza negli organismi finanziari internazionali, può capire meglio di molti altri la necessità che Bruxelles abbia la piena consapevolezza di avere a che fare con soggetti che sono hombres verticales. Ella ha i presupposti per dimostrarlo, conseguendo il risultato di porre fine alla deleteria situazione di incertezza”. Padoan o non Padoan, si riuscirà a sbloccare la situazione? Mps attende, ma anche le due banche venete.

LA TRIMESTRALE

Nel frattempo, Monte dei Paschi di Siena ha annunciato i numeri del primo trimestre del 2017. La banca continua a perdere, e in particolare il dato al 31 marzo è stato negativo per 169 milioni. E questa è la notizia negativa. Quella positiva è che arrivano segnali incoraggianti dal punto di vista della raccolta e della liquidità, che era stata messa fortemente sotto pressione durante i giorni più critici. Nel dettaglio, la raccolta diretta è salita di 5 miliardi da dicembre, come si legge sul Corriere della Sera, “grazie soprattutto alle aziende, che sono tornate a usare i conti correnti che avevano abbandonato nei mesi della crisi. La fuga dagli sportelli insomma – sintetizza sempre il Corriere – si sta invertendo: è uno degli effetti della rete di protezione del Tesoro con la ricapitalizzazione precauzionale da 8,8 miliardi totali”, 6,6 dei quali dovrebbero essere costituiti da fondi pubblici. A patto naturalmente che prima o poi arrivi il via libera dell’Ue.



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