Alla fine il giorno delle associazioni è arrivato. Dopo settimane di pressing sul Parlamento, ieri mattina i deputati delle commissioni Finanze e Attività produttive hanno ascoltato le rappresentanze di quei settori direttamente coinvolti dalla normativa Bolkestein (qui l’ultimo degli approfondimenti di Formiche.net), tra tutti il comparto balneare che però non sembra avere una posizione unitaria e compatta. Anzi.
BOLKESTEIN (NON) PER TUTTI
Tra i primi a intervenire, gli artigiani della Cna, rappresentati per l’occasione da Cristiano Tomei, a capo dei balneari iscritti alla confederazione. I quali hanno posto precisi paletti alla messa a gara delle concessioni. Per la Cna la Bolkestein, che il governo ha recepito mediante un apposito Ddl delega recante la firma del ministro Enrico Costa, può incidere direttamente solo sulle spiagge cosiddette nuove. In pratica la logica del doppio binario, ovvero aste solo per quei lidi oggi non utilizzati (a parte aree protette e spiagge libere) mantenendo invece le concessioni storiche, quelle già esistenti. Il tutto, ha spiegato Tomei, fino a che non finiscono le spiagge a disposizione, poi a quel punto si vedrebbe di passare al meccanismo di aste imposto dalla direttiva Bolkestein sui servizi pubblici.
LA LOGICA DEL DOPPIO BINARIO
“Con il doppio binario possiamo ottenere un periodo lungo che, finché la risorsa spiagge non diventa scarsa, permette di andare avanti con le vecchie concessioni e le nuove concessioni, creando lavoro per i giovani, c’è spazio per tutti”, ha precisato Tomei. Secondo il Demanio, “il 48% delle coste italiane è ancora disponibile per poter effettuare procedure concorsuali”, e quindi “non riusciamo a capire perché le attuali concessioni devono essere annullate quando secondo lo stesso articolo 12 della norma comunitaria (la stessa Bolkestein, ndr) dice che si può procedere a concorso sulle nuove aree”.
L’APERTURA DI FEDERBALNEARI
Una maggiore apertura sulla Bolkestein è arrivata dalla Federazione dei balneari. L’associazione guidata da Renato Papagni ha infatti aperto al riassetto delle concessioni previsto dalla Bolkestein, purché si rispetti una condizione: il bando, da un punto di vista formale, si può indire anche subito, ma per la messa a gara della concessione bisogna darsi almeno tre decenni i tempo. “Si può andare a evidenza pubblica subito, già possibile per un periodo di 20 anni che noi vogliamo portare a 30, perché 20 sono stretti, con evidenza subito”. D’altronde, “l’evidenza pubblica si deve fare perché il sistema balneare insiste su un’area demaniale marittima di proprietà dello Stato con attività su concessione, quindi l’evidenza è normale.
LA REVISIONE DEI CANONI
Questione che esula dalla Bolkestein è la revisione dei canoni versati per lo sfruttamento della concessione. E qui Federbalneari combatte una guerra tutta propria. Troppa, secondo la federazione, l’aleatorietà dei costi per la concessione. Sul sistema dei canoni “una buona legge ha bisogno di una revisione canoni con certezza e unità, ci sono centinaia di migliaia di cause aperte sui canoni: noi ipotizziamo che l’arenile si paghi come arenile, il coperto come coperto. Non vogliamo più interpretazioni”. Di qui una proposta. “Proponiamo quattro fasce, da A altissima qualità alle altre. Quattro fasce e un criterio importante: il minimo valore del canone va a 5 mila euro, siamo stanchi di essere attaccati perché qualcuno paga 800 euro per un pezzo di spiaggia”.
LO ZOCCOLO DURO DEI BALNEARI
Ma il mondo dei balneari non parla un’unica voce. La confindustriale Assobalneari (qui l’intervista al presidente Fabrizio Licordari) è andata addirittura più in là, stracciando l’intero Ddl, colpevole “nella forma e nel merito”. L’associazione ha addirittura paventato il rischio di “tensioni sociali” qualora il governo non faccia un immediato dietrofront. Il punto di partenza è però il medesimo, ovvero la proroga trentennale. Serve “una proroga di almeno 30 anni come accade in altri paesi Ue, ciò a tutela di aziende e famiglie del settore, altrimenti andremo incontro a forti tensioni sociali su tutto il territorio nazionale con anche pesanti esiti giudiziari”. Per Licordari “non si possono cambiare le regole in corso d’opera, è inaccettabile: si facciano le aste per le altre spiagge”, quelle non occupate, “ma mettere a gara aziende esistenti significa la sostituzione coatta a favore di multinazionali estere, un esproprio per 30mila aziende balneari”.