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Ecco come Stati Uniti e Asia vedono l’Unione europea

Crisi economica, guerra in Ucraina, difficile gestione dei migranti, ondata populista, terrorismo e Brexit. Non proprio un buon biglietto da visita per l’Europa. E non c’è da stupirsi dunque, se la percezione che americani e asiatici hanno di questa nostra parte del mondo sia profondamente pessimista: il Vecchio continente appare in inesorabile declino. È questo il quadro che emerge dall’evento “La percezione dell’Europa da parte dell’Asia e degli Stati Uniti”, organizzato ieri a Roma dalla Fondazione Konrad Adenauer (Kas) e dal Centro Studi Americani (Csa) nell’ambito del ciclo di conferenze dedicate ai 60 anni della firma dei trattati di Roma.

L’EVENTO AL CSA

Dopo i saluti introduttivi del direttore del Csa Paolo Messa e moderati dal capo del dipartimento Europa/Nord America della Kas a Berlino Lars Hänsel, sono intervenuti la ricercatrice dell’Atlantic Council di Washington Frances G. Burwell, la direttrice dell’European Council on Foreign Relations a Roma Silvia Francescon, e la direttrice dello European Union Centre di Singapore Yeo Lay Hwee. “Un’occasione per guardare non solo indietro, ma anche avanti verso sfide e opportunità”, come ha detto Hänsel, arrivata “nel contesto di queste ore segnate dai drammatici eventi di Manchester”, ha invece ricordato Paolo Messa. Sicurezza e difesa, ma anche la postura della nuova amministrazione Usa su cui riflettere nel giorno dell’arrivo a Roma di Donald Trump. “Questioni centrali nell’agenda europea – ha aggiunto Messa -, anche in relazione alla proiezione esterna dell’Ue”.

COSA SI VEDE DA WASHINGTON

“Non è sempre semplice per gli statunitensi comprendere il processo di integrazione europea”, ha ammesso la distinguished fellow dell’Atlantic Council Frances Burwell. Dagli Stati Uniti, l’Europa è percepita con tre diverse prospettive: “C’è la Nato, alleanza focalizzata sulla cooperazione militare; ci sono gli Stati nazionali, a cui Washington guarda come partner-chiave, visione rafforzata da chi in Europa cerca una special relationship con gli Stati Uniti; e poi c’è l’Unione europea, vista in ottica cooperativa e di importanza crescente, non solo economica, ma anche nei temi di sicurezza”.

Nel 2017, ha ricordato Burwell, oltre al 60esimo anniversario dei Trattati di Roma, ricorre anche il 70esimo del piano Marshall. Già allora, l’aiuto americano a un’Europa martoriata dalla guerra “dimostrava condivisione di valori come libertà, democrazia e stato di diritto”. Eppure, lo stesso piano aveva un grande valore economico, il cui obiettivo era “far ripartire a big european market”. Proprio questa dimensione economica è, secondo la ricercatrice americana, da riscoprire nel rapporto tra Stati Uniti e Europa. “Le difficoltà interne renderanno gli Usa più deboli, mentre l’economia e la sicurezza torneranno centrali”. Ciò, insieme alle crisi che hanno colpito il Vecchio continente, “hanno portato l’America a un re-fous sull’Europa affinché sia più stabile”. Eppure, nonostante la comunità di ricerca di Washington rimanga “sostanzialmente pro-european”, la crisi finanziaria e migratoria hanno diffuso un “maggiore pessimismo”. E ora, mentre l’elezione di Emmanuele Macron ha già portato una ventata di positività, arriva una “settimana cruciale”, in cui il vertice Nato a Bruxelles e il G7 a Taormina ci diranno come l’Europa e gli Stati Uniti intendono rilanciare il rapporto transatlantico.

LA PERCEZIONE ASIATICA

Resta invece sicuramente più complesso individuare una percezione asiatica dell’Europa. “Esistono narrative differenti e spesso concorrenti”, ha spiegato la direttrice dello Eu Centre di Singapore Yeo Lay Hwee. Si può però affermare con una certa tranquillità che “in Asia c’è una comprensione molto limitata dell’Unione europea”. “In generale, soprattutto tra le generazioni più giovani – ha aggiunto Yeo Lay Hwee – si percepisce l’Europa come un continente “in cui viaggiare, con tanta storia, ma intrappolato nel proprio passato, incapace di guardare avanti”. Se “geograficamente è avvertita come una zona del mondo in declino, politicamente appare molto complicata”.

Negli ultimi anni, “le diverse crisi che hanno riguardato Grecia, Ucraina, migranti, Brexit e populismo, hanno aumentato la visibilità dell’Ue ma non in senso positivo”. “Disintegrazione, disfunzionalità e declino”, sono i termini che Yeo Lay Hwee ha usato per descrivere ciò che l’Asia percepisce dell’Europa. Nel 2006, ha aggiunto, “il 58% dei cinesi riteneva che l’Ue avesse effetti positivi sul mondo; nel 2013 la percentuale è scesa al 40%”, mentre coloro che credevano che gli effetti fossero negativi sono passati dal 12 al 28%. Sui temi di sicurezza e difesa, “ci si aspetta che l’Europa diventi più indipendente nella propria politica estera, soprattutto considerando il concetto di autonomia strategica dell’Alto rappresentante Federica Mogherini”. Tuttavia, per ora, “l’Europa non è considerata un security player, ma piuttosto una potenza economica comunque in declino”.

SE NON CI CAPIAMO NOI PER PRIMI

“Il modo in cui un soggetto percepisce se stesso determina il modo in cui lo percepiscono gli altri”, ha detto la direttrice dell’European Council on Foreign Relations Silvia Francescon. “E come possono capirci gli altri se noi non riusciamo a capire chi siamo e come lavoriamo?”, si è chiesta poi la ricercatrice: “Viviamo nel continente più ricco e prospero, ma privo dell’autostima tale da poter essere ritenuto un partner credibile”. Ora, la “chiamata dagli Stati Uniti a impegnarci di più nel mondo” può essere “un’opportunità”, ha spiegato ancora Francescon. La sfida è “tra un’Europa intergovernativa (ndr, come ogni altra organizzazione internazionale) e una maggiore cessione di sovranità a qualcosa di più alto che prende il nome di istituzioni europee”.

D’altronde, “l’Europa mostra il meglio di sé quando è in crisi”; è questo dunque “un momento di definizione”, anche e soprattutto nel rapporto con l’alleato d’Oltreoceano. Il momento “per spostarci dalla percezione alla conoscenza, e per capire se c’è ancora una visione comune del mondo”. Il prossimo G7, in programma a Taormina venerdì e sabato, “ci dirà molto, anche su temi controversi, come commercio, protezionismo e clima, in cui l’Europa ha l’opportunità di mostrarsi responsabile”. Per la prima volta, “Trump sarà di fronte a sei leader mondiali e non più in singoli faccia a faccia”.

A Bruxelles per il summit Nato e poi in Sicilia per il G7: il futuro dell’Europa e del rapporto transatlantico passa dai prossimi tre giorni.


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