Giorni fa, sui giornali e nei diversi tg pubblici e privati, si dava conto dei forti cali registrati in Italia nei consumi di pane e pasta. Un evento “storico”, una vera Notizia in quanto opposta alla normalità come lo è il paradigmatico uomo che morde il cane. Così, almeno, spiegavano i caporedattori di una volta.
Questo l’antefatto. Il fatto, invece, è un altro: a partire da qualche giorno dopo, sugli stessi giornaloni nazionali e nei medesimi tg pubblici e privati, hanno iniziato a comparire a ritmo incalzante, con straordinaria e curiosa coincidenza temporale e di contenuti (compresi i virgolettati), articoli e servizi accomunati da un dichiarato intento: stigmatizzare da un punto di vista salutistico la scelta “anti glutine” fatta negli ultimi anni da 6 milioni di italiani non celiaci o non intolleranti. Scelta dipinta da tutte le testate, nessuna esclusa, ricorrendo perfino al medesimo codice di scrittura binario, come un paso doble sudamericano. Da un lato in modo irridente, liquidandola come una moda hollywoodiana; e dall’altro a tinte fosche, raccontandola come foriera di chissà quali nefaste conseguenze epidemiologiche di massa.
Il fatto – quel calo dei consumi – non era insomma separato dalle opinioni. Il fatto, più semplicemente, non c’era più. Dimenticato da qualche parte, come per non voler creare l’opinione che quegli articoli e servizi “seriali” fossero – come palesemente sono – legati da un calcolato rapporto di causa ed effetto. Dovevano apparire spontanei. Del tipo: “Vah, sai che c’è? Oggi in prima pagina non parliamo di immigrati e scafisti, ma di dieta gluten free”. Così è andata a finire che, una volta smarrito il fatto, sono rimaste soltanto le opinioni. O meglio: l’opinione. E cioè una sorta di Pensiero Unico, in totale assenza di pareri scientifici opposti o di campane mediche contrastanti.
Il risultato, agli occhi di chi ha fatto il giornalista per una trentina d’anni, ma anche a un lettore sufficientemente intelligente e attento, è che quegli articoli risultano vergognosamente uguali, quasi fotocopie rese oggi possibili dalla pigra e compiacente pratica del “Control A Control C” offerta dal computer. Testate diverse, anche se di norma feroci concorrenti quando si tratta di dibattere sul Renzi-pensiero o sulla spazzatura a Roma, hanno sfornato e pubblicato a piena pagina articoli e servizi del tutto identici. In modo davvero imbarazzante per il giornalismo italiano. Medesimi i toni, le parole e gli argomenti per sostenere la tesi di quelli che… “per carità, italiani, se togliete il glutine dalla vostra dieta ne andrà della vostra salute”.
Qualcuno – il solito prevenuto malpensante, è ovvio! – potrebbe sospettare che sotto i panni di una libera e disinteressata informazione ci sia piuttosto un’imponente operazione di lobby dettata dalle industrie del settore, preoccupate dalle vendite in calo. Qualcosa di simile, insomma, a quanto era successo nel 2015 con il battage teso a sostenere una supposta “sostenibilità” dell’olio di palma.
Succede che i malpensanti, come al solito, esagerino. Di fatto, a stupire in questi articoli sul glutine è l’assoluta coincidenza degli argomenti, delle interpretazioni, delle fonti usate, delle “voci” professionali interpellate, e come si è già detto, addirittura dei virgolettati riportati in certi casi perfino con i punti e le virgole allo stesso posto. Una sorta di massivo “copia e incolla”, per chiamarlo con il suo nome, volto a convincere il volgo che il glutine è una minaccia unicamente per i celiaci conclamati. Ma non è tutto. Perché ad accomunare questo tam tam mediatico ci sono anche le omissioni, e cioè i pareri di autorevolissimi medici ed esperti mondiali che sul glutine e sui suoi effetti sulla salute non hanno proprio le medesime opinioni. Opinioni che proprio perché diverse, in base all’ABC del buon giornalismo, andavano ascoltate, annotate e riportate.
Bastava interpellare per esempio Alessio Fasano, direttore del Center for Celiac Research and Treatment del Massachusetts General Hospital di Boston e docente alla Harvard School Medicine, uno dei massimi esperti mondiali in materia. Il luminare italiano parte da un dato di fatto scientifico e inequivocabile, a condizione di conoscerlo o di non volerlo ignorare: il glutine è una proteina che il nostro organismo non è assolutamente programmato a digerire, con la conseguenza di provocare gravi danni e pericolosi stati infiammatori a tutti e non soltanto ai celiaci (intervista andata in onda lo scorso anno nel programma Indovina chi viene a cena?, su Rai3). Stati infiammatori che sono spesso l’anticamera di malattie ancora più gravi, da quelle autoimmuni fino ad arrivare ai tumori. La ragione va attribuita al fatto che più o meno tutti, come reazione agli attuali spropositati consumi di glutine – sia palese sia nascosto – produciamo zonulina, la proteina che altera la permeabilità dell’intestino e che si trova in orzo, grano e segale. Con il risultato di rendere l’intestino più permeabile, consentendo l’ingresso nel nostro torrente ematico di “cose” che ne dovrebbero essere escluse.
Sarebbe bastato insomma cercare, studiare, verificare, chiedere. Si sarebbero scoperte tante notizie interessanti. Come per esempio la ricerca della John Hopkins University School of Medicine sulle correlazioni tra le infiammazioni gastrointestinali da abuso di glutine e forme di emicranie croniche, episodi di schizofrenia, ictus ischemico conseguente a coagulazione del sangue nel cervello, attacchi epilettici e perfino della sla (sclerosi laterale amiotrofica, o malattia di Lou Gehrig).
Ma ci sarebbe anche il lavoro del professor David Perlmutter (autore di Grain Brain, pubblicato in Italia da Mondadori con il titolo La dieta intelligente) autorevole naturo-neurologo americano partito nei suoi studi dalle allarmanti dimensioni raggiunte negli Usa dalla malattia di Alzheimer (5,4 milioni gli americani affetti da questo flagello distruttivo, un nuovo ammalato ogni 67 secondi, 200 miliardi di dollari annui di spese sanitarie). Iniziando a cercarne la causa negli stili di vita, alimentari in primis, e incrociando le abitudini più diffuse e i casi di Alzheimer studiati, Perlmutter ha concluso che all’origine di questa moderna epidemia, oltre all’inquinamento da metalli pesanti ci sia quasi sempre l’impatto negativo rappresentato da una forte assunzione di glutine e caseina (se insieme mangiati insieme danno quello che si chiama “effetto crociato”, ovviamente peggiorativo) con un potente ruolo tossico svolto dagli zuccheri e dai carboidrati, troppo presenti nelle abitudini alimentari “occidentali”. Cibi sbagliati che risultano essere i colpevoli anche di sempre più diffuse malattie autoimmuni, come per esempio l’artrite reumatoide o la fibromialgia. Ma anche delle più banali cefalee croniche o della psoriasi. Il recente e preoccupante diffondersi di patologie autoimmuni scatenate da stati infiammatori lo testimonia; così come lo confermano invece, in positivo, le guarigioni nei pazienti che mutano i propri regimi alimentari limitando il più possibile alcuni prodotti. In primis proprio quelli ricchi di glutine.
Altra arma polemica che ricorre in tutti questi articoli è sostenere che l’esercito degli italiani anti-glutine faccia questa scelta nella convinzione di dimagrire. Convinzione che costituirebbe ovviamente una motivazione del tutto errata e risibile. Magari il problema fosse soltanto quello della bilancia e del giro vita!
A questo proposito, cercando e studiando il bravo cronista avrebbe potuto imbattersi anche nella dottoressa Maria Rosa Di Fazio (nella foto), responsabile della divisione di Oncologia Integrata al Centro medico internazionale SH Health Service di San Marino. Lei affronta l’argomento glutine dal suo ultraventennale e quotidiano osservatorio avanzato sul fronte della battaglia contro il più crudele dei mali, sapendo quindi fin troppo bene come le cellule tumorali si muovano, si replichino, e a volte si nascondano per poi riapparire. E spiega come e perché i danni provocati anche nei non intolleranti dai quotidiani eccessi di glutine siano ben più gravi di un problema di linea, dato che riguardano il nostro sistema immunitario; e cioè una macchina in origine perfetta che, per chi non lo sapesse, si trova per il 70% nel nostro intestino. Nel suo libro Mangiare bene per sconfiggere il male (Mind Edizioni) la dottoressa non usa mezzi termini: “L’eccesso di glutine ci “asfalta” il sistema immunitario, mettendolo fuori uso sotto una coltre appiccicosa – il glutine, appunto – che gli fa perdere la sua capacità di fare da sentinella del nostro benessere. Quella “colla” lo rende infatti cieco e sordo”.
In quegli articoli così mirabilmente identici si riporta tuttavia anche una cosa esatta, sempre nel rispetto dello scrupoloso copia e incolla. E cioè che i prodotti da forno venduti con la lusinga del gluten free racchiudono l’insidia di altre “addizioni” che non fanno per nulla bene alla salute; “addizioni” necessarie proprio per sopperire a esigenze produttive e industriali. “Questo è verissimo”, conferma la dottoressa Di Fazio, che non a caso diffida da sempre i suoi pazienti dal comprare – “anche” – quei prodotti da forno (biscotti, merendine, fette biscottate o altro) venduti con la lusinga di essere gluten free. Perché quella scritta a caratteri cubitali fa astutamente ombra ai già piccolissimi caratteri delle etichette, dove a fatica si legge che quei cibi farlocchi sono stati infarciti di grassi saturi, di addensanti e d’altro per sopperire alle esigenze produttive e di resa finale. Mentre a scopo preventivo antitumorale Di Fazio raccomanda di mangiare in purezza – spendendo anche poco – quei cereali “per davvero” integrali (non per finta, come fa spesso l’industria alimentare scurendo la solita pessima farina bianca con crusca) e possibilmente biologici che, oltre all’apporto di tutte le cose buone contenute nei grani integrali offrono anche il vantaggio di essere naturalmente privi di glutine: dal grano saraceno al sorgo, dall’amaranto alla quinoa e via elencando.