Sono stato intervistato da una emittente televisiva sul contributo di solidarietà applicato alle pensioni superiori a 14-20 e 30 volte il minimo Inps in scadenza il 31/12/2016 e che la legge di bilancio 2017 non ha rinnovato per il prossimo triennio. L’intervista si è svolta nella mia abitazione per oltre mezz’ora ed è stata “condensata” in un minuto e 15 secondi.
Chiaramente ho contestato nel merito e nel metodo tale “tributo” applicato solo ai pensionati e non anche ai lavoratori attivi percettori di analoghe retribuzioni, come, peraltro, deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza 116/2013 che ha bocciato con questa motivazione il contributo di solidarietà relativo al triennio 2011-2013, determinandone il rimborso. Decisione successivamente e clamorosamente smentita dalla stessa Consulta.
Infatti la sentenza 173 del 13 luglio 2016 (che personalmente ritengo di natura squisitamente politica) ha stabilito, con una “finzione” giuridica, che tale prelievo (sarebbe meglio definirlo “esproprio proletario”) non ha natura “tributaria” in quanto i risparmi rimangono all’interno del bilancio Inps (sic!) ed è giustificato, in via del tutto eccezionale, dalla crisi contingente e grave del sistema previdenziale.
Ma si può ritenere eccezionale questo prelievo quando lo stesso è triennale e fa seguito ad altri interventi analoghi nel triennio 2000-2002, nel triennio 2011-2013 (ritenuto illegittimo) e nel triennio 2014-2016?
Come si può affermare che esso è determinato dalla crisi contingente e grave del sistema previdenziale quando lo stesso sarebbe in perfetto equilibrio (se non in attivo) solo se si realizzasse una netta separazione tra assistenza e previdenza?
Lo ha dimostrato incontestabilmente il professor Alberto Brambilla, uno dei maggiori esperti previdenziali italiani: la spesa previdenziale lorda del 2014 (il 2015 è praticamente sovrapponibile) ammonta a 216,107 miliardi. Su questa cifra è stata effettuata una trattenuta Irpef di 42,900 miliardi, quindi con una spesa effettiva di 173,207 miliardi (162,713 miliardi se si deducono le integrazioni al minimo) a fronte di entrate contributive di 172,647 miliardi e pertanto un sostanziale pareggio o addirittura un saldo attivo di circa 10 miliardi senza le integrazioni al minimo.
Si tratta di una sentenza molto pericolosa perché da questo momento in poi ogni operazione fiscale che passa fuori dal bilancio dello Stato può diventare operazione di solidarietà.
Ad esempio si potranno tassare i depositi bancari per salvare banche in crisi e così via (attualmente si possono utilizzare solo le obbligazioni bancarie secondo il bail-in).
Chiaramente tutto ciò non può emergere in una intervista di un minuto e quindici secondi, ma l’ex ministra Fornero, nella foto, che tutto ciò dovrebbe conoscere e senza possibilità di contraddittorio, ha liquidato il mio intervento con un supponente “quel signore la pensione non se l’è pagata e c’è qualcun altro che paga per lui”.
“È equo, ha affermato, che il contributo di solidarietà sia riconfermato”. La ex ministra piangente dovrebbe sapere (lo sa anche l’Inps e lo ha confermato un suo direttore, Antonello Crudo, nell’audizione del 10 marzo u.s. in Commissione lavoro della Camera) che le pensioni retributive più elevate con il ricalcolo contributivo subiscono, in genere, un aumento e non una diminuzione.
La Fornero non considera, inoltre, che le pensioni di tipo retributivo hanno già incluso meccanismi di calmierazione sull’importo della futura pensione, infatti:
- il rendimento previdenziale decresce al crescere della contribuzione;
- esistono tetti retributivi e contributivi che hanno analogo significato di “raffreddamento” sul futuro assegno pensionistico;
- il calcolo delle pensioni retributive si ferma a 40 anni di servizio anche a fronte di carriere più lunghe;
- già in via ordinaria la indicizzazione automatica delle pensioni in godimento decresce significativamente rispetto agli indici di svalutazione certificati dall’Istat in relazione al crescere della misura dell’assegno.
Sempre nel corso della trasmissione la ex ministra ci ha regalato un’altra perla previdenziale sostenendo il reddito di cittadinanza grillino, senza considerarne le conseguenze sul disastrato bilancio dello Stato. La nostra ex ministra continua a pontificare senza la minima autocritica sui disastrosi risultati conseguiti dal suo governo “Salva Italia” che sarebbe meglio definire “ammazza Italia”.
È la stessa persona che ha fatto piangere milioni di lavoratrici e lavoratori, che ha creato 170mila esodati, che ha bloccato l’indicizzazione delle pensioni oltre tre volte il minimo Inps negli anni 2012 e 2013, provvedimento dichiarato incostituzionale dalla Consulta (sentenza 70/2015).
A questo punto c’è ragionevolmente da chiedersi: ma l’ex ministra ne capisce di pensioni o è solo credito autocertificato?