Matteo Salvini ha stravinto le primarie della Lega. È la conferma che questo partito ha subìto una mutazione genetica. Non è più una forza politica che esprime delle istanze territoriali le quali si spingono – a parole – fino all’autodeterminazione; e che, per questa sua vocazione, non si considera né di destra né di sinistra. La Lega di Salvini vuole classificarsi non solo come forza nazionale, ma addirittura nazionalista, identitaria, persino patriottica. La Lega ancien régime non è riuscita nel suo intento, anche se ha impestato con la chimera del federalismo tutto il sistema politico italiano, al punto che un governo di centro sinistra pensò bene di cucirsi addosso quella etichetta, promuovendo la sciagurata riforma del Titolo V. Per fortuna, anni dopo, gli italiani ebbero il buon senso di bocciare la devolution impedendo così al centro destra di intestarsi un ulteriore fallimento. Occorre riconoscere che Salvini ha individuato uno spazio che in Italia non era coperto, se non da piccole formazioni politiche con qualche reminiscenza “nostalgica”. Però dalle parti in cui si muove la nuova Lega spira un’aria mefitica che toglie il respiro. Siamo passati dal folclore parolaio di Umberto Bossi, dai riti dell’ampolla alla sorgente del Po, ad una politica determinata e “delittuosa” di avvelenamento dei pozzi del vivere civile.
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Emmanuel Macron ha assunto i poteri che competono alla sua alta carica. È entrato all’Eliseo con il passo sicuro di chi sa quali problemi lo aspettano e come affrontarli. Ora attendiamo con fiducia le indicazioni riguardanti il (la) presidente del consiglio e i ministri. Saranno persone che in questi tempi perigliosi hanno saputo navigare con la barra diritta. Poi verranno le elezioni legislative. Sono in tanti, da noi, coloro che confidano in un’affermazione della destra lepenista e della sinistra reazionaria. I francesi sapranno deluderli di nuovo.
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Comunque vadano le elezioni legislative, l’ordinamento istituzionale della V Repubblica è abbastanza solido per assicurare la governabilità. In Francia si sono lasciati alle spalle i quadri politici precari della IV Repubblica, quando i governi duravano spesso solo pochi mesi. Era questa una sorta di peccato originale. Basti pensare che dal luglio 1948 al giugno del 1951 (ossia per la restante parte della legislatura dopo la caduta della prima compagine presieduta da Robert Schumann) in Francia si succedettero ben otto governi alla media di uno ogni cinque mesi circa.
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Oliviero Beha se ne andato in silenzio e con dignità. Lo ricorderemo come un valoroso giornalista, tenace nelle sue convinzioni. Non possiamo tuttavia esimerci da una domanda: perché un giornalista è ritenuto libero e coraggioso soltanto se spara su tutte le ambulanze della Croce rossa che gli vengono a tiro?
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Non sarebbe stato più interessante se Ferruccio de Bortoli avesse scritto nel suo libro di aver avuto le confidenze di un ex fidanzato di Maria Elena Boschi?