Oltre 65 milioni di tonnellate di rifiuti raccolti, che sono state trasformate in 23 milioni e mezzo di tonnellate di compost, con 44 milioni di tonnellate di CO2 evitate. Sono questi alcuni dati relativi all’attività del CIC, Consorzio Italiano Compostatori, presentati oggi a Roma.
La raccolta dei rifiuti organici, con il recupero del 43% dei rifiuti urbani raccolti, rappresenta oggi in Italia uno dei comparti in crescita costante con un più 10% in media l’anno dal 2000 al 2015 passando da 1,3 a oltre 6 milioni di tonnellate. La raccolta del rifiuto urbano, inteso come somma di scarto alimentare (umido domestico e utenze collettive) e scarti vegetali di parchi e giardini (rifiuto verde) è parte rilevante della raccolta differenziata in ambito urbano.
Nel 2015, ultimo dato disponibile secondo l’ISPRA, l’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono stati prodotti in Italia quasi 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, un dato sostanzialmente stabile rispetto all’ultimo triennio. La quantità di rifiuti urbani raccolti in maniera differenziata è stata di 14 milioni di tonnellate, pari al 47,5% del totale del rifiuto prodotto. Quello biodegradabile (umido, verde, carta e legno) supera il 70%. Questo significa che sono stati sottratti alla discarica più di 10 milioni di tonnellate di rifiuti, con evidenti effetti positivi sia dal punto di vista ambientale che economico.
Nei 308 impianti attivi vengono trattati oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuto organico ogni anno. La filiera conta 9 mila addetti con 1,7 miliardi di euro fatturati. Secondo le stime del Consorzio, più dell’80% del compost prodotto è impiegato in agricoltura di “pieno campo” (cereali, foraggi, vigne, ecc.), mentre il restante 20% per il giardinaggio.
Una novità importante sta arrivando da Bruxelles, probabilmente a fine anno, dove sta per essere approvato il cosiddetto Pacchetto sull’Economia Circolare. In esso sono previste delle norme che rafforzano la responsabilità estesa del produttore (EPR) nel sostenere i costi della gestione del rifiuto che deriva dal bene prodotto. La nuova Direttiva, infatti, prescrive che “gli Stati membri assicurino che i produttori coprano l’intero costo della raccolta differenziata, delle operazioni di cernita e trattamento, tenendo conto delle entrate dalla vendita di materie prime secondarie”.
Secondo l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, al momento del recepimento della nuova Direttiva, dovrebbe essere introdotto un contributo ambientale, come fu fatto a suo tempo per gli imballaggi, per la raccolta e il trattamento biologico della frazione organica del rifiuto urbano: con l’industria alimentare e la grande distribuzione da un lato; con l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili dall’altro. Un contributo la cui entità dovrà essere di livello non elevato per favorire la sua accettabilità. Proprio come fu fatto venti anni fa dal Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi.