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La Casa Bianca ha un problema con la golf-diplomacy di Trump

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Sabato 13 gennaio sul green del Trump National Golf Club di Rancho Palos Verdes, California, un centinaio di persone hanno composto la grossa scritta “Resist!”, simbolo del movimento intellettuale di sinistra che sta muovendo la protesta dell’opinione pubblica statunitense (con ambizioni più ampie) contro la vittoria elettorale di Donald Trump. L’azione è stata per così dire rivendicata da un gruppo non noto, che si fa chiamare “Individible San Pedre”. Il luogo scelto, un campo da golf, è studiato: il presidente ha già passato molti weekend nei sui golf resort, da dove lavora, incontra, decide.

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AMERICA FIRST, PGA EDITION

Lunedì mattina presto Trump si è complimentato su Twitter con John Daly, golfista professionista che ha vinto domenica scorsa il suo primo PGA Tour. Daly, che si è presentato sul green indossando un paio di pantaloni stravaganti come d’abitudine, stavolta con disegnata la bandiera a Stelle&Strisce in pieno stile “America First”, ha ringraziato Trump, anche “del gran lavoro che sta facendo per il paese” – Daly aveva sostenuto il candidato repubblicano durante la campagna.

TRUMP AMA IL GOLF: E VA BENE…

Trump ama il golf, il tweet ne è un esempio: ma il suo entourage non ama farlo sapere. Perché? Speculazione basica: il golf è uno sport abbastanza popolare negli Stati Uniti, ma anche lì come in Italia si porta dietro l’alone dell’esclusività. I golf club hanno rette di iscrizione alte, regole formali e annose, rappresentano, per dirla molto brevemente, un luogo di ritrovo dell’establishment che all’elettore medio di Trump potrebbe non piacere; parlate di un golf club a un metalmeccanico del Michigan, per esempio. Trump da quando è stato eletto ha trascorso nove dei quindici weekend in uno dei golf resort di sua proprietà – un corto circuito per l’elettore che ha votato il presidente americano pensando di ‘dare un calcio in culo all’establishment’, detto in modo colorito tanto era urlato il messaggio. Otto a Mar-a-Lago e uno in New Jersey (perché dalla scorsa settimana il resort in Florida è in chiusura stagionale). A fare cosa? Giocare a golf, e/o altro (gli altri weekend è stato alla Casa Bianca, ma ha comunque trovato modo di giocare al campo di Potomac Falls, in Virginia).

… MA LA CASA BIANCA NON NE VUOL PARLARE

Secondo le nuove regole della Casa Bianca imposte dall’amministrazione Trump non si renderà più pubblico chi visita quotidianamente gli uffici del potere presidenziale, cancellando il sistema di trasparenza creato da Barack Obama; e se vogliamo andando contro uno dei claim di successo della campagna elettorale con cui l’attuale presidente ha creato il suo zoccolo duro: “Ripulirò la palude di Washington”. Nelle regole è ovviamente incluso anche non far sapere chi gioca a golf col presidente. (Diffondere la lista dei contatti non è obbligatorio, ma sapere con chi è in contatto il presidente è utile come strumento di trasparenza perché permette di capire via via quali sono le priorità del commander-in-chief, e per questo l’annuncio ha fatto discutere, ma lo staff di Trump dice che c’è una questione di sicurezza nazionale. Non trasmettere informative sugli appuntamenti presidenziali è un’immagine paludosa, dicono i critici in contrasto col claim elettorale: e l’idea del ‘questioni di sicurezza’ regge fino a un certo punto, perché è ovvio che anche sulla trasparenza obamiana c’erano eccezioni).

