Si rafforza il fronte delle banche per la revisione del bail-in, la normativa Ue che impone la condivisione dei salvataggi bancari imposta all’eurozona dalla direttiva Brrd (qui il testo integrale). E cresce l’insofferenza verso quel pacchetto-banche, ossatura dell’unione bancaria, varato a novembre dalla commissione europea e che dà un’ulteriore stretta sui patrimoni degli istituti. Già nelle scorse settimane banche e regolatori hanno aumentato il pressing su Bruxelles, affinché elimini la retroattività per i salvataggi avvenuti prima del 1 gennaio 2016. Ma adesso il discorso si allarga all’intero assetto normativo approvato lo scorso autunno, di cui la Brrd è solo una spigolatura.
POPOLARI IN CAMPO
Due giorni fa Assopopolari è stata per esempio ascoltata in audizione al Senato sull’intero pacchetto bancario (qui il documento) varato a novembre scorso dall’Ue per aggiornare i requisiti di capitale degli istituti, per rafforzare la riduzione dei rischi e inglobare i nuovi standard decisi a Basilea per le banche globalmente sistemiche. In pratica per rendere più stringenti i criteri di solidità di un istituto. E che ovviamente contempla la Brrd, dunque il bail in. Procedendo con ordine, uno dei primi punti del pacchetto è l’introduzione di un coefficiente minimo di leva finanziaria (pari al 3%) che in pratica impedisce un aumento eccessivo delle attività rispetto alle disponibilità di capitale di migliore qualità. E qui il giudizio di Assopopolari è sostanzialmente positivo. “Valutiamo favorevolmente tale misura poiché esprime un requisito patrimoniale vincolante che, ai fini della quantificazione del rischio aziendale, non intercetta soltanto le attività legate alla concessione del credito, ma attribuisce un peso di eguale entità alle attività finanziarie detenute per la negoziazione, evitando possibili elusioni dei requisiti risk-based e valutando i possibili rischi di modello”, si legge nel documento depositato in commissione Finanze.
TROPPA CONFUSIONE SUL TLAC
Un altro punto toccato dall’associazione guidata da Corrado Sforza Fogliani è l’attuazione della cosiddetta norma Tlac– Total Loss Absorbing Capacity – che prevede per le banche di rilevanza sistemica a livello globale l’obbligo di detenere un ammontare adeguato di passività che si renda facilmente disponibile in caso di insolvenza per l’assorbimento delle perdite e la ricapitalizzazione. In pratica viene introdotto un nuovo buffer di liquidità che obbligherà le banche a finanziare i loro prestiti di lungo termine con risorse stabili. Su questo punto le banche popolari hanno qualche perplessità in più. “E’ nostra opinione che su tali aspetti sussista comunque una certa confusione regolamentare tra i due requisiti per cui sembrerebbe opportuno un intervento di semplificazione”.
BASTA CON L’AUSTERITY BANCARIA
E’ però l’intera filosofia alla base del pacchetto credito a non convincere l’associazione delle popolari. Che nel documento presentato al Senato mette nero su bianco le perplessità verso la normativa. “E’ bene tener presente che un inasprimento del sistema dei vincoli regolamentari renderebbe più onerosa l’erogazione del credito e ancor più preoccupanti le condizioni di redditività del settore, rese già estremamente fragili dal sostanziale azzeramento dei tassi di interesse e dal perdurare di una crisi che dura ormai da un decennio”, si legge. Di qui un invito rivolto alle autorità Ue affinché superino “definitivamente una prospettiva di stretta vigilanza prudenziale, preoccupandosi degli impatti che un qualsiasi intervento sul credito può provocare sull’economia reale e, in definitiva, sulla tenuta dello stesso sistema sociale, date le dinamiche occupazionali ed il disagio crescente di interi strati della popolazione”. Per le popolari infatti non ci sono scappatoie, senza crescita è inutile continuare a prendersela con le banche. “E’ di tutta evidenza, infatti, che anche in ottica prudenziale il vero problema da risolvere resta quello della crisi congiunturale e che soltanto una stabile ripresa della crescita può creare i presupposti per ridurre i rischi sistemici della gestione bancaria”.
