È partito ufficialmente il IV Fondo di Principia SGR. Si chiama Alis, ha un obiettivo di raccolta di 150 milioni di euro e un target di investimento sui settori di fashion e design con un occhio al tessile e alle eccellenza dell’artigianato made in Italy. “I potenziali target – dice l’amministratore delegato di Principia Antonio Falcone a formiche.net – saranno quelle società che già promuovono il made in Italy, così come start up, spin-off industriali e PMI emergenti. Rientreranno nelle attività di scouting le realtà ad elevato potenziale di crescita nei segmenti fashion prêt-à-porter, pelletteria, accessori, occhiali, interior design, gioielli, tessuti e l’intera catena di fornitura ad essi collegata”.
Insomma la bellezza, dopo la salute a cui è stato interamente dedicato il Fondo III, nella convinzione che sia necessario e vitale valorizzare ciò in cui già eccelliamo. Ma il Fondo IV, che sarà gestito come tutti gli altri da un team dedicato e specializzato sul settore, si candida ad essere il più grande nel panorama del venture capital italiano, con ticket di investimento medio tra i 5 e i 10 milioni. Tra i gestori figurano Nicola Giuggioli, esperienza internazionale nella consulenza a gruppi del lusso; Ann Marie Scichili, per trent’anni alla alla guida di marchi come Banana Republic, Donna Karan, Global Brands Group e Value Retail e gli analyst Piero Angelone e Susanna Luzzati.
“Una buona approssimazione del metodo che seguiremo si ha guardando a quello che abbiamo fatto con il Fondo III – Health, per il quale la raccolta si è chiusa con una dotazione di 206 milioni di euro. Fino ad oggi sono stati effettuati 7 investimenti in start up e PMI (Rigeneand, Anabios, Comecer, Silk Biomaterials, Wise, Ixaltis, Pedius) per un totale che sfiora i 50 milioni”, dice Falcone. Che con Alis intende “mantenere fede al nostro progetto di investimento. Puntare, cioè, su una filiera che va dalla start up alla PMI. Finanziamo start up che possano contribuire alla crescita delle PMI, fornendo a queste ultime strumenti e idee”.
La prima operazione si chiuderà verosimilmente estate. Ed è facile comprendere perché un fondo così sia interamente focalizzato sul mercato Italiano, che come dicevamo eccelle, da sempre, per iniziative tradizionali e innovative nella bellezza. “La nostra strategia è sostenere il made in Italy con risorse e competenze. Puntiamo sulle tradizioni locali e sull’artigianato, cercando al contempo di apportare innovazione di prodotto e di processo investendo in comparti che vanno dal digitale, alla robotica, alla produzione, alla distribuzione, alla personalizzazione di massa e alla sostenibilità – continua Falcone – La nostra visione è di fare sistema tra le varie imprese tramite una politica industriale e imprenditoriale atta a sviluppare sinergie ed economie di scala, tutt’ora mancanti nell’industria italiana”.
Una necessità che deriva dal fatto che oggi “ci sono aziende in difficoltà, soprattutto PMI che sono alla ricerca di finanziamenti e supporto e non lo trovano più nel canale bancario — continua Falcone – parlo di PMI che fatturano tra 5 e 20 milioni nel tessile e nel mobile che hanno bisogno di liquidità per investire e per crescere e hanno bisogno di investire nell’innovazione visto che l’Italia è di nuovo un Paese attrattivo per gli investitori e anche per la produzione. Ma se non sei pronto la produzione va da un’altra parte”. Il modello di cui Principia è precursore, e che prevede appunto di mettere a fatto comune le capacitò di start up e PMI per far crescere entrambe, oggi è abbastanza mainstream per chi si occupa di innovazione e venture capital. “Si parla di trasferimenti tecnologia, ma il trasferimento funziona se tu porti un’azienda a diventare grande con l’innovazione – spiega Falcone – L’azienda piccola e media non sempre ha la forza per fare innovazione in proprio, perché l’innovazione ha dei costi. A ben vedere solo le grandi aziende hanno la capacità di fare R&S in proprio, a tutte le altre è necessario dare una mano. Noi facciamo una strategie doppia: da una parte supporto a mercati in espansione e dall’altra parte aiuto non solo con denaro e management ma con innovazione di prodotto, di marchio, di idee”.
Per cogliere il cambiamento vorticoso che il mondo sta subendo, anche quello della moda, tra stampanti 3d e strumenti online che consento all’utente di fare abiti tailormade con una telecamera e un pc e mescolarlo allo straordinario interesse che si è riacceso intorno alla manualità del saper fare. “Abbiamo straordinari artigiani che sanno creare oggetti, ma se non adeguiamo il nostro tessuto alle richieste che ci vengono da fuori perdiamo il treno – dice Falcone – il concetto di 4.0 vuol dire essere competitivi sul mercato in base a qualità del prodotto e innovazione, non richiede una finestra temporale così ampia per poterlo fare. Forse abbiamo un paio di anni”. Che per l’Italia dei tempi biblici in cui un motore di cambiamento forte come il venture capitale vale una briciola di quello di tutti gli altri Paesi europei, sembra pura utopia. “Ovviamente è necessario un cambiamento di mentalità – conclude Falcone – veniamo da anni in cui questa attività era vista come speculativa e in generale poco positiva. Già convincere che invece sia un positivo traino per la crescita sarebbe un passaggio culturale importante. E parlo anche di cultura manageriale e imprenditoriale che, lo ribadisco, è ancora davvero carente su questo fronte”.