I WEEKEND SUL GREEN

L’ultimo weekend i giornalisti dello White House press corp avevano ricevuto un’unica informazione sul fine settimana del presidente: si sarebbe diretto al Trump National Golf Course di Bedminster, in New Jersey per “avere incontri e fare telefonate”. Venerdì e sabato scorso, in due tweet, Trump ha spiegato che il motivo per cui era andato in New Jersey era abbassare i costi di una sua permanenza a New York: il tweet di sabato 6 maggio concludeva “Meetings!” a significare probabilmente che avrebbe fatto degli incontri in quei giorni. (Nota: i costi degli spostamenti di Trump sono molto elevati e stanno iniziando ad essere argomento di discussione visto la frequenza – Associated Press ha fatto un fact checking, Bloomberg ha un contatore, attivo secondo per secondo, sui soldi spesi da New York per la protezione di Trump e famiglia –, tanto che la vice portavoce Sarah Sanders Huckabee ne ha dovuto parlare in conferenza stampa, difendendoli come una spesa “integrata nella presidenza”. È così, in effetti, i weekend fuori da Washington sono una prassi, ma per un presidente che ha vinto anche in rottura contro i costi che gli elettori devono sostenere per mantenere i politici, la cosa stride). A dispetto dei meeting, comunque, nel pomeriggio di domenica scorsa è uscita una foto sull’account Instagram “40primrose” che riprendeva il presidente sul campo, con polo bianca, cappellino d’ordinanza e quella che sembra una mazza 4 (o 5 forse) in mano. Il primo ad accorgersene è stato Mike Memoli del Los Angeles Times, che ha twittato uno screenshot ripreso rapidamente da molti dei reporter che coprono la Casa Bianca per i vari media americani, che come racconta Jacqueline Alemany della CBS “erano esiliati” in un hotel “a sei miglia” da Bedminster. L’account e la foto sono rapidamente spariti da Istagram e la Casa Bianca non ha confermato l’autenticità dell’immagine, come ha fatto per la maggior parte delle 20 “uscite” per andare a giocare a golf (secondo le stime di TheGolfNewsNet “è in ritmo per farsi 615 partite in otto anni di presidenza”). I reporter di White House, che sono uno gruppo piuttosto nutrito che praticamente vive insieme al presidente e al suo team, raccontano che ormai per rimanere aggiornati su quello che fa Trump nei fine settimana hanno iniziato a seguire sui social network i soci dei club che frequenta. È proficuo, perché poi escono foto come quella di domenica.

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UNA QUESTIONE DI RISERVATEZZA, ANCHE

Trump in mezzo ai soci dei vari club significa anche che il presidente passa ore in una situazione dove la bolla di sicurezza è sì ricostruita, ma le sue attività sono esposte a occhi esterni, pronti a diffonderle sui social network. E questo è un problema di altro genere. L’unica corsa (partita di golf) confermata ufficialmente è stata quella con il premier giapponese Shinzo Abe. In quell’occasione giocarono a Mar-a-Lago insieme al professionista Ernie Els, poi andarono a cena al resort e là, mentre Trump si scattava una foto con due sposini novelli e le famiglie dei due cenavano in mezzo agli altri invitati, la Corea del Nord testò un missile balistico. La questione era di quelle spinose di sicurezza nazionale, e coinvolgeva in diretta anche uno degli alleati regionali americani che più sente la pressione militarista di Pyongyang. Per situazioni come questa Obama si portava appresso una tenda speciale (tecnicamente: Sensitive Compartmented Information Facility) da cui gestire eventuali crisi in un posto sicuro e poter sostenere telefonate riservate e incontri altamente confidenziali; fu usata per esempio durante un viaggio in Brasile nel marzo del 2011 per aggiornamenti sugli eventi in Libia.

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Invece Trump ha gestito la situazione a tavola, tra le foto scattate dagli altri commensali e poi postate sui social network, creando una specie di situation room en plein air evidentemente con poche conversazioni sicure, con lo staff del primo ministro giapponese che cercava di farsi luce con le torce dei telefonini per leggere quel che arrivava dalle informative di intelligence.

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GOLF E SOLDI RUSSI

Ma c’è anche un altro problema col golf per l’amministrazione Trump. Venerdì la National Public Radio è uscita con uno scoop del giornalista James Dodson, autore di vari libri tra cui la biografia dello storico golfista americano Arnold Palmer. Dodson ha raccontato di un suo incontrò con Trump, ancora imprenditore, al Trump National Golf Club di Charlotte, in Corolina del Sud: in quell’occasione il giornalista chiese a Eric Trump, il figlio minore che era presente sul green, come avessero ottenuto i finanziamenti per la grande ristrutturazione dell’impianto – dice Dodson che sapeva che le banche americano non avrebbero concesso mutui per un campo da golf. Eric, che adesso è vice presidente della Trump Organization, rispose che c’erano stati dei “russian-guy”, un modo per chiamare degli imprenditori russi, che amavano il golf e che avevano messo sul piatto 100 milioni di dollari. Eric Trump ha smentito tutto sul New York Post e ha definito le dichiarazioni di Dodson “fabbricate”, ma è evidente che in un momento in cui le commissioni del Congresso e l’Fbi stanno indagando su possibili collegamenti tra uomini di Mosca e la campagna Trump, anche queste rivelazioni diventano importanti. In questi giorni i legali di Trump hanno parlato della sua dichiarazione dei redditi, che il repubblicano si rifiuta di rilasciare abbandonando una prassi decennale. Gli avvocati del presidente dicono: non c’è niente di strano, non ci sono soldi che uomini di affari russi hanno prestato ai Trump, escluso “rare eccezioni”. Sono quelle il punto, però.

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