UN BAIL IN DA RIVEDERE
Ovviamente non poteva mancare la madre di tutte le questioni, il bail in. L’Italia si sta ufficialmente muovendo sulla questione della retroattività, attraverso la presentazione di un emendamento al progetto di revisione della Brrd in corso a Bruxelles. E anche le banche popolari si accodano all’orientamento. “E’ auspicabile che in occasione della revisione di alcune parti della Brrd si provveda a correggere taluni errori del testo originario, come nel caso del paragrafo che prevede l’applicazione retroattiva delle norme relative al bail-in. Di qui l’esigenza di soluzioni normative che introducano il principio del non coinvolgimento nel bail-in degli strumenti finanziari emessi prima del 1° gennaio 2016″.
UNIONE BANCARIA NEL MIRINO
Nel giro di audizioni è rientrata anche la Federazione delle banche cooperative, presieduta da Augusto Dell’Erba. Il quale ha innanzitutto tenuto a chiarire un punto. Se c’è qualcuno che è stato penalizzato dalle regole europee è il sistema cooperativo. “Dopo tre anni di unione Bancaria, un primo bilancio complessivo fa emergere che l’impatto della rivoluzione normativa ha pesato in modo tutto sommato tenue sul modello di banca capitalistica, mentre ha inciso in modo indubbiamente intenso sul modello e sulla governance cooperativa, rischiando di travolgerli”, hanno spiegato i vertici dell’associazione. Nel mirino della Bcc c’è quell’unione bancaria ancora sognata ma non certo realizzata, che Dell’Erba ha definito “a taglia unica” e non in grado di tenere conto delle singole esigenze dei diversi sistemi bancari, dalla cooperazione alle spa. “Questo principio ha disatteso il principio di proporzionalità e ha contribuito a far nascere una ‘questione bancaria’ che risulta di difficile soluzione se non cambiano le politiche, le policy e alcuni strumenti”. Già, ma come cambiare le regole del gioco?
LA PROPOSTA DI FEDERCASSE
La federazione del credito cooperativo ha lanciato la sua proposta, contenuta nei documenti di accompagnamento all’audizione. “Superare l’attuale proporzionalità, detta ‘caso per caso’ a favore di una proporzionalità struttura”, che per Federcasse significa “obiettivi identici di policy, ma con modalità differenziate per categorie diverse di destinatari, modalità definite già a livello primario”. In pratica, Bcc e spa possono tranquillamente avere i medesimi obiettivi di solidità e trasparenza, ma i modi per raggiungerli devono essere fatti su misura. E questo perchè “l’approccio casistico, anziché rappresentare una flessibilità capace di realizzare una migliore applicazione del principio, ha finito per accrescerne la sfuggevolezza, la complessità e l’incertezza, determinandone nei fatti il fallimento. Di qui il peso eccessivo, e ingiustificabile, di norme su intermediari che non sono in grado di far fronte agli elevati – e inutili – costi regolamentari”.
ALLA RICERCA DELLA STABILITA’ PERDUTA
Al novero delle critiche all’Europa si è aggiunta anche l’Associazione bancaria, rappresentata per l’occasione dal dg Giovanni Sabatini. Il quale, oltre a fare sua la richiesta di una revisione del bail-in, ha puntato il dito contro i possibili effetti nefasti sull’economia reale delle norme approvate lo scorso autunno. Se le regole sono instabili e poco chiari, è la sintesi, tanto valeva non farle. “Nell’attuale assetto normativo europeo c’è un fondamentale elemento e cioè l’elevata instabilità del quadro regolamentare in cui operano le banche europee e della conseguente difficoltà per gli operatori del mercato di formulare aspettative coerenti e prevedibili”. E “l’insieme delle proposte di riforma della disciplina bancaria presentato dalla Commissione europa lo scorso 23 novembre, per rafforzare ulteriormente la resilienza delle banche dell’Ue, contribuisce ad alimentare questa instabilità”, ha affermato Sabatini davanti alla commissione Finanze.
UNA NORMATIVA CONTROPRODUCENTE
Per l’Abi le proposte di revisione avanzate a novembre “che, pur in taluni casi perfezionano alcuni aspetti del quadro normativo esistente, a nostro avviso nel loro complesso rischiano di porre un freno alla crescita dei finanziamenti all’economia reale, e ciò proprio in una fase in cui emergono finalmente i primi segnali di ripresa, che dovrebbero trovare consolidamento anziché nuovi vincoli”. In sintesi, regole poco chiare pensate per irrobustire le banche finiscono per spaventarle e stringere ulteriormente sul credito.